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Recensione di Mario Coviello del romanzo “La ferocia” di Nicola Lagioia

25/04/2016

Con il libro che vi presento, “ La Ferocia”, di Nicola Lagioia, Einaudi 2014, premio Strega 2015, ho avuto un rapporto difficile e tormentato che va avanti da mesi. Ho cominciato a leggerlo e l’ho lasciato. Ma dopo” La Ferocia” non riuscivo a prendere in mano un altro libro.” La Ferocia” mi ha disturbato fina dalle prime pagine. Per Nicola Lagioia non ci sono buoni, solo vittime e carnefici, e vittime che diventano a loro volta carnefici.
“ La ferocia” è la storia della famiglia Salvemini barese. E’ la storia di un legame “malato” tra un fratello e una sorella Michele e Clara che hanno lo stesso padre ma non la stessa madre.”Sono i due figli sbagliati, le bombe ad orologeria chiuse nel cuore della famiglia Salvemini. Loro odiano la propria famiglia, si riconoscono l’un l’altro, e stringono silenziosamente un’alleanza.”(intervista all’autore ne “Il libraio http://www.illibraio.it/lagioia-ho-scritto-la-ferocia-come-fosse-una-questione-di-vita-o-di-morte-8018/).
E’ la storia di Vittorio imprenditore rampante e senza scrupoli, un pescecane che nuota tra affari edilizi , magistrati senza scrupoli, giornalisti rampanti .
Clara muore e il fratello , nella seconda parte del romanzo va alla ricerca della verità . E questa ricerca lunga, implacabile, che scopre un verminaio di collusioni, ricatti, interessi si concluderà con la scoperta di una verità che travolge definitivamente tutta la famiglia.
Il romanzo con le sue quattrocentoundici pagine chiede al lettore impegno, concentrazione, anche perché ciascuno dei protagonisti racconta dal suo punto vista e il lettore deve tornare indietro, collegare, riannodare i fili.
Le anime dei protagonisti, di tutti i protagonisti, quelli principali e quelli secondari sono messe a nudo, con ferocia e per ciascuno non vi è salvezza alcuna.
E’ la storia del sud d’Italia. “ Il Sud è anche quest’inganno….un parte più grande del tutto che dovrebbe contenerla” (pag. 319). Un sud violentato, inquinato. La Puglia di Lagioia è quello dell’Ilva di Taranto ma anche quella del Salento e di Margherita di Savoia, dove i meravigliosi fenicotteri rosa agonizzano e ..”un buon numero di pivieri iniziò a precipitare all’improvviso. Morivano in volo…” perché..” i loro sensi non erano fatti per associare ai fili d’erba e alle nutrienti acque fangose elementi come cobalto, piombo e manganese..”(pag.317)
E concludo facendo parlare l’autore (“Il libraio http://www.illibraio.it/lagioia-ho-scritto-la-ferocia-come-fosse-una-questione-di-vita-o-di-morte-8018/)
“Sono uno scrittore lento, ci metto tempo per mettere a fuoco le mie urgenze più eclatanti e i miei bisogni più profondi. Quello che più desidero scoprire è quello che più temo di portare alla luce. Il mestiere dello scrittore mi è sempre sembrato una via di mezzo tra quello dello scienziato e quello dell’esorcista…”.
Che obiettivi si era posto per “La ferocia”?
“Volevo che fosse un romanzo di grande intensità emotiva, ma anche molto leggibile, e al tempo stesso che si servisse di tecniche di incastro narrativo e drammaturgia efficaci, al tempo stesso inattuali e modernissime. Per farlo, ho lavorato quattro anni senza pause. …Ho scritto ‘La ferocia’ come fosse proprio una questione di vita o di morte, e in un certo senso lo è stata.”.
Come scrive le sue storie?
“Devo calarmi nei panni di tutti i personaggi che popolano il romanzo che scrivo, anche i più spregevoli. Divento simile e fratello di tutti loro. ‘La ferocia’ è pieno di personaggi spregevoli, o che fanno cose spregevoli. …Se scrivo di un assassino devo calarmi nei suoi panni. Non devo necessariamente aver ucciso qualcuno in vita mia, ma (questo sì) devo andare a recuperare l’assassino che c’è in me, che esiste ma per fortuna è inattivo. Se descrivo un vigliacco, devo riacciuffare qualche mio passato atto di vigliaccheria, cose che ho fatto e di cui avrei dovuto vergognarmi. E’ un lavoro abbastanza duro sul piano emotivo. A questo si aggiunge un lavoro ancora più duro su lingua e struttura”.
Un ruolo importante nella trama lo ha Michele, il fratellastro di Clara…Cosa c’è di Nicola Lagioia in questi due personaggi?
“Tutto. Clara e Michele sono io. E’ il mondo che mi ha circondato durante infanzia, adolescenza, prima giovinezza. Michele ha sofferto di problemi mentali, probabilmente una forma non devastante – ma invalidante sì – di schizofrenia, in certi casi la diagnosi non è così certa. Io di parenti con problemi mentali ne ho avuti in tutti i rami della famiglia ….la mia famiglia non è composta da due rami, ma da tre, quattro, cinque, tutti afflitti da una certa luccicanza)”.


Autore di Poesia on-line, volumetto allegato all’Annuario della poesia italiana curato da Giorgio Manacorda (Castelvecchi, 2001), per minimum fax (per cui dirige "nichel", la collana di narrativa italiana) ha pubblicato nel 2001 il suo primo romanzo, Tre sistemi per sbarazzarsi di Tolstoj (senza risparmiare se stessi). Per Fazi ha pubblicato il saggio Babbo Natale. Ovvero come la Coca Cola ha colonizzato il nostro immaginario collettivo (2009). Ha pubblicato racconti in varie antologie: Patrie impure (Rizzoli 2003), La qualità dell'aria (minimum fax, 2004) che ha curato assieme a Christian Raimo, Semi di fico d'India (Nuovadimensione, 2005), Periferie(Laterza, 2006), Deandreide, dedicata a Fabrizio De André (Biblioteca Universale Rizzoli, 2006), Ho visto cose (Biblioteca Universale Rizzoli, 2008), La storia siamo noi (Neri Pozza, 2008). Per Einaudi ha pubblicato Occidente per principianti(2004), Riportando tutto a casa (2009, con cui si aggiudica il premio Siae, il premio Vittorini, il premio Volponi, il Premio Viareggio 2010 per la narrativa) e La ferocia (2014), grazie al quale vince il Premio Strega 2015.
Bella 25 aprile 2015. Mario Coviello




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