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Tra letteraura e racconto personale: intervista alla scrittrice Valentina Olivastri

27/04/2022

Valentina Olivastri è una scrittrice di origini toscane residente in Inghilterra da diversi anni. Dopo la scuola superiore per interpreti e traduttori, ha conseguito un dottorato di ricerca in studi rinascimentali presso la University College of London dove ha anche svolto attività di insegnamento. Diventa poi Principal Library Assistant presso la Bodleian Library dell'università di Oxford e ad oggi, si dedica prevalentemente alla sua attività di ricerca letteraria.
Ho avuto piacere di interloquire con Valentina Oliviastri e mi ha subito inebriato in lei quel respiro tipico di alcuni scrittori ovverosia una sorta di calma vivace, vitale, variopinta sempre di suggestioni, di belle immagini, di suggerimenti letterari e di una certa saggiezza. Nell'intervista che segue, Valentina Olivastri ci racconta della sua esperienza umana e letteraria.

Il suo ultimo romanzo “L’album di famiglia” vede protagonista, come i suoi precedenti romanzi, un personaggio femminile. Da cosa nasce e qual’è il messaggio di questa scelta?

Non credo che nasca in maniera intenzionale. Benché Helena, Ruri, ed Edi siano le protagoniste indiscusse, nel mio primo romanzo, Prohibita Imago (Mondadori) vi è un personaggio maschile di spicco, Gabriel Palmer, grande esperto di storia dell’alimentazione ma di fatto falsario. Vi sono inoltre numerosi personaggi maschili anche ne La donna del labirinto (Miraviglia Editore) e nel mio ultimo romanzo, L’album di famiglia, entrano in scena Luca e Lorenzo; nel prossimo vi sarà James/Giacomo al quale ho assegnato un ruolo importante. Tuttavia, la voce principale è, senza dubbio, femminile; forse mi viene spontaneo ma non perché voglia diffondere un messaggio in particolare. La maggior parte dei miei personaggi, uomini o donne che siano, fungono, a volte, da alambicchi: distillano una piccola parte di me, un dettaglio, un pensiero, un sentimento che rielaborano e fanno loro.


In che modo ha influenzato la sua scrittura vivere in Inghilterra?

La lingua inglese in generale non ama le forme astratte, le descrizioni vaghe o imprecise. Avendo scritto in inglese articoli giornalistici, saggi e romanzi e avendo tradotto dall’inglese, l’attenzione al dettaglio, alla verità “effettuale”, benché situata in un ambiente italiano, e nel caso de L’album di famiglia toscano, viene spontanea; tuttavia, è interessante notare che i protagonisti e in particolare le protagoniste dei miei romanzi sono sovente di origine anglosassone anche se si muovono al di là della Manica.

Cosa guida il suo processo creativo? Un rituale, un metodo o entrambi?
Penso di non avere rituali specifici; la mia unica metodologia, se così si può chiamare, è l’attenzione al dettaglio, a un qualche cosa che mi colpisce. L’idea del romanzo al quale sto attualmente lavorando, Il palombaro lungo, è nata da una passeggiata fra le colline toscane da dove si gode di una vista fatta di natura e casolari spogli di richiami alla modernità. Ho pensato a coloro che avevano percorso il medesimo sentiero durante la seconda guerra mondiale e rivolto lo sguardo verso la medesima valle. Lo scorrere del tempo su un paesaggio immutato ha così dato vita all’intreccio del Palombaro lungo.

Lei si occupa anche di scrittura creativa, concetto spesso usato impropriamente. Ci spiega cos’è la scrittura creativa?
Penso che la scrittura creativa sia fondata esclusivamente, o quasi, sulla sensibilità dell’autrice/autore, a differenza di una scrittura basata su documenti o su ricostruzioni storiche o biografiche. Ciò non significa, tuttavia, che anche in una narrazione “creativa” non si possano usare elementi storici, sociali o antropologici, basati su documenti veri e propri.

Quali sono i libri e gli scrittori che hanno influenzato il suo pensiero e la sua formazione umana e letteraria?

Sono una lettrice onnivora e golosa. La lettura è la chiave magica che permette di accedere a mondi e momenti storici altrimenti impenetrabili, di cucire e sdrucire pensieri. Leggere è un’autentica ventura. Mi è difficile pensare a un’autrice, un autore in particolare, perché tante sono le storie che hanno influenzato, anche senza che me ne sia accorta, il mio modo di vedere la realtà, di soppesarla e interpretarla. Inoltre vi è la questione della rilettura il cui effetto, con quell’aria del ritorno, si stempera e si rinnova al voltar di ogni pagina e ci espone come lettori ed essere umani al vaglio del tempo. Quindi, per non far torto a nessuno, menziono il mio libro preferito, quello da isola deserta: La storia della mia vita di Giacomo Casanova.

Lei è stata più volte in Basilicata ed è particolarmente affascinata da Matera. Qual’è il suo legame con la Lucania e che tipo di suggestione letteraria e creativa le ha suscitato la Basilicata?

Benché marginalizzata nel passato, la Basilicata attraverso i libri di Carlo Levi, la poesia di Rocco Scotellaro, i films di Pasolini, le indimenticabili immagini di Cartier-Bresson si è imposta all’attenzione del mondo intero con una forza straordinaria. Ha dato i natali a persone di grandissimo calibro tra le quali vorrei ricordare Rocco Mazzarone, Gerardo Guerrieri, Leonardo Sinisgalli e ha attirato nella sua terra personalità quali Dino Adamesteanu, José Ortega e richiamato l’attenzione di numerosi studiosi tra cui Ernesto De Martino per non parlare del progetto di Adriano Olivetti e dei suoi collaboratori. La bellezza del paesaggio e della sua architettura ne hanno tenuto alta la posizione a livello internazionale: oltre ai Sassi, Matera sfoggia antichi palazzi nobiliari di grande bellezza. Il passaggio da un’area marginale a una di grande spicco fa inoltre da traino per la cultura italiana ed europea: la scoperta di chiese rupestri e di altri monumenti storici va di pari passo anche con la scoperta di una cucina di grande interesse e tradizione e, come sappiamo, cucina è cultura. Ad esempio una delle più antiche raccolte di ricette culinarie in Italia è di origine lucana: il famoso “manoscritto lucano”, conservato alla Nazionale di Napoli. Personalmente, devo dire che l’elemento per eccellenza del mio rapporto con la Basilicata e con Matera in particolare si basa come prima cosa sull’affetto di amici carissimi.

Come vede il futuro della scrittura e della letteratura?
Nonostante la preponderanza dei mezzi visivi, non credo che la scrittura, sia creativa sia pratica, possa scomparire. Da sempre, esprimersi in forma scritta fa parte dei bisogni fondamentali dell’essere umano. Per quanto riguarda la letteratura, benché lo studio tradizionale delle sue forme, narrative, poetiche, scritte, orali sembri scemare in ambienti universitari, è improbabile che il bisogno di scrivere e di leggere ciò che scrivono gli altri possa venir meno se non in presenza di un qualche cataclisma che interrompa le relazioni sociali. E auguriamoci che questo mai avvenga.

Roberta La Guardia



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