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Il tenente Giuseppe Di Bello reintegrato nella Polizia Provinciale

14/03/2020



Una battaglia lunga dieci anni ma che, alla fine, Giuseppe Di Bello ha vinto tornando a ricoprire l’incarico di tenente della Polizia Provinciale di Potenza.
La sua è una vicenda che ormai conoscono tutti e di cui si sono occupati anche i media nazionali: due lustri di lotte e battaglie legali successive al suo allontanamento dalla Polizia Provinciale, per essere destinato ad un museo come custode dopo le sue scoperte sui gravi danni ambientali in Basilicata causati dal petrolio.
Questo fino a ieri, quando riceve una nota in base alla quale, “a causa dell’emergenza Covid-19”, “con decorrenza immediata”, gli è stato comunicato “il rientro in servizio nella sede della Polizia Provinciale di Potenza anche in vista del possibile peggioramento della situazione emergenziale”.

Tenente, per la sua reintegra ci voleva una pandemia?
Avevo già scritto al Governatore Bardi ed ai presidenti Carmine Cicala e Rocco Guarino, e in realtà devo dire che mi avevano risposto tutti. Tanto che nel mese scorso avevo già saputo che sarebbe avvenuta la reintegra, ma ieri mattina c’è stata la svolta perché non ho voluto prendermi le ferie in quanto a me servono per andare a trovare i miei figli in giro per il mondo e perché non sono un dipendente del museo, ma faccio parte della Polizia. Questo credo abbia accelerato l’iter.

Immagino che per lei siano stati anni lunghi e difficili.
Sono trascorsi davvero tanti anni di battaglia, in pratica dieci anni. Ma io ci ho sempre creduto. Tuttavia, vorrei sottolineare una cosa importante: ovvero che sono entrato in Polizia quale vincitore di un concorso pubblico e non grazie a qualcuno o qualcosa. Avevo già un ottimo lavoro, ma ho voluto fare il concorso e l’ho vinto: per cui sono stato assunto nemmeno per scorrimento di una graduatoria, ma proprio come vincitore di un concorso. Dopodiché, prima del mio allontanamento, non avevo subito alcun procedimento né pubblico, né privato. Per cui, quanto mi è capitato è stato davvero un fulmine a ciel sereno per la semplice ragione che stavo facendo solamente il lavoro per cui ero pagato.

Ricordiamo cosa accadde?
Io avevo preannunciato la moria dei pesci e le acque rosse del “Pertusillo” perché avevo il desiderio di compiere al meglio il mio dovere. Per questo mi ero messo in ferie e mi ero pagato le analisi, proprio per cercare di offrire un servizio alla Comunità che mi pagava lo stipendio. Ma invece che ricevere un premio, sono stato denunciato con tutto quanto ne è seguito: ovvero, con un’assegnazione al museo che sarebbe dovuta essere temporanea, quindi per pochi giorni. Ma quei pochi giorni sono durati 10 anni.

Adesso sarà molto soddisfatto?
Certamente, però accanto alla soddisfazione c’è anche tanta amarezza perché mi sono state negate le opportunità che sono state concesse ad altri. Basti pensare che i miei colleghi sono potuti diventare anche comandanti della Polizia Municipale di vari Comuni, accrescendo anche i loro stipendi. Io, invece, ho visto decurtato il mio per dieci anni e mi sono state impedite le progressioni di carriera anche all’interno della stessa Polizia Provinciale o della Polizia Ambientale. Ho atteso fiducioso per tutto questo tempo vincendo anche due volte in Cassazione e mi è toccato rientrare anche in condizioni straordinarie, ovvero per l’emergenza coronavirus. Adesso la vertenza proseguirà davanti al Giudice Lavoro perché in questi anni mi hanno messo in ginocchio, senza nemmeno assistenza legale perché per l’avvocato ho dovuto vedermela da solo.

Gianfranco Aurilio
lasiritide.it



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