In un’Associazione culturale che da anni è presente sul territorio, come una grande famiglia, strada facendo, per il processo inesorabile della vita capita che un fratello-amico abbandoni il percorso terreno.
Un ricordo affettuoso agli amici che, nel giro di pochi anni intensi trascorsi all’ombra della cultura, se ne sono andati in silenzio: Angelo Lippo, Nicola Andreace, Giuseppe Santoiemma, Nicola Caputo, Gianni Amodio, Fedele Massante, Enzo Falcone e oggi Cosimo Greco.
Cosimo voglio ricordarlo a tutti con un articolo di alcuni anni fa scritto durante la presentazione di uno dei quattro testi presentati a Presenza Lucana.
Cosimo Greco, nato a Manduria, laureato in Lettere moderne, ha collaborato con alcune riviste letterarie, vivendo, intensamente, diverse esperienze teatrali, sia come attore sia come regista. È presente in varie antologie poetiche e vanta consensi critici di rilievo e numerosi riconoscimenti in ambito letterario. Le sue pubblicazioni sono iniziate nel 1981. Nel 2006 è uscito, tramite la casa editrice Battei, di Parma, la raccolta di poesie Metafonie & l’altrelune, 1976-2006, con prefazione di Alberto Bevilacqua.
L’autore ha affidato al tempo la sua poesia con la pubblicazione di:
• Tempo giurato,
• Sui labbri del fonte
• Metafonie e l’altre lune
Nella sua poesia sono sempre evidenti gli aspetti della civiltà contadina del salento, dell’ambiente, della famiglia.
Nelle poesie sono ben chiari e dolci i suoni del tempo passato. Le fonie del mondo contemporaneo sono, invece, rappresentate da suoni forti come i rumori,
• degli aerei,
• della guerra,
• delle discoteche,
• delle proteste,
• delle grida, portate in tutte le case dal mezzo televisivo,
• degli stadi,
• dei telefonini,
• della violenza
• delle sfide tra politici
Nella sua prefazione Alberto Bevilacqua scrive che “le liriche di Cosimo Greco hanno l’incisività di comandamenti”.
L’autore ha pubblicato, in lingua dialettale il testo “Stiddi” una raccolta di gran lirismo, pubblicata nel 2008, per le Edizioni di Giuseppe Laterza di Bari, che inizia con le voci, “Uci ti casa mia,/oci ti lu icinu/uci senza ritegnu..” e di tutte le altre che hanno accompagnato il nostro vivere e che il tempo, inesorabilmente, cancella, con un colpo di spugna.
Scrive il prof Valli che “questi brandelli di linguaggio fanno rivivere antichi mestieri ormai desueti ma vivi nella storia dell’anima popolare”.
Gerardo Trisolino, laureato in lettere, saggista e pubblicista con oltre cinquecento pubblicazioni su giornali e riviste, ha tracciato in un suo intervento a Presenza Lucana, un breve ma intenso quadro della prima opera di Cosimo Greco.
Prendendo spunto dal grande Eugenio Montale, ha definito anch’egli Cosimo Greco come “poeta laureato”, non tanto perché provvisto di laurea, ma per la sua formazione culturale. Il gran critico letterario Pancrazi distingue la poesia dialettale e quella in dialetto. I due termini non sono sinonimi, ma vogliono significare modi di esprimersi molto diversi tra loro. Il poeta dialettale usa la poesia in modo ironico, folclorico, caricaturale, mentre il vero poeta scrive in dialetto con una poesia più seria, come quella d’Albino Pierro, il poeta lucano, candidato più volte al Nobel per la letteratura, la cui poesia era universale.
L’opera di Greco è stata recensita da Donato Valli, da Mario Monti, da Walter Vergallo, da Arrigo Colombo, tutti grandi critici letterari.
La poesia in dialetto può attecchire solo, dove c’è tradizione: Cosimo Greco, con la sua arte, è riuscito ad aprire un varco nel dialetto mandurino. In questa cittadina, in effetti, manca una tradizione letteraria secolare, per questo egli è stato un pioniere, inventando, molte volte, un dialetto per descrivere il presente, così ricco di neologismi e di parole anglofobe (televisione, computer, ecc. lemmi inesistenti nel dialetto ma in ogni modo di uso comune). In questo modo il dialetto vive, non è un reperto archeologico, ma lingua viva, che affronta anche il moderno, con nuovi neologismi, moderni termini.
Per Greco la poesia oggi deve essere moralizzatrice, perché si sono persi moltissimi valori; oggi il progresso è confuso con la civiltà, che non sono sinonimi ma due termini che vogliono invece completarsi a vicenda. L’ultimo ricordo a Presenza Lucana è la presentazione del poemetto in dialetto mandurino “La rosa e la trincera: lu ‘quinnici-diciottu”nel quale sono riportate le storie che i contadini del sud, tornati dalla guerra raccontavano. La guerra di trincea è stata il primo vero momento di unione e conoscenza tra cittadini dell’Italia che parlavano, ancora, una lingua diversa.
Metaforicamente si può dire che è stato il fiume di sangue versato e mescolatosi nelle trincee a creare quel senso di amore, unione e fratellanza tra gli italiani che non si era formata durante e dopo l’Unità d’Italia e che si festeggia oggi nel giorno della Liberazione. Le letture di “Stiddi”,” Metafonie & l’altrelune” e “La guerra di trincera” hanno lasciato nel cuore di tutti noi, un ricordo intenso: quello del linguaggio del “poeta laureato” che non si spegnerà mai.
Addio, Caro amico Cosimo, da me e dall’Associazione Presenza Lucana.
Michele Santoro
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