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No. I giorni dell’arcobaleno. Un film di Pablo Larrain. Recensione di M.Coviello |
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4/08/2016 | Il film del 2012 che vi consiglio, disponibile in rete, è “ No. I giorni dell’arcobaleno “ di Pablo Larrain, un regista cileno che dopo “ Il club” di cui vi ho parlato in un’altra recensione, è sbarcato ad Hollywood e ha girato un film su Pablo Neruda che esce in autunno.
Vi consiglio di non perdere questa pellicola perché domani iniziano in Brasile le Olimpiadi, perché il nostro papa Francesco è venezuelano , perché l’ultima intervista del premier turco Erdogan nella quale minaccia l’Italia per il figlio indagato per riciclaggio internazionale di valuta, mi ha fatto riflettere sulla libertà e la democrazia,sulla lotta politica per l’affermazione dei diritti umani, sulla necessità di comprendere come si ottiene il consenso utilizzando in maniera intelligente i media, in questo caso la televisione.
Siamo nel 1988 e il generale Pinochet è dittatore in Cile dal 73. Larrain ha raccontato questa dittatura con “ Tony Manero “ e “ Post mortem”.
Il generale Pinochet è costretto a cedere alle pressioni internazionali e a sottoporre a referendum popolare il proprio incarico di Presidente (ottenuto grazie al colpo di stato contro il governo democraticamente eletto e guidato da Salvador Allende).I cileni devono decidere se affidargli o meno altri 8 anni di potere. Per la prima volta l’opposizione democratica, che è frammentata in una miriade di partiti, ha accesso quotidiano al mezzo televisivo in uno spazio della durata di 15 minuti. Pur nella convinzione di avere scarse probabilità di successo il fronte del NO si mobilita e affida la campagna a un giovane pubblicitario anticonformista: René Saavedra. Renè è tornato da poco in Cile con il figlio Simon che cresce con l’aiuto di una tata. Ha ripreso i rapporti con la madre, una attivista che viene spesso malmenata dalla polizia per il suo impegno per i diritti civili e che si è rifatta una vita con un altro uomo.
Pinochet ha garantito che il referendum si svolgerà nel rispetto della democrazia e l’opinione pubblica internazionale segue la campagna elettorale con attenzione.
Il giovane propone una campagna leggera, simpatica, divertente :un arcobaleno colorato come e giovani allegri che cantano e ballano.
Una campagna leggera, agile, vivace, come lo skateboard che Renè usa per sfrecciare nelle strade di Santiago come vediamo nella lunga sequenza che chiude il film.
I partiti d’opposizione non solo sono divisi ma vogliono una campagna “impegnata” che mostri il martirio del presidente Allende, le madri dei desaparecidos, gli assalti della polizia.
Appoggiato da un politico intelligente che crede in lui va avanti. Convince i riluttanti e sfonda nell’opinione pubblica democratica che comincia a credere nella vittoria e nella possibilità di cambiamento.
E’ il capo dell’agenzia per cui Renè lavora, l’ avversario del giovane. Subdolo, in accordo con i generali, incomincia a premere sui responsabili della campagna con pedinamenti, minacce velate, incursioni in casa.
Lo spettatore viene trascinato in un’atmosfera di sottile angoscia quando il piccolo Simon è minacciato, quando durante lo spoglio dei voti la polizia si fa minacciosa e presidia il comitato del No, quando improvvisamente viene a mancare la corrente elettrica. Ma alla fine il risultato ufficiale del referendum viene annunciato: il No ha vinto con quasi il 55%. Si può cominciare a credere nella fine della dittatura.
Due scelte raffinate e originalissime contraddistinguono "No". La prima è quella di affidarsi ad una fotografia e ad una regia perfettamente calate negli anni in cui il referendum si svolse, l'altra quella di sovrapporre in numerose scene i volti invecchiati di chi all'epoca partecipò agli spot a quelli dei veri spot in cui appaiono giovani, in un gioco di rimandi raffinato ed emozionante.
La figura di René - un Gael Garcia Bernal trattenuto ma incisivo nel suo procedere - padre premuroso e attivista frenato all'inizio del film, è una figura autentica e sincera, che rende la pellicola ancora più intensa, lontana dagli estremismi e dai fanatismi, fedele alla storia ma ancora di più al pathos cinematografico.
Vi consiglio questo film per riflettere insieme sulla necessità della politica e dell’impegno oggi, nella nostra società liquida, sulla necessità di credere nel cambiamento, sul bisogno che abbiamo di ritrovare speranza in quest’estate che ci rende ansiosi con gli attentati terroristici, le donne che vengono bruciate, la crisi delle banche e adesso “la guerra “ all’ISIS in Libia.
Bella 4 agosto 2016 Mario Coviello
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