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Recensione:“Disinformazia”,il libro di Francesco Nicodemo

23/07/2017

Il libro di Francesco Nicodemo “Disinformazia” - La comunicazione al tempo dei social media con prefazione di Frèderic Martel e presentazione di Giampiero Mazzoleni, di 240 pagine, edito da Marsilio editori, ed acquistabile al prezzo di14,3 euro mette in rilievo che l'autore si è confrontato direttamente con il problema delle fake news lavorando per Matteo Renzi e ha voluto trasmettere qui la sua esperienza. Lo fa a partire da un dato punto di vista, ma anche con una consapevolezza da insider. E allora, cosa si può fare? Per prima cosa, Nicodemo parte dal presupposto che bisogna ragionare sul ruolo dei signori del digitale. L’autore considera positiva, anche se ancora molto insufficiente, l’iniziativa dei social network, nello specifico di Facebook e Twitter, che vogliono impegnarsi in una “moderazione»” più significativa dei post e nella personalizzazione dei contenuti, con la diminuzione degli account un punto di vista accettabile, proprio come l’antisemitismo o l’islamofobia, e anche gli effetti negativi del tabacco o dell’inquinamento atmosferico causato dalle automobili potrebbero essere relativizzati, se si dà credito alle lobby (lo storico americano Robert Proctor ha mostrato, nel libro Golden Holocaust, come glindustriali del tabacco avessero diffuso false informazioni nascondendo i rischi di i tumori legati alle sigarette e manipolando la ricerca scientifica almeno dagli anni cinquanta). Quanto alle inchieste dei grandi giornali americani, sono ormai criticate come fonti di fake news: lo scrive, su Twitter, il presidente degli Stati Uniti in persona! Ironia di questa storia: è proprio il cantore della disinformazione e delle fake news, Donald Trump, a criticarle aspramente... La campagna presidenziale americana sia stata «inquinata» (è un eufemismo) da un numero importante di informazioni fasulle, falsi account di Twitter o Facebook, teorie del complotto, fotomontaggi, troll, per non parlare delle ipotesi della diffusione di informazioni sospette negli Stati Uniti, forse da parte dell’intelligence russa. Nel Regno Unito la disinformazione ha mostrato la sua forza nel referendum sulla Brexit, in Italia in quello costituzionale voluto da Matteo Renzi. E ci sono altri esempi: il referendum sul processo di pace in Colombia è fallito perché l’opposizione e la Chiesa cattolica hanno denunciato i rischi connessi alla messa in pratica della «teoria del gender” se il «Sì» avesse prevalso (bisogna ricordare, però, che il Vaticano ha sostenuto il processo di pace presenziando alle riunioni a L’Avana, e che papa Francesco ha ricevuto le parti in causa in Vaticano). E cosa dire della Francia! Certo, dal 7 maggio 2017 abbiamo un presidenterentanovenne con una moglie, Brigitte, che a quanto mi dicono gli italiani affascina.
Pasolini, André Malraux, Albert Camus, Umberto Eco o George Orwell, eppure fanno parte del dibattito pubblico, proprio come quelli di Oriana Fallaci e Roberto Saviano. Quest’ultimo, inoltre, nel breve saggio The Nonfiction Novel, pubblicato con la riedizione inglese di Zero, Zero, Zero, sostiene un giornalismo di letteratura non-fiction che non consiste nel riportare informazioni basandosi soltanto sui fatti, ma nel «raccontare e ricostruire la verità”. E aggiunge: Bisogna ormai accettare il fatto che la realtà superi l’immaginazione, e che sia nostro dovere quello di essere i suoi portavoce, i suoi microfoni. E si è più forti e capaci di riuscire se si ha un coraggio letterario, riuscendo a evitare di rimanere stritolati dalle prassi dei giornali”. Il fact-è scontato che il pluralismo abbia da guadagnare dai factcheckers e da altri sistemi di controllo; sarà utile, invece, la moltiplicazione dei punti di vista, la diversità delle opinioni, e forse anche la diversificazione dei profili dei giornalisti che, purtroppo, tendono a essere appiattiti in scuole di giornalismo sempre più standardizzate e uniformate, per un giornalismo ovviamente sempre più bland – spento, sterile, disimpegnato, e davvero noioso. Ciascuno di noi ha la responsabilità, come suggerisce Nicodemo, di non diffondere false informazioni, ma ancora di più, è la scuola a dover insegnare agli studenti a “leggere il web”, a far comprendere i rischi che Internet comporta rispetto alla privacy e al ruolo delle donne, e deve dare priorità all’alfabetizzazione informatica, la digital literacy. Alcuni media, da parte loro, moltiplicano gli articoli o gli strumenti di fact-checking, cioè si impegnano in una verifica dei fatti.




Biagio Gugliotta



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