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L'artista Adriano Galizia (Rotonda) spiega il 'rullismo'

22/08/2016

Adriano Galizia, pittore viggianellese trapiantato a Rotonda, ha raccontato a lasiritide.it i segreti del "rullismo", tecnica pittorea alla base di tutti i suoi dipinti. L'esposizione dinanzi al suo laboratorio è intitolata "La costruzione di un Galizia - Laboratorio in mostra" e rivela con poche parole gli elementi principali della sua arte: lo stile assolutamente personale e il ruolo chiave proprio del suo laboratorio. Concetti che abbiamo cercato di descrivere insieme al significato del neologismo "rullismo".
«Il termine "rullismo" - spiega Galizia - è stato coniato da Egidio Sproviero (noto fisiatra e attuale presidente della squadra di calcio di Castelluccio Inferiore n.d.r.), convinto del carattere rivoluzionario di questa tecnica. Anche perché, a suo avviso inquadrata cronologicamente ad inizio secolo come tutte le maggiori innovazioni artistiche. In sostanza - continua - mi servo del rullo usato per imbiancare le pareti. Chiaramente adopero quello piccolo, tuttavia, qualora dovessi lavorare su grandi superfici, impiegherei quello di dimensioni maggiori. Il rullo - aggiunge - rispetto al canonico pennello, consente in meno tempo di arrivare a determinati risultati, ad esempio nella resa dei chiaroscuri. In realtà - precisa - guardando le opere di Tancredi (Parmeggiani n.d.r.) ho avuto l'impressione che dipingesse proprio così. Magari attraverso uno strumento simile, per cui non credo di essere stato il primo o di aver inventato chissà cosa».
Ma questa è solo la punta dell'iceberg, in realtà per arrivare a ogni singola opera c'è molto di più. Guardando le raffigurazioni esposte, di un volto e di una ballerina, cominciamo a capire di non trovarci difronte semplicemente a uno stile pittorico, bensì a una vera e propria filosofia: «I miei quadri non vanno su ordinazione - sottolinea il pittore -. Se qualcuno volesse il classico ritratto di famiglia deve rivolgersi altrove. Le mie creazioni sono frutto del mio istinto. Ogni opera è diversa dall'altra ed è questo ciò che voglio. E lo stesso vale per i colori. Proprio in quanto mosso dall'impeto del momento, creo anche quelli partendo dai primari, senza comprare gli acrilici cosiddetti nobili. Per intenderci, non uso il blu di Prussia catalogato così perché fu quello di Van Gogh».
Tuttavia, c'è un altro piccolo segreto: «Per dipingere ho bisogno di ascoltare musica, soprattutto rock progressivo. Ma nemmeno per questo aspetto sono il primo e non sarò certo l'ultimo ad averne bisogno per trarne ispirazione. Kandinskij pittava esattamente così».
Un'altra specificità risiede nel piano di lavoro, non la tela ma superfici particolari facendo attenzione anche all'ambiente: «Io uso materiale di scarto che magari andrebbe buttato come potrebbe essere la sezione di una porta vecchia che altrimenti finirebbe nella spazzatura. Ma posso lavorare un pò su tutto, tipo magliette o altro».
Eppure la singolarità di questo artista non finisce qui, ci sono altre peculiarità che lo rendono praticamente unico nel suo genere: «Non sono uno da esposizione in una galleria - chiosa -. L'ho fatto anni fa a Torino ed anche in un luogo prestigioso (nel 2007 ai Chiostri di San Pietro in Vincoli) per farmi conoscere e fui invitato a partecipare anche ad una rassegna a Maratea. Ma in generale mi piace che le persone vengano nel mio laboratorio perché il mio mondo è tutto qui. Inoltre, credo sia la maniera migliore per apprezzare i miei lavori, in quanto preferisco che siano gli altri a cercare la mia arte piuttosto che il contrario. E sono venuti in tanti anche da fuori, con i quali abbiamo anche intrapreso lunghe discussioni che partendo dall'arte andavano in varie direzioni».
Ma parlando di mostre, c'è un piccolo aneddoto da raccontare: «I miei dipinti, grazie a un amico in comune, furono visti da Vittorio Sgarbi in persona e gli piacquero tantissimo, tanto da affermare che era inutile li autografassi perché i colori e materiali usati ne avrebbero qualificato l'appartenenza a prescindere e per sempre, senza bisogno di indicare l'autore».
Galizia continua a riscuotere un grande successo, eventualità che non ne cambia minimamente idee e comportamenti: «Tutto quello che faccio è ciò che sono, se intervenissero altri fattori non sarebbe più lo stesso. Questo modo di pensare ispira ogni mia opera. Tutto è basato sull'istinto, ma impiegato in modo progressivo, nel senso che ogni lavoro varia nel tempo senza essere il frutto di un attimo, bensì di tanti momenti, idee o musiche. Partendo dal presupposto - conclude - che la mia arte debba arrivare a tutti e l'unico modo per riuscirci è usare colori e materiali a basso costo che consentano che le opere costino poco, tanto da divenire accessibili per chiunque le apprezzasse».

Gianfranco Aurilio
lasiritide.it




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