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A Rotonda l'unica “Ferrovia del Pollino”

8/12/2016

Pino Petrosillo, capo area Enel in pensione, originario di Monopoli ma rotondese di adozione dove giunse il 6 novembre di cinquanta anni fa, ormai da molti anni accoglie turisti e scolaresche in visita a Rotonda mostrando loro il plastico comunale di una ferrovia, collocato in una stanza all’interno del municipio.
«L'ho completato il 24 aprile 2009, dopo quattro mesi e venti giorni di duro lavoro», ci spiega Pino.
Per capire da dove venga questo plastico bisogna andare molto indietro nel tempo, precisamente al 1956 quando Giordano Taverna, un ferrotranviere, lo realizzò a Milano: «Chi lo possedeva lo ha custodito per più di quarant’anni. Poi alla sua morte nel 1999, il figlio lo letteralmente smantellò. Dopodiché, attraverso un rotondese che lavorava nelle ferrovie a Milano, arrivò a Rotonda e l'allora sindaco Giovanni Pandolfi prima, e mia moglie poi, insistettero affinché fossi io ad assemblarlo per il Comune», rigorosamente a titolo di volontariato.






La storia personale di Pino si intreccia con quella di questo modello: «Da piccolo abitavo a pochi metri dai binari e per studiare bisognava prendessi il treno».
Cresciuto in una famiglia di nove figli (quattro maschi e cinque femmine), terminò gli studi come voleva suo padre, scomparso prematuramente quando Pino non aveva ancora compiuto diciassette anni, costringendolo ad assaporare precocemente le difficoltà della vita. Ma proprio il conseguimento della maturità gli permise di entrare in Enel come radiotecnico addetto alle telecomunicazioni: «Era una mansione particolare, per questo rara, cosa che mi consentì di essere autonomo e di dipendere nelle scelte solo da me stesso, in Basilicata ad esempio ero l’unico. Anzi, altri avevano bisogno di me per assumere delle decisioni».
Successivamente il concorso da capo area e il resto della carriera che si è svolta prevalentemente a Potenza, fino ad un evento particolare: «Mi fu riscontrato un tumore a una via nasale, che mi costrinse a subire un intervento chirurgico seguito dalla radioterapia. Questa fu una delle ragioni che mi indussero ad andare in pensione nel 2003, altrimenti credo che sarei rimasto».
Ma non prima di ricevere, in quello stesso anno, proprio per le sue qualità e la sua dedizione, un encomio addirittura dal Capo dello Stato: Ciampi gli conferì la prestigiosa stella al merito di “Maestro del Lavoro”, ovvero la massima onorificenza che si possa attribuire a un lavoratore dipendente.
«Le mie principali prerogative credo siano la calma e la pazienza. Ma soprattutto sono convinto che ciò che conti di più sia la forza di volontà».
Esattamente quella che si rese necessaria per far rinascere una riproduzione lunga 4 metri e quaranta, per 1 e novanta di larghezza che occupa una superficie complessiva di 9 metri quadri, con una lunghezza totale delle rotaie di 82 metri.
«Quando lo ricevetti praticamente mancava tutto – spiega Pino –, dal piano sul quale poggiarlo, ai locomotori con le carrozze. Dovetti sostituire i circuiti elettrici e realizzare il pannello di controllo. E feci tutto da solo senza nemmeno l’ausilio di un manuale d’istruzioni».
Ed ecco che emergono la calma, la pazienza, l’ingegnosità del tecnico esperto, la cura maniacale per ogni dettaglio e, soprattutto, la sua caparbietà: «In principio non volli interessarmene ma poi, avendone il tempo, accettai la sfida e ci lavorai per 140 giorni di fila, feste comprese, pensando anche la notte come migliorarlo».
Fino al giorno dell’inaugurazione. Da allora il plastico ferroviario del Comune di Rotonda, che è valso a Pino molti altri riconoscimenti, è stato ammirato e “collaudato” da più di 30 mila visitatori di tutte le età e provenienti da ogni dove, cui egli si è sempre dedicato gratuitamente, nonostante lo costringano a continue riparazioni e manutenzioni. La Rai, Telenorba e le principali testate lucane di informazione si sono occupate più volte dell’unica “Ferrovia del Pollino”, che prevede al suo interno un terminal, una stazione di transito, semafori, un passaggio a livello che si apre e chiude, una chiesetta di montagna, ponti, luci, il fischio del treno, diversi convogli, alberi, case, gallerie e perfino un laghetto. Tutto regolato da leve e pulsanti di comando.
«È di sicuro un punto ludico, ma anche gli adulti ne vanno pazzi. Andy Luotto quando lo vide mi disse commosso che da piccolo lo avrebbe potuto trovare solo dai ricchi».
E c’è anche la particolarità dei berretti da capostazione che Pino fa indossare ai bambini ma non solo.
Ma l’ex capo area, che nel frattempo ha saputo sconfiggere nuovamente il male che si era ripresentato, ha in serbo altri progetti per il futuro: «Se il Comune vorrà trasferirlo all’interno del Museo ne approfitterò per apportare delle modifiche sostanziali e ammodernarlo, inserendo magari anche la Frecciarossa. E lasciando delle istruzioni che consentano, a chi verrà dopo di me, di trovare la strada spianata. Perché io non sono eterno».

Gianfranco Aurilio
lasiritde.it



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