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Il libro di A. Alfano 2Chi ha paura non è libero –La guerra contro il terrore" |
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12/12/2015 | Il libro di Angelino Alfano 2Chi ha paura non è libero –La guerra contro il terrore” di 192 pagine edito dalla Mondadori ed acquistabile al prezzo di 20 euro, mette in rilievo che il 7 gennaio 2015 la strage terroristica nella sede del settimanale satirico "Charlie Hebdo" ha traumatizzato la Francia e scosso l'Europa. Pochi giorni dopo, il ministro dell'Interno Angelino Alfano era accanto ai suoi colleghi europei nel corteo che ha percorso le vie di Parigi per dire no alla violenza e rivendicare il diritto alla libertà di opinione e a non avere paura.
L’Italia sta facendo la sua parte, consapevole che su questo terreno si gioca una partita decisiva per debellare l’odioso virus che il terrorismo pretende di iniettare nel corpo delle società democratiche. Il 19 marzo scorso, il nostro ministero degli Affari esteri ha ospitato la prima riunione del Gruppo di lavoro sul contrasto al finanziamento dell’is, di cui abbiamo assunto la presidenza insieme a Stati Uniti e Arabia Saudita. Nel solco tracciato dalle Nazioni Unite, i rappresentanti di 26 Paesi e organismi internazionali hanno elaborato a Roma un piano d’azione che” identifica e stabilisce misure concrete” da attuare al fine di drenare le fonti di reddito, la capacità di trasferire fondi e, più in generale, la sostenibilità economica» del sedicente Stato
islamico, articolandosi lungo quattro principali direttrici1) prevenire l’utilizzo da parte dell’is del sistema finanziario internazionale, inclusi i trasferimenti non regolamentati di rimesse; 2) contrastare l’attività estorsiva dell’is e lo sfruttamento di assets economici e risorse – petrolio, prodotti agricoli, beni archeologici e del patrimonio culturale, depositi bancari– che si trovano o transitano nel territorio del Daesh (acronimo arabo dello Stato islamico), o provengono dalla regione circostante; 3) interrompere il flusso di fondi provenienti dall’estero, inclusi quelli riconducibili a donazioni esterne, combattenti stranieri (foreign fighters) o derivanti da rapimenti a scopo estorsivo; 4) impedire che il Daesh possa prestare assistenza finanziaria o supporto materiale a gruppi terroristici in altre part del mondo e a L’Islamic State si rivela dispensatore di morte e di pane. : Terrore e consenso rappresentano i perni attorno ai quali ruota l’intera strategia del “Califfo”, ben consapevole che una politica ispirata solo alla cieca violenza produce assoggettamento ma non sostegno, dominio ma non legittimazione. Dare fondamento al processo di creazione di uno Stato islamico che vuole riconoscersi nel motto “Baqiya wa tatamaddad” (Restare ed espandersi) implica necessariamente un’opera di coinvolgimento delle popolazioni che vivono nei territori occupati .Una delle ragioni per cui ci troviamo ad affrontare tale difficoltà è che, per troppo tempo, molte persone in Europa hanno avuto un atteggiamento indifferente. Oggi stiamo pagando le gravi conseguenze della nostra indifferenza. In un certo senso, è normale. Basti pensare alla parola “sicurezza”
Essa deriva dal latino securitas, che significa “libertà dalle preoccupazioni”. Per secoli, tale etimologia ha modellato strategie. I popoli chiedevano ai propri governi soltanto di tenere a bada il nemico. A loro non importava quello che stava succedendo in un altro regno, anche vicino. La sicurezza era garantita da fortezze e mura. I generali erano una sorta di ingegneri, cui spettava costruire ponti levatoie trincee. La gente si sentiva protetta, incurante delle tragedie che colpivano altri Paesi, ignara delle minacce lontane. E questo è “normale”, perché è molto più facile distogliere lo sguardo dalla disperazione altrui quando si è al sicuro. Dall’11 settembre, le vecchie certezze non sono più incrollabili. Abbiamo capito che la sicurezza non può più essere garantita in nessun angolo del mondo. Barriere, muri
e frontiere non sono più in grado di proteggerci nel momento in cui nuove minacce, quali il terrorismo, il traffico di esseri umani o la criminalità organizzata, provengono dall’interno della nostra società. Dopo l’11 settembre la situazione della sicurezza in Europa è molto peggiorata, come tristemente indicato dall’elevato livello di allerta in tutti i nostri Paesi e dalla cronologia degli attentati terroristici che, nel corso di questi ultimi anni, non hanno risparmiato i simboli dell’Europa, i luoghi chiave della nostra vita comune e dell’identità comunitaria.
Gli europei sono stati anche vittime di vili attentati mentre erano in vacanza, come è successo ad alcuni turisti italiani e britannici uccisi a Tunisi presso il Museo nazionale del Bardo e sulla spiaggia di Sousse. Il mondo è cambiato. E i cittadini europei non possono più permettersi di ignorare quello che succede ai siriani e agli iracheni massacrati dall’is; ai nigeriani, schiavizzati da Boko Haram; agli eritrei, oppressi nella loro patria; alle minoranze cristiane dislocate in Medio Oriente; ai prigionier yazidi, che preferiscono suicidarsi piuttosto che essere trattati i come carne da macello nella guerra civile a cavallo tra la Siria e l’Iraq.
Il recente attentato compiuto da alcuni fanatici dell’Is. a Parigi ha allertato ancora i paesi più a rischio che si sono adoperati per adottare misure di sicurezza e cercare di sconfiggere il terrorismo di matrice islamica e garantire pace e serenità.
Biagio Gugliotta
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