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Liste d’attesa in Basilicata, l’USC denuncia: ''Piano di recupero senza dati e senza trasparenza''

5/12/2025



In Basilicata le liste di attesa restano un’emergenza: oltre 60mila persone hanno rinunciato alle cure e cresce l’emigrazione sanitaria anche per prestazioni di base. La Regione annuncia un piano straordinario di recupero, ma mancano dati, trasparenza e assegnazioni reali alle strutture accreditate. Il CUP non mostra agende dedicate e molte prestazioni restano solo sulla carta. Lo denuncia in una nota Michele Cataldi, presidente dell’Unione Sanità Convenzionata. Senza un monitoraggio pubblico e verificabile, si legge ancora nella nota, il rischio è che il piano si trasformi in un flop, mentre i cittadini continuano ad affrontare attese interminabili. Di seguito la nota stampa.

In Basilicata esiste un serio e grave problema che riguarda le liste di attesa per le prestazioni sanitarie, che ha fatto sì che oltre 60.000 persone abbiano rinunciato alle cure, oltre ad avere uno dei tassi di emigrazione sanitaria più alti d’Italia, non solo per interventi complessi, ma anche per prestazioni basilari di specialistica ambulatoriale. Lo dicono i dati ufficiali, ma soprattutto l’esperienza quotidiana dei cittadini, con segnalazioni di disservizi che vanno da liste di attesa che di oltre un anno, ad agende chiuse e giochetti strani del CUP che servono solo a mistificare i dati reali.
In tutto questo, obbligata dallo Stato, non di certo per propria sensibilità, la Regione annuncia il “recupero straordinario” delle visite e degli esami in lista di attesa che superano i tempi massimi stabiliti alle norme nazionali. Finalmente, direbbe ognuno di noi, anche se in ritardo e solo a fine anno. Sempre meglio di niente, con la speranza che se ciò serva anche a salvare una sola persona, sarebbe comunque un risultato.
La regione quindi stanzia i milioni vincolati dal Ministero, approva la DGR 513/2025 con il suo allegato A pieno di codici, numeri e tabelle dietro cui ci dovrebbero essere pazienti in tribolante attesa. Sulla carta è la svolta: migliaia di prestazioni da recuperare entro il 31 dicembre 2025, grazie alla collaborazione anche con le strutture private accreditate.
Ma quando si prova a capire che cosa stia davvero succedendo, il film cambia. I dati non ci sono, le strutture accreditate non si vedono assegnare le prenotazioni in attesa e il CUP regionale non mostra traccia di un piano straordinario da comunicare ai pazienti. Il sospetto è che il grande piano di recupero rischi di trasformarsi in un clamoroso flop, un gigantesco castello di carta, fatto di proclami e adempimenti burocratici di facciata, che non spostano di una virgola i problemi reali dei cittadini.
Il piano nasce per adempiere agli obblighi nazionali: il PNGLA e il decreto legge 73/2024, convertito nella legge 107/2024, impongono alle Regioni di garantire tempi massimi e di recuperare gli arretrati. La Basilicata risponde con la DGR 512 per le strutture pubbliche e la DGR 513 per le private accreditate, in modo da rimettere in carreggiata visite, TAC, risonanze, endoscopie e altre prestazioni specialistiche in attesa e finite fuori tempo massimo. Il cuore del piano è l’allegato A: pagina su pagina, un elenco di prestazioni e quantità precise da recuperare per ogni azienda sanitaria. Migliaia di prestazioni che sulla carta dovrebbero già aver trovato un canale di prenotazione e di erogazione. È qui che il giallo esplode.
Più di una struttura accreditata, infatti, segnala di non aver ricevuto le prestazioni che la delibera le attribuisce. C’è chi, come il poliambulatorio Polimedica di Melfi, ha dichiarato una disponibilità immediata di 1700 TAC e altre prestazioni diagnostiche, senza che il CUP regionale abbia mai iniziato a instradare verso quella struttura i pazienti da “recuperare”. Macchinari pronti, pazienti in attesa, ma il piano straordinario sembra non essere mai partito.
Il 6 novembre 2025 l’Unione Sanità Convenzionata (USC) ha messo tutto nero su bianco in una PEC indirizzata alla Regione, all’ASP, all’ASM, al RUAS e al Difensore civico. Nella lettera si chiedono cose semplici: da quali pazienti in lista di attesa si è partiti per costruire quei numeri? Come sono stati calcolati i volumi inseriti nell’allegato A? Quante prestazioni, ad oggi, risultano effettivamente assegnate, prenotate ed erogate in attuazione della DGR 513?
La risposta, finora, è il silenzio. Sul sito della Regione e su quelli delle Aziende sanitarie non si trovano report aggiornati sullo stato del piano: nessuna tabella che dica quante prestazioni sono state recuperate, in quali strutture, con quali tempi. Non ci sono, in modo chiaro e accessibile, nemmeno i piani attuativi aziendali che dovrebbero tradurre la delibera regionale in attività concrete.
In assenza di dati e informazioni, le domande si moltiplicano. Le prestazioni elencate nell’allegato A corrispondono davvero a liste di attesa esistenti e a pazienti in carne e ossa, oppure sono numeri costruiti a tavolino? Se le strutture accreditate che hanno dato disponibilità non ricevono le prestazioni, dove stanno andando i soldi del piano di recupero? Si stanno davvero erogando visite ed esami in più, o si rischia di finanziare solo sulla carta un recupero che non c’è? E come mai le agende CUP comunicate dalle strutture non sono visibili agli operatori e ai pazienti?
Intanto, il Cup continua a dare appuntamenti oltre i tempi delle classi di priorità, le urgenze vengono spesso scaricate sui pronto soccorso e le classi “brevi” diventano maratone di mesi in cui si chiede ai pazienti di telefonare ogni giorno di prima mattina. E nessuno, guardando il portale regionale, può capire se il piano di recupero stia migliorando la situazione oppure no.
La sensazione è quella di una scatola chiusa: dentro dovrebbero esserci le prestazioni “recuperate” e quelle da “recuperare”, ma nessuno è messo nelle condizioni di aprirla e guardare. Non i cittadini, che non possono verificare quanti esami in più siano stati fatti grazie al piano; non i sindaci e gli amministratori locali, che non hanno numeri aggiornati con cui dialogare con la Regione; non le strutture accreditate, che si vedono citate nelle delibere ma restano ferme.
Se le cose continuassero così, il rischio sarebbe duplice. Da un lato, il piano di recupero DGR 513/2025 potrebbe rivelarsi l’ennesima occasione mancata per ridurre davvero le liste di attesa. Dall’altro, milioni di euro potrebbero essere utilizzati senza che nessuno possa capire se sono stati spesi per le prestazioni in sofferenza.
Di fronte a questo scenario, la richiesta è semplice: un’“operazione verità” sul piano di recupero. Pubblicare i dati, prestazione per prestazione, struttura per struttura, mese per mese, nel rispetto delle leggi che impongono trasparenza, inclusa quella sull’anticorruzione. Dire ai cittadini quante delle prestazioni promesse sono state davvero erogate e quante sono rimaste solo in delibera. Perché se i numeri restano segreti, sulle liste di attesa in Basilicata continuerà a esserci molta nebbia e zero trasparenza.
Ma al di là di tutto questo e delle domande inevase, resta un dato incontrovertibile: un piano approvato in estremo ritardo, con tante criticità operative (segnalate per tempo, ma ignorate dalla regione) proclamato con toni trionfalistici, ma che ha prodotto nebbia e annunci. Nel frattempo, i signori che l’hanno partorito, i cui lauti stipendi sono pagati dai soldi pubblici, si sono trincerati dietro un muro di superbia e arroganza, lasciando i pazienti privi del loro diritto alla salute.

-- Presidente U.S.C. - Michele Cataldi




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