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Rogo La Felandina: reazioni e commenti

7/08/2019



Aveva 28 anni la donna morta questa mattina nell'incendio alla Felandina di Metaponto. Era originaria di Lagos in Nigeria. Dai più era conosciuta come “Petty” e si trovava in Italia per lavorare e sostenere i due figli piccoli rimasti nel loro Paese. Da quanto si è appreso la donna era arrivata in Italia nel 2015 e le era stata respinta la richiesta di permesso di soggiorno dalla Questura di Padova. Attualmente lei stava aspettando l’esito del ricorso fatto.

L’incendio della Felandina di queste ore è l’ultima grande tragedia, in ordine di tempo, che vive il nostro territorio. La Felandina rappresenta l’ennesima vergogna italiana.
Il ghetto è infatti, uno dei tanti non luoghi dove vivono in condizioni disumane centinaia di persone (uomini, donne e bambini) molti di loro lavoratori regolari nel nostro agroalimentare.
“Agglomerati urbani di fortuna”, baracche prive di acqua, luce e servizi igienici, luoghi non consoni per chi il nostro sistema produttivo contribuisce a mantenerlo. Tutto questo nella totale indifferenza e impotenza dello Stato, della Regione, del Comune, istituzioni incapaci di garantire il rispetto minimo dei diritti umani; istituzioni che da più parti e più di una volta, sono state interpellate da associazioni locali per capire quali politiche intendeva applicare per porre fine ai problemi del lavoro stagionale. Tuttavia le uniche parole d’ordine sono sempre state le stesse: ruspe, sgomberi. Parole d’ordine frutto di una politica demagogica che non affronta con serietà i problemi ma cerca azioni ad effetto per soddisfare la pancia degli elettori.

Come molti di voi sanno, fin da quando TerreJoniche si è costituita, all’indomani dell’alluvione nel Metapontino, ha sempre lavorato per tutelare le comunità e difendere i diritti calpestati.

In un territorio in cui da una parte la comunità bracciantile tutta, senza distinzioni né di sesso né di etnia, è vessata da piaghe ataviche come il caporalato ed è costretta spesso a vivere in condizioni di sussistenza senza l’attenzione giusta delle Istituzioni che si facciano carico dei problemi senza strumentalizzarli, e dall’altra numerose imprese agricole sono strozzate dalla crisi, dalla morsa della commercializzazione, dalla GdO, e dalla criminalità organizzata è fondamentale segnare la nostra presenza non potendo più rimanere inermi, fermi e silenti.

Abbiamo bisogno, ora più che mai di fare fronte comune. Di costruire intorno alle campagne di raccolta dell’ortofrutta nel nostro territorio servizi adeguati, accoglienza, intermediazione di manodopera trasparente ed efficace per garantire sia le imprese agricole che hanno bisogno delle braccia nei campi sia i braccianti che vi lavorano (italiani e non italiani). Il nostro sistema straordinario dell’ortofrutta non può permettersi condizioni barbare da medioevo e le istituzioni non possono lasciare soli i nostri agricoltori e i braccianti a pagare i costi dell’inefficienza, della mancanza di servizi di intermediazione di manodopera, di trasporti, di accoglienza per poi finire, tutti, a pagare lo sfruttamento di prezzo al campo ed a scaricarlo sui più deboli.

Per farlo invitiamo tutte le Istituzioni, le associazioni di territorio, i cittadini a incontrarci quanto prima per capire come e in che modo arginare questa deriva e quali azioni mettere in campo.

Invitiamo tutti a sottoscrivere numerosi il nostro appello e a mobilitarci.

La morte di una donna nigeriana, deceduta nell’incendio di questa mattina, alla quale va il nostro ricordo e il nostro cordoglio più sincero, lo impone affinchè la sua morte non resti vana. Tragedie come questa non devono più accadere perchè possono essere evitate mettendo in campo reali politiche di accoglienza e di rispetto dei diritti di tutte le persone.

Possiamo restare umani e decidere da che parte stare oppure con il nostro silenzio contribuire ad alimentare questo clima di odio che ci sta travolgendo. A farne le spese di tutta questa brutalità sono gli esseri umani, non dimentichiamolo, che continueranno a morire, in mare come sulla terra ferma.

Comitato Terre Joniche



“La morte della giovane nigeriana nel “ghetto La Felandina”, è l’ennesima testimonianza che il lavoro agricolo continua a non rappresentare un settore vitale per l’importanza che ha, ma un mero illecito business con l’aggravante dello sfruttamento e riduzione in schiavitù dell’essere umano sino alle condizioni estreme dei circa 500 migranti nel cosiddetto campo di Metaponto”. A sostenerlo in una nota congiunta i segretari generali regionali della Uil Carmine Vaccaro e della Uila Gerardo Nardiello.
Troppo facile – aggiungono i dirigenti della Uil – parlare di tragedia che si poteva e doveva evitare. E’ necessario invece fare il punto dei progetti finanziati per l’accoglienza dei lavoratori extracomunitari che riguardano in particolare il Metapontino e l’Alto Bradano, sino a 3,2 milioni euro, per capire quali ostacoli hanno trovato e chi non li ha mandati avanti. Noi ci siamo e la nostra parte la continuiamo a fare accanto ai lavoratori italiani ed extracomunitari, non soltanto facendo emergere situazioni di illegalità ma promuovendo azioni congiunte con chi è dalla nostra parte, chi non lo è resta complice. Ai tavoli dei Ministeri interessati e delle Prefetture di Potenza e di Matera in più occasioni siamo stati chiamati a discutere di progetti e programmi da attuare in vista delle grandi campagne di raccolta dei prodotti ortofrutticoli con verbali approvati all’unanimità in conclusione. Purtroppo ogni estate siamo al punto di partenza. Come se non bastasse, le cronache in tempi anche recenti hanno raccontato di tragedie immani, legate proprio al degrado e alle condizioni disumane in cui i braccianti prestano la propria opera alle ditte non in regola. Una strage senza fine, solo ora si comincia a rispondere con incisività, e gli interventi non devono rimanere mai più isolati, è un reato contro l’umanità. Si abbia allora il coraggio – dicono Vaccaro e Nardiello – di dichiarare la Basilicata “terra inospitale” e come tale non in grado di accogliere lavoratori extracomunitari”.




Lotta al caporalato:la UE ha finanziato, con una decisione dei giorni scorsi comunicata al capofila Ministero del lavoro, un ulteriore progetto per Basilicata, Puglia, Campania, calabria e Sicilia con una posta finanziaria di 32milioni.Alla Basilicata assegnati 3,2 milioni, che vanno a sommarsi ai 780 mila euro della misura Supreme Piu destinati agli interventi su Palazzo S. Gervasio e Fellandina. Queste risorse si aggiungono agli altri progetti presentati dalla Regione nel 2016,per la realizzazione del nuovo Centro di Palazzo per 4 milioni e il completamento della struttura della Citta'della Pace di Scanzano per 2 milioni di euro. A Scanzano i lavori sono in corso mentre il progetto di Palazzo e 'fermo per responsanbilita' del Comune. Questi fondi provengono dal Pon legalita' del Ministero dell'Interno trasferiti alla Regione con apposita Convenzione.Al momento e per progetti presentati negli scorsi anni sono disponibili 16 milioni per il recupero di terre pubbliche, siti demaniali e centri di ricerca per il riuso produttivo che possono occupare alcune centinaia di giovani lucani e accogliere e integrare migranti a partire dagli stagionali per evitare siti abusivi e il controllo della forza lavoro da parte del caporalato.
Ci sono anche importanti risorse per la Citta'dell'Ambiente di Maratea, il recupero delle strutture dismesse di Gaudiano Lavello secondo i progetti predisposti e valutati a suo tempo dal Tavolo Anticaporlato Basilicata e ora inseriti nella predispisizione di quello nazionale presso il Ministero del lavoro.
In definitiva la UE ed i Ministeri del Lavoro e dell'Interno hanno accolto e finanziato, per la prima volta, la proposta delle cinque regioni del Sud per l'eliminazione dei ghetti, sono presenti 18 mila stagionali, la lotta al caporalto e misure occupazionali per i disoccupati italiani e migranti.
In questo quadro fa rabbia e crea dolore il fatto che per resistenze a livello dei comuni interessati ed altro non sia ancora pronto il Centro do Palazzo S. Gervasio ed in partiolare l'intervento per il superamento del "ghetto" felladina progettato da pltre un anno e finanziato il 3 marzo scorso dopo le decisioni assunte dalla Regione,Prefetture e Parti sociali.
Occorre adesso, cosi come ho informato il Tavolo Nazionale Anticaporalato peocedere subito per l'apertura del Centro di Palazzo e l'eliminazione del ghetto di Bernalda.

Pietro Simonetti
Tavolo nazionale anticaporalato



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