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Palazzo S.Gervasio: presentato il volume dedicato agli insediamenti archeologici |
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1/02/2017 | Tra il 2013 ed il 2014, durante i lavori di sorveglianza archeologica condotti per la realizzazione di un impianto eolico nel territorio di Palazzo San Gervasio, la terra ha restituito i resti dell’insediamento e della necropoli di guerrieri di origine sannita. Siamo tra il IV ed il III secolo a.C., prima ancora dell’arrivo dei Romani. La scoperta era stata già esposta all’interno della mostra “I guerrieri di Palazzo” ed oggi ne viene fuori un volume, “Palazzo San Gervasio. Modalità insediative e pratiche funerarie dal territorio” [Osanna Edizioni, ndr], curato da Antonio De Siena e Tonia Giammatteo e presentato ieri sera presso la Pinacoteca “Camillo D’Errico” di Palazzo San Gervasio; un volume dalla forte valenza scientifica, che rientra nella collana “Polieion” della Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici di Matera. Ospiti della serata, oltre agli autori della pubblicazione e al Sindaco Michele Mastro, anche il Direttore generale della Soprintendenza di Pompei, il venosino Massimo Osanna; il Direttore del Polo Museale della Basilicata Marta Ragozzino; il Direttore della Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici di Matera Francesca Sogliani; il Direttore Generale dell’Azienda di Promozione Turistica della Basilicata Mariano Schiavone; il Presidente del Consiglio Regionale della Basilicata Francesco Mollica ed il consigliere regionale Aurelio Pace.
Secondo quanto emerge dagli scavi, fra il VII ed il IV secolo a.C., occupavano l’area gli stessi dauni insediatisi anche a Lavello (l’allora Forentum) e Banzi (Bantia); ma a partire dal IV secolo le cose cambiarono e questo si evince dalle tombe venute alla luce, in cui affiorano un rituale ed una composizione del corredo differenti da quelle tipiche delle popolazioni daune: questi elementi hanno fatto pensare a quegli stessi Sanniti, di cui parlano le fonti romane, che minacciavano le popolazioni del Tavoliere e che furono combattuti dai Romani. Un territorio disseminato da insediamenti diversi tra loro; una ricerca importante, una scoperta che fotografa gli “ultimi”, quelli che combatterono Roma prima della fondazione della “popolosa” (poluantropon) colonia Venusia (l’attuale Venosa, nel 291 a.C.) e prima dell’omologazione culturale latina. Così Roma arrivò ad annientare quella diversificazione di culture presenti in quella Lucania a stretto contatto con l’Apulia, che lo stesso Orazio decantava nei suoi versi. Una “ricerca straordinaria e fortunata”, come è stata definita da Massimo Osanna, che ha dato riscontro archeologico e materiale ad una Storia conosciuta solo per mezzo delle fonti; ma anche un lavoro corale, con specialisti diversi, che permette di conoscere il patrimonio archeologico di un’area della regione ancora poco conosciuta. Partire dalla ricerca fino ad arrivare alla conoscenza ed alla valorizzazione del territorio, per raccontarlo e renderlo patrimonio comune e per creare – in vista di Matera Capitale Europea della Cultura 2019 – la più giusta economia fondata sul patrimonio. “Questa pubblicazione – spiega Tonia Giammatteo, l’archeologo curatore del volume – è frutto di quel lavoro di scavo, condotto nel 2013-2014, che ha portato alla scoperta fortuita di un insediamento e di una necropoli sannita, poi confluito nella realizzazione di una mostra archeologica e – attraverso il lavoro di diversi autori – nella redazione di questo volume. Questo progetto nasce da una sinergia molto importante, molto profonda tra vari enti ed istituzioni e rappresenta, realmente, un esempio di come le ricerche archeologiche dovrebbero avere seguito. Attraverso una giusta fruizione, le ricerche archeologiche e le scoperte del territorio devono essere distribuite ai cittadini attraverso azioni visibili e fruibili per tutti; ovviamente, questo avviene anche attraverso pubblicazioni scientifiche come questa, che hanno sia il compito di accontentare gli “addetti ai lavori” sia, soprattutto, quello di far riappropriare la comunità del proprio Passato. La Storia è parte della contemporaneità, la contemporaneità è il nostro Futuro; conoscere la Storia significa riappropriarci del nostro Passato e su questo costruire il nostro avvenire”. La Cultura, quindi, come nuovo possibile motore di sviluppo.
Non è mancato il riferimento alle estrazioni petrolifere e all’opposizione che i sindaci del Vulture – alto Bradano fecero, qualche anno fa, per scongiurare l’istanza di permesso di ricerca “Palazzo San Gervasio” dell’americana AleAnna Resources LLC. Per la salvaguardia e la tutela del suo territorio, la Basilicata dovrebbe puntare molto di più sulla Cultura; ed il patrimonio archeologico, seppur in assenza di un Piano Paesaggistico, può essere quel giusto sprone per una vera sostenibilità di questo territorio.
Marialaura Garripoli
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