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Marco Braico, scrittore per beneficenza: ‘Lo faccio per restituire'

27/05/2016

Nella vita capitano tantissime cose, a volte buone altre meno. Tuttavia, la tempra di ognuno di noi è forgiata non da ciò che accade, bensì da come si affronta.
Quest'ultimo aspetto rende particolarmente affascinante la storia di Marco Braico, torinese figlio di emigranti partiti da Genzano di Lucania nel lontano 1960, docente di matematica e fisica nonché arbitro di serie A di pallavolo, che qualche anno fa si è trovato a combattere ed a vincere contro la leucemia.
Proprio da questa particolare e dolorosa parentesi ha tratto la forza per diventare uno scrittore con l'hobby della beneficenza. Il termine hobby non è usato a caso, perché conoscendolo si nota immediatamente il piacere che prova ad aiutare gli altri. D'altronde, per capire il personaggio basta riflettere sulla causa scatenante il suo girovagare per gli ospedali italiani: ebbene, a differenza di tanti che, avendo sofferto quello che ha subito lui si sentono giustamente in credito con la vita, egli no: Braico, al contrario, si sente in debito.


Come mai ha scelto di dedicare il proprio tempo agli altri?

«Dopo la mia esperienza personale, l'essere riuscito a superare la malattia mi ha fatto pensare che fosse giusto passare il resto della vita a restituire e il modo che ho di farlo non è quello tradizionale, bensì quello di pensare ai pazienti. Io sono un insegnante pubblico per cui non ho le disponibilità economiche di un re o un principe, per cui ho pensato di condividere la mia storia scrivendo questo romanzo, cui ne sono seguiti altri due e fra poco ne uscirà un quarto e con il ricavato compro tutto quello che può servire ai pazienti e che gli ospedali non possono comprare o che decidono di non acquistare, come ad esempio le televisioni o i frigoriferi. A Potenza l'idea è quella di aumentare le poltrone per la chemioterapia. Io so cosa significhi per chi debba fare la chemio avere una poltrona comoda, colorata, piacevole e accogliente. Per cui sarà questa la donazione che vorrò fare al San Carlo di Potenza».

Nel suo lavoro i protagonisti oltre ai malati sono anche i parenti e tutti coloro che circondano chi si cura?

«Innanzitutto, i parenti non sono quelli del malato, bensì quelli della stanza. Questo elemento è importante perché in quei frangenti è come essere catapultati in un'altra dimensione, del tutto diversa rispetto a quella che si vive al di fuori degli ospedali. Non solo, ma i parenti sono i lettori del libro, i parenti sono coloro che consegnano il libro e magari non riescono a leggerlo, sono anche tanti altri che ruotano intorno a questo progetto. È rivolto a così tante persone che a volte io stesso rimango sorpreso dalle tantissime testimonianze che ricevo».

Come mai ha deciso di fare beneficenza in questo modo particolare?

«Detta proprio male, perché preferisco controllare dove finiscono i soldi. Devo essere certo che la mia donazione vada a buon fine e quindi, piuttosto che consegnare il contante, mi faccio dire cosa serva in modo da comprarlo. È un pò quello che accade quando si incontra qualcuno per strada che ti chiede l'elemosina, quando mi capita piuttosto che dargli i soldi gli offro un panino, ma solitamente la risposta è no grazie. Quindi io voglio essere certo di verificare che tutto sia andato per il verso giusto, che ciò che è stato acquistato sia utile, venga usato e che il costo sia accessibile. Non potete immaginare come, a parità di prodotto e anche di modello, io riesca ad abbattere il prezzo anche del 40%. D'altronde non sono costretto a fare nessuna gara, perché scelgo io, compro io e porto io. E nella mia associazione, "la festa dei limoni onlus" e proprio indicato il divieto di dare denaro, insomma ce lo siamo posto come limite».

Ci può fare un breve excursus su quanto comprato in questi anni e ci racconta se c'è qualcosa di cui va particolarmente orgoglioso?

«Tutto è iniziato con una cyclette acquistata con i miei allievi perché sapevo quanto potesse servire. Poi, dove sono stato io a Torino, abbiamo arredato l'intero reparto con dei televisori. Le donazioni sono state tutte belle, tuttavia una di quelle che ricordo più volentieri riguarda delle lenzuola di topolino per i bambini dell'ospedale di Reggio Calabria. Le comprammo, dopodichè andammo a fare i letti con le mamme e ricordo, quando le videro, la felicità dei bambini. Tutto questo spendendo appena trecento euro, per qualcuno il costo di una cena. Lo racconto sempre nelle serate e lo ricordo con grande piacere perché è stato molto emozionante; regalare un sorriso a quelle mamme è a quei bambini mi ha fatto provare delle sensazioni che non dimenticherò mai più».


Marco Braico sarà a Rotonda domani alle ore 18.30 al teatro comunale "Selene" per la presentazione del suo libro "La festa dei limoni", evento promosso dall'Associazione Culturale "I Rutunnari" e dall'ASD Rotonda Volley.


Gianfranco Aurilio



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