La Gazzetta del Mezzogiorno, in un articolo a firma di Alessandra Cannetiello e Francesco Casula, racconta l’inquietante espansione del clan Scarci-Scarcia nella zona lucana, dove il gruppo criminale ha consolidato un controllo capillare su molteplici attività economiche.
La recente ordinanza del gip di Potenza, Salvatore Pignata, rivela il radicamento dell’organizzazione mafiosa, capace di imporre il proprio dominio senza il ricorso a minacce costanti. Il solo “blasone” del nome bastava infatti a piegare ogni resistenza locale.
Il clan gestiva le licenze per le attività della zona, raccoglieva tangenti e, in particolare, garantiva la “protezione” e la “sicurezza” nelle discoteche e negli eventi sul lungomare di Policoro, selezionando il personale di sicurezza “gradito”.
Si legge nell’articolo dei colleghi della gazzetta che ‘’gli Scarci-Scarcia controllavano ogni ambito: persino l’apertura di nuovi negozi veniva subordinata all’assunzione di affiliati o al pagamento di somme equivalenti agli stipendi di eventuali dipendenti “sgraditi”. Il personale selezionato doveva rispettare direttive precise per dimostrare la presenza del clan, che aveva all’interno dei locali propri “sentinelle”, pronte a segnalare l’arrivo delle forze dell’ordine. L’inchiesta “Mare Nostro”, guidata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Potenza, ha permesso di portare alla luce queste operazioni, coinvolgendo 46 indagati e individuando come capi del gruppo lucano Salvatore e Daniele Scarcia e, per il versante tarantino, Andrea e Giuseppe Scarci.
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