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Muchachas 2, un romanzo di Khatherine Pancol, Dalai 2014. Recensione M.Coviello |
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8/11/2016 | È il Particolare che fa la Differenza… Così direbbe la giovane Hortense, della "saga della famiglia Cortès". La frase, che spiega il senso della moda, si adatta perfettamente a una scrittrice che ha saputo costruire una storia davvero “particolare”, in grado di “fare la differenza” nel panorama dei best sellers contemporanei. E siamo con Muchachas 2 al secondo romanzo della trilogia che Khatherine Pancol ha dedicato alle “ragazze”. L’universo femminile è raccontato con sapiente leggerezza da questa scrittrice che è tra le più vendute in Francia, pubblica in tutto il mondo e vende milioni di copie. Le ragioni di questo successo sono nella capacità della Pancol di raccontare storie appassionanti di donne che la vita mette continuamente alla prova e che non perdono la forza di lottare per realizzare i loro sogni. In questa seconda puntata della saga perdiamo di vista Stella che lotta contro un padre violento che ha ridotto la moglie in fin di vita e minaccia suo figlio e il suo uomo, costretto a nascondersi, e ritroviamo Hortense Cortès, la figlia di Josephine, che a New Jork è alla spasmodica ricerca di quell’idea, di quella stoffa, di quella linea, che la farà diventare più famosa di Coco Chanel. E questa ricerca la fa litigare con Gary, che vive con lei e vuole diventare un grande pianista. I due giovani sono aiutati e protetti dalla ricca novantenne Elena, che viene da Parigi e ha un passato da nascondere. E’ lei la musa di Hortense, la donna che decide di finanziarla, spingendola a tornare a Parigi.Qui è tornata a vivere Josephine per prendersi cura della piccola Zoe che a sedici anni ha deciso di sposare il suo Gaetan. Josephine è seguita nelle sue lezioni sul Medioevo all’università da un uomo misterioso e scopre che del suo Philippe si è innamorata la cara amica Shirley.
Figura centrale in Muchachas 2 è Calipso, violinista di origini cubane con un passato violento e misterioso che è la partner di Gary nel saggio di fine anno della prestigiosa scuola che entrambi frequentano. Calipso ha” un muso da topo” perché il padre le ha fracassato la mascella, è adorata da uno zio che le ha regalato un prezioso Guarneri e diventa una sirena quando suona con Gary. E anche il ragazzo è sempre più attratto da questa donna silenziosa che con la sua musica gli fa fare i conti con il passato doloroso di bambino abbandonato.
Sì, Khatherine Pancol ancora una volta è tutto questo e molto di più perché sa emozionare il lettore che non può smettere di leggere le sue pagine.
Leggendo le sue numerose interviste ho scoperto che i suoi bestseller sono frutto di una continua e spossante attività di riparazione della realtà, cominciata da bambina tra le palme di Casablanca. «Inventavo continuamente delle storie per astrarmi da quel che vivevo, guardavo le altre persone e mi chiedevo "ma loro come fanno?". L’immaginazione e la curiosità sono le doti che mi hanno salvato allora, e che assieme a qualche altro evento fortunato mi hanno reso una scrittrice».
I suo romanzi sono lunghi, perché i personaggi sono tanti e per renderli vivi bisogna descriverli minuziosamente. Ma in tante pagine non c’è mai un momento di vero scoramento, la vita è ribollio continuo di eventi, emozioni e sorprese. Basta saperle coglierle, e questa è una capacità che si affina in anni di sofferenza. «Lo ha detto Hemingway no? Il miglior sistema per diventare scrittori è avere avuto un’infanzia infelice», dice la Pancol. Un padre molto volubile e instabile, la madre non particolarmente affettuosa, e una tremenda insicurezza economica. «È difficile parlarne perché mia madre è ancora viva... Comunque da bambini io e mio fratello Dominique eravamo immersi in una realtà davvero poco sopportabile. A Casablanca e poi a Parigi raccontavo a lui e ai nostri cugini lunghissime storie nella quali la protagonista Sophie affrontava ogni genere di difficoltà e pericoli.
Katherine Pancol ha un quaderno per ognuno dei suoi tanti personaggi: “I personaggi danzano un balletto nella mia testa… parlo con loro. Loro mi parlano. Li conosco, sono la mia famiglia. Posso parlare con loro sul serio e loro discutono. Mi rispondono! Mi dicono che ho sbagliato, dovrei cambiare quello che ho scritto durante il giorno! Così credo nella magia. Ed è bene! Uno scrittore deve avere più dimensioni, non solo una!”. “Penso che il successo di un libro è quando la mente dello scrittore incontra gli stati d’animo della gente. Non c’è una formula. Scrivo come se stessi raccontando una storia a me stessa.”
Romain Gary fu il primo a leggere quello che sarebbe stato il suo libro d’esordio, Moi d’Abord, cambiandole la vita…« Per caso ci siamo trovati vicini di casa, in rue du Bac. Io avevo vent’anni, lui cinquantanove. Lui anziano e solo, io giovane e selvaggia. Siamo stati amanti per un weekend, e amici per sempre. Viaggiavamo, cenavamo spesso, ci volevamo bene. Appena finito il primo romanzo gliel’ho sbattuto sulla scrivania e gli ho detto “Dimmi se posso farcela”. Dopo averlo letto mi ha detto “Sì, è roba con le palle”. Avrei preferito qualcosa di più elegante, ma insomma era il suo via libera, e adesso siamo qui”.
Katherine Pancol (Casablanca, 1954) giunge in Francia all’età di cinque anni. Dopo aver insegnato lettere classiche, è diventata giornalista, collaborando con Paris-Match e Cosmopolitan. Per Dalai Editore ha pubblicato Gli occhi gialli dei coccodrilli (2009) e Il valzer lento delle tartarughe (2010),Gli scoiattoli di Central Park sono tristi il lunedì” (2011) e la trilogia Muchachas 1,2,e 3( 2014).
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