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Il ventre del Timpone e gli orfani del ricordo

26/07/2024



Trentotto anni fa il ventre vuoto di collina Timpone a Senise si aprì e inghiottì la vita di 8 persone. Rocco e Rita Gallo, Giuseppe e Elena Formica; Pinuccio, Maria e Maddalena, di 15, 12 e 8 anni; Francesca Formica di giorni 32. All’alba di quel 26 luglio le paure che i residenti di quella collina avevano palesato si manifestarono in tutta la loro brutalità. Il tempo delle possibilità che pure madre natura aveva concesso era scaduto.


Ogni anno ricordiamo che questo non è un giorno come un altro. Non lo è per Senise. Non lo dovrebbe essere per la Basilicata e per quell’Italia stuprata dal dissesto figlio di programmazioni non idonee, alimentate dalla memoria corta che dimentica i morti con macabra facilità. Per questo voglio affidare il ricordo di questo 26 luglio 2024 ad una indignazione non ancora vinta alla rassegnazione. E mi chiedo se tutte le parole spese in questi anni servano davvero a qualcosa. Se serve ancora denunciare come non sia mai esistito un archivio o un dossier dedicato interamente a quella tragedia, per capire come sono stati spesi i soldi della ricostruzione, capitolo per capitolo, paragrafo per paragrafo, punto per punto. Se serve ancora denunciare la difficoltà di reperire materiale fotografico su quella tragedia oltre a quello che lasiritide.it è riuscita a mettere insieme in questi anni o se sia vero quello che, era il lontano 2006, un funzionario pubblico mi disse: «a molti non conviene ricordare il Timpone. A molti non piacciono le foto di quella collina prima della pulizia delle ruspe».


Mi chiedo se sia normale che molte delle opere realizzate nell’abitato per la cosidetta mitigazione del dissesto idrogeologico non siano state mai (lo denunciamo da anni) MAI monitorate; e mi chiedo se sia normale che dal 2021 esista un finanziamento per far partire finalmente il monitoraggio e la manutenzione dei pozzi drenanti e che, dopo la fase progettuale, completata dal Comune, l’ente non abbia ancora ottenuto il finanziamento per la realizzazione.


Mi chiedo se i pozzi siano ancora idonei e utili e, sulla base di quello che dissero gli esperti dell’epoca, è facile che la risposta sia NO. E allora mi chiedo perché facciamo lavorare la rabbia per molte, troppe cose e non proferiamo parola se dopo 38 anni da quella tragedia, che uccise 8 persone e segnò intere famiglie per sempre, non possiamo permetterci di pensare, oltre ogni ragionevole dubbio, che il territorio sia finalmente sicuro.


Grazie a chi non dimentica. Grazie a chi ricorda in maniera collettiva, affinchè un singolo pensiero si unisca agli altri e diventi un manifesto. Grazie a chi lo fa non omettendo mai le proprie responsabilità. Perché, a questo punto della storia, le responsabilità le abbiamo tutti.


Mariapaola Vergallito


 


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