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Il lucano Carmine e le altre storie: per non dimenticare la strage di Bologna

2/08/2021



Si chiamava Pio Carmine Remollino e fu l’unico lucano morto nella strage alla stazione di Bologna, avvenuta il 2 agosto del 1980, esattamente 41 nanni fa. Carmine era nato a Bella, ma con la sua famiglia aveva vissuto a Baragiano. La storia di Carmine è stata ricordata in www.storieoggi.it.
Soltanto il lunedì pomeriggio, due giorni dopo la strage, Antonio Remollino, 75 anni, ha appreso, da un giornale che suo figlio Carmine era morto sotto le macerie della stazione di Bologna.
Da Pasqua, Carmine non dava notizie di sé. Aveva telefonato per fare gli auguri al padre e agli otto fratelli (un'altra sorella abita in Svizzera) che vivono fra Baragiano e Bella, dove il povero Carmine era nato, 31 anni fa.
Anche ora che è morto, di Carmine si sa ben poco. Da quattro anni faceva la spola tra Ravenna e i lidi adriatici, svolgendo lavori saltuari (come muratore o cameriere). Un tipo chiuso ed introverso, pochi amici.
A 18 anni partì, con quattro fratelli, per la Germania, ma nemmeno là riuscì a mettere le radici. Tornò a casa dopo due anni, per fare il servizio militare a Pavia; poi si mise a girare l'Italia, sempre da solo e sempre senza fortuna.

Forse il 2 agosto nella sala d'aspetto della stazione, Carmine attendeva un treno che lo riportasse a Baragiano per la festa del paese, o forse stava inseguendo un nuovo lavoro chissà dove. Il treno comunque lo usava spesso. Ai suoi familiari resta di lui quel poco che è stato trovato: una carta di identità, gli indumenti che indossava, un libretto bancario con poche migliaia di lire.
Antonio, padre di Carmine, non parla volentieri del figlio morto, abbassa lo sguardo e tace.
Gerardo e Giuseppe, i due fratelli di Carmine che si sono recati a Bologna per riconoscere la salma, dicono che "era un ragazzo come ce ne sono tanti", sempre accigliato e di poche parole, ma intimamente generoso.
"Non è mai riuscito a trovare un lavoro sicuro - dice Giuseppe, che lavora come operaio tessile - e al paese non ci voleva proprio tornare".
Gerardo aggiunge: "Potevano almeno avvertirci per telefono. Aprendo quel giornale e scorrendo i nomi dei morti di Bologna, ho letto il nome di mio fratello. Era in parte inesatto e come luogo d'origine era indicato Bella di Catanzaro, anziché Potenza, ma ho capito che non poteva essere che lui, e siamo partiti immediatamente con un treno notturno. All'obitorio non ho avuto il coraggio di entrare.”
(Cit. Mauro Bassini)


 


TUTTE LE VITTIME. PER NON DIMENTICARE. (da Il resto del Carlino)


 



Antonella Ceci, diciannove anni, di Ravenna. Perse la vita, fresca di esami di maturità, insieme al fidanzato, Leo Luca Marino, mentre attendevano in stazione l'arrivo delle due sorelle di lui, vittime anch'esse dell'esplosione.



Leo Luca Marino, ventiquattro anni, originario di Altofonte, in provincia di Palermo. Era in sala d'aspetto con la fidanzata, Antonella, in attesa delle sorelle che volevano passare l'estate in Romagna.



Angela Marino, ventitré anni. Arrivava a Bologna in treno per fare visita al fratello Leo Luca. Né lei né la sorella, Domenica, riuscirono a salvarsi.



Domenica Marino, ventisei anni. Rimase uccisa nel giorno della scomparsa dei fratelli minori, Leo Luca e Angela, straziando la famiglia Marino, rimasta orfana di tre figli nel breve spazio di pochi secondi.



Errica Frigerio, cinquantasette anni, residente a Bari. Insegnante di Lettere, la sua ultima vacanza in compagnia del marito e dei due figli non iniziò mai. L'unica a salvarsi, in famiglia, fu la maggiore, Alessandra.



Vito Diomede Fresa, sessantadue anni, residente a Bari e professore della locale Facoltà di Medicina. Marito di Errica e padre di Alessandra e Cesare Francesco, non poté nemmeno dire loro addio quando la deflagrazione li investì.



Cesare Francesco Diomede Fresa, quattordici anni, residente a Bari. Figlio ultimogenito di Vito ed Errica, leggeva i fumetti quando la saletta affacciata sul binario uno divenne un inferno.



Anna Maria Bosio, ventotto anni, di Como. Madre di un altro nucleo familiare polverizzato dalla violenza terroristica, stava raggiungendo la Puglia per trascorrere lì le ferie.



Carlo Mauri, trentadue anni, comasco. Perito meccanico, marito di Anna Maria e padre di Luca, era in stazione con i suoi cari perché la sfortuna volle che un guasto alla loro auto li costringesse a prendere il treno.



Luca Mauri, sei anni. Il figlioletto di Carlo e Anna Maria. Morì ancora prima di frequentare la scuola.



Eckhardt Mader, quattordici anni, tedesco. Fratello di Kai e figlio di Horst Mader, perse la vita con il fratello e la madre, Margret. Si salvarono, invece, un altro fratello, gravemente ferito, e il padre.



Kai Mader, otto anni, tedesco. Parte, con il fratello e la madre, di una famiglia distrutta.



Margret Rohrs, trentanove anni, tedesca. Le sue vacanze, dalla Germania Federale, si trasformarono in un'incommensurabile tragedia.



Sonia Burri, sette anni, di Bari. Attendeva di salire sul treno per Roma ma quel convoglio non arrivò mai. Tra le macerie fu ritrovata la sua bambolina rossa.



Patrizia Messineo, diciott'anni, di origini baresi. Sorella di Sonia, aveva appuntamento con il padre sul piazzale della stazione dopo un'uscita serale in una discoteca di Parma. Non si incontrarono mai.



Silvana Serravalli, trentaquattro anni, barese. Insegnava alle elementari e morì, in quel tragico 2 agosto, assieme alle nipotine, Sonia Burri e Patrizia Messineo.



Manuela Gallon, undici anni, di Bologna. Fu falciata dall'onda d'urto mentre chiacchierava con la madre, Natalia Agostini, mentre il marito, Giorgio Gallon, era a comprare le sigarette.



Natalia Agostini, quarant'anni, bolognese. Operaia alla Ducati Elettronica, morì, dopo essere stata estratta in fin di vita dalle macerie, all'Ospedale Bellaria, senza sapere della scomparsa della figlia.



Marina Antonella Trolese, sedici anni, residente a Padova. Spirò nella sua città, il 12 agosto, dopo che le cure a cui fu sottoposta si furono rivelate inutili.



Anna Maria Salvagnini in Trolese, cinquantuno anni, residente a Padova. Insegnante, morì a Bologna, dove si trovava assieme alla figlia Marina Antonella.



Roberto De Marchi, ventuno anni, residente a Marano Vicentino. Il più giovane di quattro fratelli, era sui binari con la madre, Elisabetta Manea. Morirono entrambi.



Elisabetta Manea, sessant'anni, residente a Marano Vicentino. Madre di Roberto De Marchi, si era da poco ripresa da un delicato intervento chirurgico. Vedova, lasciò altri tre figli.



Eleonora Geraci, quarantasei anni, di Scandiano. Con il figlio, Vittorio Vaccaro, attendeva l'arrivo di una zia, partita da Palermo per passare le vacanze con i parenti.



Vittorio Vaccaro, ventiquattro anni, di Scandiano. Accompagnava la madre, Eleonora. La bomba pose fine alla vita di entrambi.



Velia Carli, cinquant'anni, di Brusciano, in provincia di Napoli. Era in attesa, con il marito, di un treno per Mestre in notevole ritardo. Mai coincidenza fu più sfortunata.



Salvatore Lauro, cinquantasette anni, di Brusciano, in provincia di Napoli. Marito di Velia, lasciò sette figli, alcuni dei quali molto giovani.



Paolo Zecchi, ventitré anni, bolognese. Sposato da meno di un anno con Viviana, aveva appena ottenuto un impiego alla sede di Ozzano del Credito Romagnolo. In filiale non si presentò mai.



Viviana Bugamelli, ventitré anni, bolognese. La giovane moglie di Paolo Zecchi, con la stessa gioia di vivere del marito. Tutto finì, purtroppo, appena era iniziato.



Catherine Helen Mitchell, ventidue anni, inglese. La sua storia, intrecciata a quella del fidanzato John, parla di una coppia neolaureata in viaggio per l'Europa prima di cominciare una vita insieme.



John Andrew Kolpinski, ventidue anni, inglese. Era insieme alla giovane fidanzata, Catherine.



Angela Fresu, tre anni, residente a Montespertoli. La vittima più giovane, costretta a salutare la vita ancora prima di averla vissuta.



Maria Fresu, ventiquattro anni, residente a Montespertoli. Sorella maggiore di Angela, fu vittima della stessa follia stragista.



Verdiana Bivona, ventidue anni, residente a Castelfiorentino. Grande amica di Maria Fresu. Condivisero anche il drammatico momento finale delle rispettive esistenze.



Loredana Molina, quarantaquattro anni, residente a Ostra, in provincia di Ancona. Con la suocera, rimase uccisa sul marciapiede che costeggia il primo binario. Il figlioletto, pur ferito, sopravvisse.



Angelica Tarsi, settantadue anni, residente a Ostra, in provincia di Ancona. Con la nuora Loredana e il nipotino Paolo, fu investita dai detriti. Il piccolo si salvò, ma le due donne, purtroppo, no.



Katia Bertasi, trentaquattro anni. Bolognese, ragioniera alla Cigar. È stato proprio il maresciallo Bertasi, suo padre, a dare il via ai soccorsi per le vittime della sciagura del 2 agosto.



Mirella Fornasari, trentasei anni. Era una delle dipendenti dell'azienda di ristorazione della stazione. Quell'anno decise di non partire per le vacanze l'1 di agosto. Le aveva prenotate per il 12.



Euridia Bergianti, quarantanove anni, bolognese. Euridia lavorava al bancone del Self Service della stazione di Bologna. Il 2 agosto era in servizio. A causa della bomba alla stazione di Bologna ha lasciato due figli: Danilo e Alessandro.



Nilla Natali, venticinque anni, residente a Bologna. Dipendente della Cigar in procinto di sposarsi, non vide mai il talamo nuziale.



Franca Dall'Olio, vent'anni, residente a Bologna. Era la "bimba" dell'ufficio: figlia unica lavorava da quattro mesi soltanto per la ditta appaltatrice del Bar – Ristorante della stazione di Bologna.



Rita Verde, ventitré anni, di Bologna. Anche lei, come le colleghe, lavorava al bar a due passi dai binari e questo, purtroppo, le costò la vita.



Flavia Casadei, diciott'anni, riminese. Frequentava la quarta liceo scientifico a Rimini. Quel sabato due agosto stava viaggiando verso Brescia dove l'aspettava uno zio.



Giuseppe Patruno, diciott'anni, barese, il terzo di undici figli. La mattina del 2 agosto era alla stazione ferroviaria insieme al fratello Antonio, minore di un anno.



Rossella Marceddu, diciannove anni, residente a Prarolo (VI). La sua morte in stazione ha provocato una catena di disgrazie nella sua famiglia, che non ha più saputo riprendersi dal lutto.



Davide Caprioli, vent'anni, di Verona. Appassionato chitarrista e futuro commercialista, lasciò la famiglia e la fidanzata in quel drammatico giorno di agosto.



Vito Ales, vent'anni, residente a Piana degli Albanesi. Alle 10:25 di quel sabato doveva già essere a Cervia. Invece il suo treno era giunto a Bologna in ritardo e al momento dello scoppio stava camminando sul marciapiede del primo binario.



Iwao Sekiguchi, vent'anni, giapponese. Da anni desiderava visitare l’Italia e, sfortunatamente, transitò per Bologna nel momento più infausto.



Brigitte Drouhard, ventuno anni. Giovane viaggiatrice francese, attendeva invano il treno per Ravenna.



Roberto Procelli, ventuno anni, residente ad Arezzo. Militare di leva al 121° Battaglione di artiglieria leggera di stanza a Bologna, rimarrà nella memoria dei più come la prima salma identificata.



Mauro Alganon, ventidue anni, astigiano. Avrebbe compiuto ventidue anni il 19 agosto, il minore dei tre figli di Aldo Alganon, un pensionato di Asti, ex camionista, la mattina del due agosto era con un amico alla stazione, nella sala d'aspetto di prima classe.



Maria Angela Marangon, ventidue anni. Di Rosolina, in provincia di Rovigo, oltre ai genitori lasciò una sorella e due fratelli.



Francisco Gómez Martínez, ventitré anni, catalano. Impiegato come contabile, aveva cominciato a lavorare a sedici anni e durante tutto l'anno risparmiava i soldi per poter fare qualche viaggio.



Mauro Di Vittorio, ventiquattro anni. Residente a Roma, tornava da Londra. Il suo viaggio di ritorno e la sua breve vita si conclusero tragicamente a Bologna.



Sergio Secci, ventiquattro anni. Ternano, il 2 agosto, stava andando a Bolzano, dove aveva appuntamento per motivi di lavoro con gli esponenti di un gruppo teatrale di Treviglio.



Roberto Gaiola, venticinque anni. Residente a Vicenza, si curava da lungo a Bologna. Quella fu l'ultima volta in cui si recò in stazione.



Angelo Priore, ventisei anni. Messinese, ricorda di essersi seduto vicino ad una valigia nera e dice che quella doveva essere la valigia che poi è esplosa. Morì due mesi dopo, a Bologna, in conseguenza dei danni riportati.



Onofrio Zappalà, ventisette anni. Di Sant'Alessio Siculo (Me), il giorno dopo la strage avrebbe dovuto incontrare a Bologna la fidanzata Ingeborg, una maestra danese di ventidue anni, che vive a Copenaghen.



Pio Carmine Remollino, trentuno anni. Di Baragiano (Pz), soltanto il lunedì pomeriggio, due giorni dopo la strage, suo padre ha appreso da un giornale che suo figlio Carmine era morto.



Gaetano Roda, trentuno anni. Di Mirabello (Fe), L'onda d'urto e i frammenti di pietra l'hanno gettato contro il treno in sosta sul primo binario.



Antonino Di Paola, trentadue anni. Palermitano, lavorava per la Stracuzzi, una ditta bolognese che si occupa della installazione di apparecchiature elettriche di segnalazione ferroviaria.



Salvatore Seminara, trentuno anni. Collega di Antonino, morì insieme a lui.



Mirco Castellaro, trentatré anni. Mirco era originario di Pinerolo (Torino), ma era residente a Ferrara. Era capoufficio presso la ditta Vortex Hidra di Fossalta di Copparo.



Nazzareno Basso, trentatré anni. Anch'egli ferrarese, lasciò una moglie e quattro bambini.



Vincenzo Petteni, trentaquattro anni. Di Ferrara, Vincenzo doveva partire per le vacanze in Tunisia. Ma all'aeroporto non avevano trovato posto sull'aereo. Così hanno ripiegato sul treno.



Carla Gozzi, trentasei anni, residente a Concordia. Carla, con il marito Umberto, era alla stazione di Bologna in attesa di partire per le vacanze: volevano andare alle Tremiti. La morte li ha trovati insieme, come stavano da anni.



Umberto Lugli, trentotto anni, residente a Concordia. Il marito di Carla, morto assieme a lei.



Fausto Venturi, trentotto anni. Fra le carte di Fausto, tassista, suo fratello Francesco ha rinvenuto il cartoncino su cui ciascun autista di taxi "forava" l'orario relativo al turno di ciascun giorno. È forato anche il 2 agosto, all’orario 8-20.



Argeo Bonora, quarantadue anni. Residente a San Pietro in Casale, Argeo era dipendente delle Ferrovie dello Stato. Era nato a Galliera, poi si era trasferito a Saletto di Bentivoglio, quindi era stato mandato in Alto Adige, a Salorno di Bolzano.



Francesco Betti, quarantaquattro anni. Francesco era un taxista originario di Marzabotto. Viveva con la moglie e il figlioletto a S. Lazzaro di Savena. Il 2 agosto 1980 era in servizio davanti alla stazione di Bologna. Il suo taxi venne distrutto dallo scoppio della bomba.



Mario Sica, quarantaquattro anni. Mario era un avvocato originario di Roma. Amava il suo lavoro, era esperto di diritto del lavoro e da alcuni anni era responsabile del servizio personale dell'ATC.



Pier Francesco Laurenti, quarantaquattro anni. Residente a Berceto, Pier Francesco è rimasto vittima della strage per una telefonata. Aveva approfittato della sosta di un quarto d'ora del convoglio che dalla riviera romagnola lo avrebbe ricondotto a Parma per chiamare un amico.



Paolino Bianchi, cinquant'anni. Residente a Vigarano Mainarda (FE), muratore quarantanovenne il cui corpo è stato riconosciuto soltanto giovedì 7 agosto, lasciò la madre, disperata.



Vincenzina Sala, cinquant'anni. Bolognese, Vicenzina era alla stazione col marito, Umberto, la con suocera, Bruna, e il nipotino Marco, di sei anni. Solo lei morì.



Berta Ebner, cinquant'anni. Nata l'8 febbraio del 1930, Berta Ebner era nata a San Leonardo in Passiria in provincia di Bolzano. Faceva la casalinga.



Vincenzo Lanconelli, cinquantuno anni. Vincenzo era nato a Cotignola e abitava a Bagnacavallo. Laureato in Economia e Commercio, era da poco in pensione: era stato ispettore del lavoro presso l'Ispettorato del Lavoro di Forlì



Lina Ferretti, cinquantatré anni. Nata a Peccioi (PI), Lina era sposata con Mannocci Rolando, dipendente delle ferrovie dello Stato. Era casalinga e mamma di Maurizio e Paola.



Romeo Ruozi, cinquantaquattro anni. Romeo era originario di Reggio Emilia, ma viveva da quarant'anni a Bologna. Era pensionato e aveva una moglie e tre figli.



Amorveno Marzagalli, cinquantaquattro anni. Di Omegna (NO), lasciò la moglie e un figlio.



Antonio Francesco Lascala, cinquantasei anni, calabrese. Come molti altri, Francesco è morto per un treno in ritardo.



Rosina Barbaro, cinquantotto anni. Bolognese, aspettava il treno per Pesaro insieme con il marito, in una delle loro prime vacanze in solitudine, senza la figlia.



Irene Breton, sessantuno anni. Francese, il marito tentò per anni di avere giustizia e partecipò a tutte le fasi dei successivi processi.



Pietro Galassi, sessantasei anni, di San Marino. Era nato nella Repubblica di San Marino. Laureato in fisica e matematica, era stato professore e preside di un Istituto di Viareggio, prima di morire in un modo tanto insensato.



Lidia Olla, sessantasette anni. Residente a Cagliari, era in stazione con il marito, che, gravemente ustionato, seppe solo dopo essersi ripreso della sua scomparsa.



Maria Idria Avati, ottant'anni. Calabrese pronta per passare le vacanze in Trentino, scelse di prendere il treno sbagliato, quel notturno che sarebbe arrivato a Bologna l’indomani mattina.



Antonio Montanari, ottantasei anni. L'ultima vittima bolognese, era un uomo ancora in gamba. Non dimostrava assolutamente la sua età; gli piaceva andare in giro, e gli piaceva la compagnia.




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Parlare di pace in tempi di guerra è necessario, ma è tardi.
Non bisogna aspettare una guerra per parlarne. Bisogna farlo prima.
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