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Trent’anni fa i carabinieri Arena e Pezzuto barbaramente uccisi in servizio

12/02/2022



Esattamente 30 anni fa l’Italia perdeva due suoi servitori barbaramente uccisi mentre stavano compiendo il loro dovere, da due killer che sarebbero poi stati condannati all’ergastolo.


I carabinieri Fortunato Arena e Claudio Pezzuto persero la vita il 12 febbraio del 1992, rispettivamente, a soli 23 e 29 anni, durante un controllo a Faiano di Pontecagnano, in provincia di Salerno.


Tania Pisani, originaria di Francavilla in Sinni e vedova di Claudio Pezzuto, ha ricordato e omaggiato la memoria del marito con un profondo post pubblicato via social.


“Oggi - scrive Tania - ricorre il trentennale della tua morte, uccisione, sacrificio. Ci riuniremo nel tuo nome Claudio e onoreremo il tuo limpido eroismo. Continueremo a dire oggi più che mai che con il tuo gesto sei faro e ispirazione per chi vive di valori sani, sopratutto per le giovani generazioni. Per me e Alessio, caro Claudio, sarai sempre il padre premuroso, il marito fedele e attento ai doveri di una famiglia. Uomo delle istituzioni attento alle esigenze dei deboli e del prossimo. Non ci sarà tempo capace di interrompere l’immagine viva di te nella nostra vita. Sei e sarai sempre il presente, l’oggi mio e di Alessio”.


La signora Tania, dal momento della disgrazia, si è impegnata come volontaria per portare la propria testimonianza nelle scuole ed ovunque ce ne sia bisogno. Tanto da essere stata nominata nel 2018 ‘Ambasciatrice di legalità scienze cultura ed arte in Italia e nel Mondo’, dal preside dell’Università Popolare Nuova Scuola Medica Salernitana. Al suo impegno si è aggiunto anche quello del figlio Alessio.


Al ricordo della vedova si unisce anche quello del Presidio Libera di Potenza ‘Elisa Claps e Francesco Tammone’, che ricordato il Calendario della Memoria: lo speciale.


“Il 12 febbraio del 1992 - scrive Libera Potenza - Fortunato Arena e Claudio Pezzuto hanno finito i loro controlli a Pontecagnano, in provincia di Salerno, e stanno rientrando in caserma. 


Passando per Piazza Garibaldi però, notano qualcosa di strano, una grande jeep bianca, un Nissan Patron targato Firenze. A bordo ci sono due persone, forse tre.


I due carabinieri si fermano, Pezzuto scende e chiede i documenti al conducente. È titubante, estrae la patente controvoglia. Il carabiniere torna alla Fiat Uno e chiama via radio la stazione per controllare i dati. Dall’altra parte della ricetrasmittente, alla centrale operativa di Battipaglia, seguiranno la tragedia in diretta. Dalla jeep scendono in due e aprono il fuoco contro Pezzuto, che viene prima ferito al braccio, e poi ferito a morte. 


Poi i killer si rivolgono verso Arena, colpendolo con una prima sventagliata di mitra, il carabiniere risponde al fuoco provando a mettersi in salvo sotto il porticato di un negozio, ma viene raggiunto e finito.


I killer si danno alla fuga, e la jeep sarà ritrovata nelle campagne a pochi chilometri da Pontecagnano. Lì vicino scovano anche  Massimo Cavallaro, proprietario della macchina preso in ostaggio. 


I due assassini scompariranno per 152 giorni, cambiando nascondiglio quasi giornalmente. Ed è qui che si inserisce uno dei tanti fatti inquietanti di questa vicenda. Ogni volta che i carabinieri li individuano, loro riescono a fuggire. Forse sono avvertiti, c’è un agente che li avvisa in anticipo, un informatore in divisa. 


Ma oltre alle forze dell’ordine li stanno cercando anche i clan rivali. Un po’ per vendetta, un po’ per allentare la pressione nelle loro zone di affari. È una fuga senza sosta ma anche senza speranza, che finisce a Calvanico, in uno dei tanti appartamenti affittati a studenti universitari o a turisti per il fine settimana.


Gli assassini sono Carmine De Feo, 30 anni, quest’ultimo fratello del boss di Bellizzi e Carmine D’Alessio, 27, condannati entrambi all’ergastolo.


Fortunato Arena aveva 23 anni, veniva da Messina, si era sposato da sette mesi e la moglie, Angela Lampasone, era incinta ma per il grande dolore perse il bambino: “Nessuno mi ridarà più mio marito e mio figlio”. 


Claudio Pezzuto invece, 29 anni, un figlio già ce l’aveva. Si chiama Alessio, appena 2 anni quel 12 febbraio. 


A noi il compito di continuare a mantenere vivo il ricordo di Claudio, Fortunato, e di tutti quegli Uomini di Stato uccisi dalla  mafia, e di fare nostra la #lotta contro quella grande montagna di merda che è la mafia”.


Nello scorso mese di giugno, a Fortunato Arena e Claudio Pezzuto è stata anche intitolata la strada adiacente alla Caserma di via Mauri, a Salerno, che porta già il loro nome.


 


Gianfranco Aurilio


Lasiritide.it




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