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ANT:Testamento biologico tra esigenze normative e bisogni individualizzati di cu |
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20/03/2017 | Le vicende di sofferenza che si sono recentemente concluse con il suicidio assistito, avvenuto all’estero, di due nostri connazionali, hanno riacceso il dibattito sulle decisioni terapeutiche e assistenziali nel fine vita, e in particolare sul ddl a proposito delle Disposizioni Anticipate di Trattamento (DAT) o Testamento Biologico il cui esame è in programma nuovamente da domani, martedì 21 marzo, alla Camera.
Le opinioni in merito al testo del ddl sono numerose e contrastanti, e pensiamo che questo sia in gran parte dovuto al fatto che, fermo restando la necessità di una normativa a riguardo, si debba approfondire maggiormente un ambito così delicato e così vasto da riguardare un ampio spettro di patologie, che affliggono persone con situazioni cliniche e percorsi terapeutici, e quindi esprimono bisogni, spesso molto dissimili.
Fondazione ANT, che da quasi 40 anni assiste quotidianamente circa 4.000 persone affette da tumore in fase avanzata, si trova in accordo con alcuni principi generali sostenuti dal ddl, primo tra tutti quello del diritto del paziente alla conoscenza ed alla condivisione delle scelte terapeutiche. Tuttavia, riteniamo che la questione debba essere, a oggi, oggetto di ulteriori riflessioni sia da parte dei tecnici sia da parte dei decisori, affinché le disposizioni legislative si esprimano in completo accordo con un sistema di valori (culturali, etici e deontologici) che sostenga prima di tutto il diritto imprescindibile alla vita in dignità e alla cura. In questo senso, accanimento terapeutico e abbandono non sono che due facce della medesima medaglia, ugualmente deprecabili in quanto contrarie ai principi fondanti le cure palliative e la medicina in generale.
Per quanto riguarda i malati di tumore che ogni giorno assistiamo, la nostra esperienza ci conferma come una cura globale e personalizzata, appropriata e attenta ai bisogni fisici, psicologici e sociali delle famiglie, sia la risposta più efficace per accompagnare le persone nel fine vita. E una legge che dice questo ce l'abbiamo, è la Legge 38 del 2010 che dopo sette anni ancora è applicata con grande disomogeneitá. Purtroppo sappiamo bene come in Italia la gran parte dei pazienti affetti da patologie cronico-degenerative, soprattutto non oncologiche, muoia ancora senza aver ricevuto le cure palliative necessarie. Riteniamo quindi che la priorità attuale debba essere quella di promuovere politiche sanitarie in grado di implementare la rete assistenziale e favorire l’accesso alle cure palliative, così da garantire un fine vita dignitoso anche ai malati di Sla e di altre gravi insufficienze d’organo.
Solo dopo aver risposto a questo bisogno di cura, che si farà sempre più pressante con il progressivo miglioramento della sopravvivenza e della tecnologia medica, potremo pensare di valutare in modo più adeguato la normativa inerente le disposizioni anticipate di trattamento. Se da un lato infatti, questo è un tema sul quale è necessario che la giurisprudenza si pronunci, dall’altro lato esistono, a nostro parere, ancora troppe disparità e lacune nelle reti assistenziali territoriali, e ciò rende difficile inquadrare la questione in modo globale. Il vuoto legislativo esistente, deve essere per prima cosa contrastato dalla possibilità per chi soffre di avere vicino professionisti sanitari competenti e formati, che supportino le famiglie nella pianificazione delle cure di fine vita in modo da favorire la comunicazione ed evitare interventi diagnostici e terapeutici inappropriati e non condivisi.
In sintesi, facendo seguito ai comunicati recentemente diffusi dalla Società Italiana di Cure Palliative e da altre Società Scientifiche, che danno voce a posizioni evidentemente contrastanti, dal punto di vista istituzionale le considerazioni fin qui condivise portano ANT a ritenere che una posizione specifica rispetto al ddl sulle Disposizioni Anticipate di Trattamento debba essere ulteriormente meditata e non decisa sull’onda dei recenti fatti di cronaca, che per quanto significativi nella loro drammaticità, non rappresentano la globalità della situazione. I professionisti sanitari che operano per Fondazione ANT in 10 regioni italiane, esprimeranno naturalmente la loro opinione in merito secondo scienza e coscienza e in base alle proprie caratteristiche personali e culturali.
Raffaella Pannuti – Presidente Fondazione ANT Italia ONLUS
Guido Fanelli – Direttore Scientifico Fondazione ANT Italia ONLUS
Maurizio Mineo – Coordinatore Sanitario Nazionale Fondazione ANT Italia ONLUS
Profilo Fondazione ANT Italia ONLUS
Nata nel 1978 per opera dell’oncologo Franco Pannuti, dal 1985 a oggi Fondazione ANT Italia ONLUS – la più ampia realtà non profit per l’assistenza specialistica domiciliare ai malati di tumore e la prevenzione gratuite – ha curato oltre 116.000 persone in 10 regioni italiane (Emilia-Romagna, Lombardia, Veneto, Toscana, Lazio, Marche, Campania, Basilicata, Puglia, Umbria – dato aggiornato a giugno 2016). Ogni giorno 4.000 persone vengono assistite nelle loro case da 20 équipe multi-disciplinari ANT che assicurano cure specialistiche di tipo ospedaliero e socio-assistenziale, con una presa in carico globale del malato oncologico e della sua famiglia. Sono complessivamente 433 i professionisti che lavorano per la Fondazione (medici, infermieri, psicologi, nutrizionisti, fisioterapisti, farmacisti, operatori socio-sanitari etc.) cui si affiancano oltre 2.000 volontari impegnati nelle attività di raccolta fondi necessarie a sostenere economicamente l’operato dello staff sanitario. Il supporto offerto da ANT affronta ogni genere di problema nell’ottica del benessere globale del malato. A partire dal 2015, il servizio di assistenza domiciliare oncologica di ANT gode del certificato di qualità UNI EN ISO 9001:2008 emesso da Globe s.r.l. e nel 2016 ANT ha sottoscritto un Protocollo d’intesa non oneroso con il Ministero della Salute che impegna le parti a definire, sostenere e realizzare un programma di interventi per il conseguimento di obiettivi specifici, coerenti con quanto previsto dalla legge 15 marzo 2010, n. 38 per l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore. ANT è inoltre da tempo impegnata nella prevenzione oncologica con progetti di diagnosi precoce del melanoma, delle neoplasie tiroidee, ginecologiche e mammarie. Dall’avvio nel 2004 sono stati visitati gratuitamente oltre 138.000 pazienti in 76 province italiane (dato aggiornato a giugno 2016). Le campagne di prevenzione si attuano negli ambulatori ANT presenti in diverse regioni, in strutture sanitarie utilizzate a titolo non oneroso e sull’Ambulatorio Mobile - BUS della Prevenzione. Il mezzo, dotato di strumentazione diagnostica all’avanguardia (mammografo digitale, ecografo e videodermatoscopio) consente di realizzare visite su tutto il territorio nazionale. ANT opera in Italia attraverso 120 delegazioni, dove la presenza di volontari è molto attiva. Alle delegazioni competono, a livello locale, le iniziative di raccolta fondi e la predisposizione della logistica necessaria all’assistenza domiciliare, oltre alle attività di sensibilizzazione. Prendendo come riferimento il 2015, ANT finanzia la maggior parte delle proprie attività grazie alle erogazioni di privati cittadini (30%) e alle manifestazioni di raccolta fondi organizzate (29%) al contributo del 5x1000 (12%) a lasciti e donazioni (5%). Solo il 18% di quanto raccoglie deriva da fondi pubblici. Uno studio condotto da Human Foundation sull’impatto sociale delle attività di ANT, ha evidenziato che per ogni euro investito nelle attività della Fondazione, il valore prodotto è di 1,90 euro. La valutazione è stata eseguita seguendo la metodologia Social Return on Investment (SROI). ANT è la 11^ Onlus nella graduatoria nazionale del 5x1000 su oltre 38.000 aventi diritto nel medesimo ambito. Fondazione ANT opera in nome dell’Eubiosia (dal greco, vita in dignità). |
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