Domenica 21 agosto 2016, alle ore 11.00, ad Aliano, in Palazzo Caporale si inaugura il Museo Paul Russotto, nella sua sistemazione definitiva (84 opere datate 1956-2012), e in Palazzo de Leo l’antologica dell’Opera grafica di Assadour (50 opere datate 1967-2014).
La contemporanea inaugurazione non è casuale. Russotto e Assadour erano amici, si sono incontrati più volte a Parigi, a Matera e a Castronuovo Sant’Andrea ma, soprattutto, testimoniano la scelta dell’Europa, del Mediterraneo, dell’Italia come loro punto di riferimento. Infatti, non sanno fare a meno della memoria e della geometria, della nostalgia, della leggenda, del mito. Il primo, intorno al 1960, quando il fenomeno della Pop Art, abilmente manovrato da Leo Castelli, comincia a diffondersi negli Stati Uniti, ha sedici anni, pratica con passione il disegno guardando a Rembrandt come a un nume tutelare. Il secondo, negli stessi anni, per i suoi studi in Accademia, sceglie prima Perugia e poi Parigi. Entrambi, da New York e da Beirut, imparano subito i rapporti tra la cultura figurativa dei propri paesi di nascita e la storia dell’arte europea, non dimenticando la crisi in cui è precipitata la pittura occidentale. Perciò, mettono al centro della loro formazione il disegno. Nel segno, scoprono e individuano ciò che può essere suggerito alla pittura e all’incisione: una struttura, un metodo, la strada per l’ignoto, la linea diretta con l’inconscio.
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Nato il 28 maggio 1944 a New York, Paul Russotto si appassiona alla pittura prima di compiere 16 anni. Nel 1963 apre il suo primo studio a New York; del 1965 è invece la prima personale a Pasadena, patrocinata dalla sua mecenate Mary Thomas.
Artista colto e autentico nel suo voler continuamente imparare, sperimentare e confrontarsi con l’arte a lui contemporanea e con quella del passato, l’opera di Paul Russotto ha radici profonde nella pittura di Rubens, Courbet, Cézanne, Picasso, Matisse, Mondrian, Mirò, Gorky, De Kooning (di cui è stato allievo), Pollok, Tobey, Diebenkorn. Negli anni ’80 si dedica all’insegnamento e allo studio di varie tecniche artistiche, quali il collage, composto con frammenti di suoi disegni distrutti, e i “lucidi”, da utilizzare come disegni preparatori. Conosce, in quel periodo, molti degli artisti e scrittori legati all’Espressionismo astratto (Philip Pavia, Ibram Lassaw, David Hare, Mary Abbot, Stanley Kunitz), diventati negli anni abituali frequentatori del suo studio e della sua casa dove Ellen, già nello staff del Metropolitan Museum of Art, aveva messo in piedi un grande archivio sulla “Scuola di New York”. Negli stessi anni, stringe preziose amicizie con Vicente Esteban, Milton Gendel, Frank O’Hara, Alan Jones, Stanley Kunitz, Brian O’ Doherty, Gabriella Drudi, Toti Scialoja, Harold Rosenberg, Giuseppe Appella, Frank O’ Hara. Tra il 1983 e il 1986, anno in cui tiene la sua prima personale a New York, elabora, attraverso carboncini, pastelli e gouaches, il processo di cancellazione di una linea in favore di un'altra. Tra il 1994 e il 1997 viaggia molto in Italia, soprattutto in Umbria (compra casa a Todi dove trasferirà il suo studio), e in Francia. Nel 2013, antologica ad Altomonte, per le cure di Alan Jones, tra i più importanti cronisti d'arte della nostra epoca, grande esperto della Scena Pop Art, critico d'arte e autore tra l'altro della più celebre biografia di Leo Castelli.
Paul Russotto ha insegnato disegno e pittura presso la Parsons School of Design, la New York Studio School, l'Albany Institute of Art, ed è stato visiting artist in diversi centri d'arte. Molte le personali nelle gallerie di New York, Washington DC, Albany, Chicago, New Jersey, Philadelphia, Barcellona e Hong Kong, incluse quelle presso l'American Academy of Arts and Letters e la National Academy of Design. Suoi lavori sono esposti nelle collezioni di Ciba-Geigy, General Electric, AP Fritz di Zurigo, Tokai Bank di Chicago, Metropolitan Museum of Art e Brooklyn Museum di New Yok, oltre che nelle maggiori collezioni private americane ed europee, Italia compresa. Paul Russotto è morto in Florida, a New Port Richey, il 23 febbraio 2014.
Assadour Bezdikian, meglio conosciuto con il suo primo nome, lascia il Libano all’età di diciotto anni per iscriversi all’Accademia Pietro Vannucci di Perugia. Prosegue i suoi studi all’Ecole Nationale Supérieure des Beaux Arts di Parigi, dove vive e lavora dal 1964.
Ha tenuto, dal 1968 ad oggi, mostre personali in tutto il mondo (Parigi, Bruxelles, Roma, Pesaro, Trieste, Lione, Firenze, Amsterdam, Novara, Bari, Firenze, Pisa, Grenoble, Göteborg, Tokyo, Ferrara, Lima, Essen, Losanna, Metz, Colonia, Nagoya, Matera, Taipei, Metz, Vicenza, Matera, Spoleto, Seoul, Reggio Emilia, Osaka, ecc.) e ha partecipato a tutte le grandi mostre e biennali internazionali (Cracovia, Parigi, Epinal, Firenze, Venezia, Katowice, Buenos Aires, Bradford, Toulon, Lijubljana, Belgrado), ricevendo numerosi premi di prestigio tra i quali, nel 1984, il Grand Prix des Arts de la Ville de Paris.
Nelle sue opere si dispiegano tutte le forme della geometria, piana e solida (quadrati, rettangoli, triangoli, cerchi, ellissi, piramidi), e accanto a loro stelle, pezzi di arcobaleno, metri, scale, labirinti, anfiteatri. Guardando più attentamente, ecco comparire lettere dell’alfabeto e numeri, scritte, punti e poche figure umane stilizzate, quasi come se fossero dei manichini disarticolati. Nulla sembra trovare un ordine apparente, il cosmo pare impazzito. Provare a svelare i nodi dell’universo misterioso di Assadour, sarebbe come contare i granelli di sabbia. La sua essenza è un enigma senza fine. L’artista, disseminando le sue opere di innumerevoli indizi, a volte identificabili e altre volte no, spinge la capacità di analisi dell’osservatore al limite. Riconosciuto un simbolo, inciampiamo in un altro che ancora una volta ci conduce verso un orizzonte sempre più sfuggevole e l’indovinello ricomincia. In questo universo magico, dentro questo vortice di segni e questa dispersione di oggetti, c’è l’amara constatazione di una disintegrazione del mondo, ma anche, in fondo, oltre il pessimismo, la speranza di un mondo diverso che vale la pena esplorare e abitare.
Assadour ha illustrato molti libri e pubblicazioni, tra cui L’Affaire Lemoine (Parigi, 1968-69), Frammento N.3 (Liechtenstein, 1972), La Vecchiaia Nevica (Milano, 1978), Ombre (Lussemburgo, 1976), L’Oiseleuse (Paris, 1978).
La cerimonia di inaugurazione avrà luogo nella SALA CONVEGNI DEI CALANCHI in via Rocco Scotellaro, alla presenza del Sindaco Luigi De Lorenzo, del Presidente del Parco Letterario Carlo Levi Antonio Colaiacovo, del Presidente della Pro Loco Don Pierino Dilenge e del curatore del museo e della mostra Giuseppe Appella.
Interverranno: Stanislao De Marsanich, Presidente Parchi Letterari, Luca Braia, Assessore Politiche Agricole e Forestali, l’On. Maria Antezza.
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