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Recensione libro:la riforma cattolica di A.Gentili e M.Regazzoni |
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31/08/2014 | Il libro di Antonio Gentili e Mauro Regazzoni “La riforma cattolica edito dalla Dehoniane di Bologna, oltre a portare alla ribalta
autori considerati marginali, nessuna voce, anche la più esile, è superflua
in un coro, riconduce la storia della Chiesa alla sua matrice
spirituale e ne fa il punto costante di riferimento di tutta la vicenda
cristiana, in questo periodo tra i più ricchi, promettenti e contrastati.
E anche se le modalità espressive e il gusto letterario di oggi sono
per lo più notevolmente diversi, si è voluto abbondare nel riferimento
diretto alle opere dei singoli autori e autrici, o ai testi del magistero
conciliare, pontificio, episcopale e religioso, ossia dei superiori generali
degli istituti nuovi e riformati. Questo era indispensabile per fare
del volume non solo un manuale di storia ecclesiastica, sia pure in
chiave spirituale, ma un autentico vademecum ascetico e mistico.
Oggi, infatti, opera, ora nascosta ora prorompente, una multiforme
ricerca interiore.
L’umanità sembra si sia rimessa a percorrere le vie dello spirito.
Si impongono saggezza e discernimento perché esse aprono al mistero e conducono a Dio.
L’esigenza di una «nuova era di rigenerazione dell’umanità»,
di una rinascita che producesse quasi una nuova creazione pervade
i secoli XV e XVI, tanto nella società civile quanto nella Chiesa.
A questo proposito, Nicola Abbagnano sottolinea:
Il rinnovamento non è più il […] vivere soltanto nel puro rapporto con
Dio, ma il rinnovarsi dell’uomo nei suoi poteri umani, nei suoi rapporti
con gli altri uomini, col mondo e con Dio.
Una rinascita in Dio, un senso rinnovato, più genuino, del rapporto dell’uomo con Dio, non è escluso, anzi è considerato come la condizione principale del rinnovamento; ma non esaurisce il significato di rinascita.
La crisi del vecchio ordinamento medievale e della Chiesa e
il veloce processo di trasformazione della società sono frutto anche
della scoperta di nuove terre (in particolare dell’America) che
aprono nuove vie di comunicazione e di commercio. Ciò produce
nuova ricchezza e nuove fasce sociali, ma avvia anche il fenomeno
della colonizzazione e nuovi conflitti resi più cruenti dalle nuove
tecniche militari (che impiegano la polvere da sparo) e dalla maggiore
disponibilità di forze umane (grazie ai mercenari) e inaspriti
da un accentuato nazionalismo.
La spiritualità secentesca trova le sue premesse nella fioritura
spirituale post-tridentina e propone nuovi indirizzi che vedono
progressivamente attenuarsi le preoccupazioni dogmatiche.
Se alla fine del ’500 la vita spirituale, accanto a toni duri e severi,
ne registra altri più sereni e festosi, frutto di una diversa visione
dell’uomo e soprattutto di una contemplazione di Dio come Padre
amoroso e premuroso verso la propria creatura nell’età barocca si avverte il senso dei contrasti (gioia-dolore, grazia-peccao, luce-tenebre) e si da spazio ai desideri spirituali che crescono fino al paradosso, all’eccesso, alla violenza di un amore incontenibile.
In questo senso, il cammino di perfezione, come mantiene desta
l’attenzione alle tradizionali “vie” (purificativa, illuminativa e
unitiva) per ascendere a Dio, così non può non impostare una diligente
analisi dei veri e propri stati mistici.
Ne segue che, da una
parte, si annette notevole importanza al peccato e si cerca di suscitare
nel cristiano sentimenti di rifiuto, esortandolo a lottare per
liberarsi dalle passioni e quindi dalla propria condizione peccaminosa
e crescere nella vita soprannaturale con l’aiuto della grazia di
Dio. Per questo viene diffuso il tema della vanità del mondo, delle
cose e dell’uomo stesso, in un clima dominato fortemente dal senso
della morte, le cui conseguenze si concretizzano nell’attitudine
a un esame di coscienza quasi esasperato, alla considerazione
delle miserie umane e allo studio della propria anima. Dall’altra
parte, si sottolinea l’esperienza mistica, dove però l’attenzione più
che sull’aspetto oggettivo si sposta sulle sue condizioni soggettive
e, in particolare, sulle modalità della contemplazione mistica e sui
fenomeni che in essa si possono verificare. Questi, peraltro, segnalati
con maggiore frequenza nei conventi femminili, provocano
apprensione e diffidenza nei direttori spirituali, tanto da indurli a
denunciare i pericoli di questi «gusti» interiori. Tuttavia, accanto
a un interesse talora morboso e a un successivo atteggiamento di
scetticismo e diffidenza, registrati rispettivamente nella prima e
nella seconda metà del ’500, si fa strada la novità di un maggior
interesse e credito dato a questi fenomeni mistici nel ’600, con la
tendenza ad accostarli, in alcuni casi, con quello che si potrebbe
definire il «metodo sul campo», cercando cioè di studiare questi
fenomeni, incontrando direttamente e più volte la mistica visionaria
per svolgere accurate indagini e interrogarla per scoprire se si
tratti di sogni, fantasie, pazzie, oppure di fatti reali, concreti, operati
da Dio o dal tentatore. Ad adottarlo è, ad esempio, un appassionato
studioso di mistica e amico di numerose visionarie qual è
l’arcivescovo di Milano, card. Federico Borromeo (1564-1631), che
metterà a disposizione le sue personali conoscenze in dotti scritti
teorici, contribuendo in tal modo a sfoltire le numerose opere
di teologia mistica allora in circolazione che rischiavano di soffocare
la mistica sperimentale. Questa, peraltro, conta nel secolo
XVII una nutrita schiera di figure significative, che, sia pure di non
eccessiva rilevanza, consentono di definirlo il secolo mistico per
eccellenza.
Se nel secolo XVI il termine “teologia mistica” rimane riservata
all’esposizione scientifica dell’esperienza mistica, nel secolo
XVII viene destinata ai gradi più alti dell’unione di conoscenza
e d’amore con Dio, cioè la contemplazione in senso stretto. Ciò
che non vi appartiene forma il contenuto della «teologia ascetica»
che inizia ora a delinearsi.
Dunque, il problema posto dal duplice
carattere della vita spirituale cristiana, che è nel contempo attiva e
recettiva, Dando uno sguardo retrospettivo all’ampio lasso di tempo che
abbiamo preso in considerazione, non può non emergere la singolare
vivacità che la spiritualità italiana viene assumendo all’inizio
dell’era moderna.
È ben vero che a elaborare e a beneficiare del rinato
clima di rinascita religiosa sono delle élites e che la massa dei
fedeli vive come di riflesso il nuovo clima spirituale; essa, d’altra
parte, è raggiunta gradualmente dall’applicazione dei decreti conciliari
approntati a Trento e destinati a configurare l’intera cultura
cristiana europea, senz’altro quella italiana.
Un raffronto, poi, con il mondo europeo, denuncia, nel nostro
Paese, l’assenza di personalità dominanti, come i coevi mistici
spagnoli, forse ad eccezione di Lorenzo Scupoli, il cui Combattimento
spirituale è come il manifesto di una cristianità rigenerata
dal concilio e protesa alla “riconquista” spirituale delle anime. Il
Combattimento, infatti, unisce la grazia a «un attivo impegno ascetico
“Un impegno” afferma Giovanni Getto che è fatto consistere
in un esercizio interiore di riforma”
All’inizio di una nuova fase nella storia dello spirito, l’ideale
del Tridentino si interiorizza e segna, in pari tempo, una precisa
scelta di campo, “umanistica” e antiprotestantica
dal momento che, senza dubbio in “sinergia” con la grazia, “la volontà
è la vera protagonista del Combattimento”
Biagio Gugliotta
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