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TAMBURI DI PACE. Una notte a dodici stelle a Matera |
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13/08/2017 | “Sentivo la mia terra vibrare di suoni”. Ottantadue giovanissimi suonatori che non sono il Jones deandreiano, ma che come lui hanno offerto la faccia al vento in una notte d’estate per suonare l’incanto e l’inquietudine, sono giunti a Matera il 10 agosto grazie al C.P. per il Club per l’UNESCO di Matera, dopo aver attraversato l’Italia in una tournée che prende il nome di “Tamburi di Pace 2.1 – Vie d’Europa”.
Sono venuti da 13 paesi europei diversi, con un’età compresa tra gli 11 e i 20 anni, tutti componenti della ESYO, la European Spirit of Youth Orchestra: un ensemble itinerante dotata di un’irripetibile iniziazione, scommessa controcorrente di un Maestro triestino, Igor Coretti Kuret, che ogni anno ne forma una nuova, donando alcuni di questi giovani talenti alle migliori orchestre europee. Sono giovani che, ubriachi dell'apollineo, riempiono della loro musica i luoghi che attraversano, costituenti un modello della nostra società moderna: multilingue, multiculturale, multietnica. Da tre anni a questa parte hanno un grande camminatore a sostenerli, Paolo Rumiz, l’uomo di frontiera che ci aveva già intontiti di suoni e parole nel libro “La cotogna di Istanbul”. Ci è ricascato nella notte delle stelle materana, regalando canti sospesi tra confine e memoria. Un’orchestra europea in una città europea – ha sostenuto Rumiz a chi lo ha incalzato chiedendo il senso di questo progetto qui a Matera. - Qui abbiamo avuto un‘accoglienza calda come non abbiamo avuto da nessuna altra parte.
Sono stati, infatti, più di 500 gli accorsi in Piazza San Pietro Caveoso per assistere allo spettacolo che ha celebrato i cammini europei. I testi di Rumiz e le musiche di Beethoven, Holst, Zimmer e Farace, uniti per evocare le vie del continente, partendo dall’Appia, una delle grandi vie di comunicazione proto europea. In un momento in cui l’Europa è in aperta dissoluzione, fornire un antidoto contro la retorica dei muri è l’obiettivo di quest’orchestra itinerante – ha asserito Rumiz. – che altro non è se non un insieme di uomini che si incontrano, proprio come dovrebbe essere l’Europa, un sintagma di popoli, terre e mari nato in un’aspra isola laziale nel lontano 1945. E così l'europeismo di Altiero Spinelli e il meridionalismo di Carlo Levi si incontrano nella ventosa agorà materana, con significato e autorità simultanei. L'idea federalista e l'opera di confine. Là è l’Europa, in quel fantastico finis terrae. In quei ragazzi dai visi lieti e gioviali, così naturalmente europei, a ricordarci che esiste un continente che prescinde dalle istituzioni e dall’affarismo burocratico. Tanti splendidi Ulisse con le tasche piene di sogni, troppo ignari per comprendere il leviatano burocratico in cui siamo precipitati e forse per questo autentici nello spiegarci il vero senso dell’Unione: l'ascolto che trascende la performance.
Solo la cultura, oltre la guerra, lega la nostra identità. Siamo in pace da meno di 70 anni e nessuno si ricorda più di questo capolavoro - sosteneva Umberto Eco. Non è un dono del cielo l’Europa, ma un percorso da costruire ogni giorno, un cammino. E quelli che vanno a piedi non possono essere fermati (Erri De Luca, ndr), si sa. Soprattutto nella terra di Cristi assenti, la terra autentica come lo è il Sud che si perde senza bersaglio nel vento, tracciando il confine di una realtà che si accontenta di essere. Come quei giovani europei, a suonare i pianeti di Holst, viaggiatori anch’essi, fucina di note disperse negli anfratti cavernosi della Murgia carsica. Siamo a Matera coi suoi sogni impossibili, ma non per questo irrealizzabili "È perfettamente esatto, e confermato da tutta l`esperienza storica, che il possibile non sarebbe raggiunto se nel mondo non si ritentasse sempre l`impossibile". Queste parole di Max Weber ispirarono il pensiero di Altiero Spinelli. E non è un caso se lui, i Levi, gli Scotellaro e gli Olivetti si tenevano per mano l'altra sera a urlare il grido della modernità che coesiste con la "civiltà immobile", bucando il cielo stellato di una notte di mezza estate.
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