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La ribalta delle malattie infettive esantematiche

17/05/2017

Le malattie infettive che predominavano nel 1888 e nel 1909, le prime registrate dal Ministero degli Interni Direzione Generale della Sanità (non esisteva ancora il Ministero della Salute), vengono riportate nei due grafici allegati. E’ un reperto storico importante, poichè illustra la incidenza della mortalità per malattie infettive nelle varie regioni d’Italia e sono in assoluto (a parte di una smentita) i primi dati ufficiali pubblicati .I problemi igienici, che occupavano al tempo la mente dei nostri maggiori scienziati, e la loro risoluzione parziale permisero di porre una valida difesa contro le malattie ed una protezione della salute. La divulgazione anche a stampa delle nozioni igieniche applicate nella vita quotidiana determinarono a lungo andare enormi benefici all’umanità. I risultati furono evidenti, in quanto le nozioni applicate alla costruzione delle case, delle strade, all’approvvigionamento idrico e allo smaltimento dei liquami portarono enormi benefici all’ambiente, che si trasferirono anche sulla situazione sanitaria della popolazione. Infatti la mortalità generale passò dal 27,5%ₒ del 1888al 20,9%ₒ del 1904.
Le malattie infettive interessate erano le seguenti: morbillo, scarlattina, difterite e laringiti crupali, febbre tifoide, febbre puerperale, pustola maligna, tifo pecchiale, rabbia, malattie tubercolari, malaria, sifilide. Alcune di queste sono venute alla ribalta di recente per le numerose notizie di cronaca che sono state pubblicate e che hanno acceso grande dibattito anche sui quotidiani.
La mortalità per malattie nell’anno 1888 e nel 1909 si riferisce a 10mila abitanti; la loro incidenza nelle varie regioni viene rappresentata con dei segni, la cui legenda è poi riportata ai piedi di ogni tavola.
Nel 1888 la incidenza variava da 30 a 35(dato minimo della scala) e da 117a129 (dato massimo)e questi segni distribuiti fra le regioni danno un’idea della loro consistenza sul territorio.Ad una prima osservazione si evidenzia che esse mostrano una minore percentuale nel centro Italia (Umbria e parte della Toscana) e nel nord Italia ad eccezione del territorio dalle provincie di Cremona e Sondrio in Lombardia, un’incidenza media nelle regioni costiere tirrene, mentre nel sud questa si eleva, come in Sardegna ed in Sicilia, dove si raggiunge l’acme(provincia di Enna, Agrigento e Caltanissetta).
La incidenza della mortalità nell’anno 1909 varia da 16 a 20 (dato minimo della scala)) e da 34 a 40(dato massimo). Ad una prima osservazione si evidenzia come le regioni adriatiche, Romagna, Abruzzo, Molise, parte della Toscana (da Ancona a Prato) e Puglia, mostrino la più bassa percentuale di mortalità, così come la punta della Calabria, le provincie di Messina e di Ragusa.

Al nord Italia, ad eccezione del Piemonte, tutto il centro ed il nord est mostrano una incidenza che varia da 26 a 30 morti per 10 mila abitanti. Nel centro Italia la incidenza è la medesima, ad eccezione del Lazio e parte dell’Abruzzo. In Campania, Basilicata e Calabria la incidenza è contenuta, non così in Sicilia, dove nella punta (provincie di Catania e Siracusa) è la più elevata.
Volendo avanzare una ipotesi sulla mortalità che varia di regione in regione, possiamo ipotizzare che dove l’assembramento dei bambini era elevato, come nelle scuole, la frequenza delle malattie aumentava, così la mortalità, dove le condizioni igieniche erano carenti, specie riguardo l’approvvigionamento idrico, si elevava per queste cause ed infine dove l’assistenza sanitaria era migliore si evidenziavano i segni della operosità dei medici sul territorio.
Il problema dovrebbe essere approfondito per scoprire le cause, che hanno fatto variare in modo determinante la mortalità. E’ questo un primo studio e mi auguro che ne seguiranno altri, anche perché di recente il problema è venuto alla ribalta su tutti i giornali per le vaccinazioni non praticate o praticate male.

Antonio Molfese Medico Giornalista



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