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Semiramide, regina non soltanto degli Assiri |
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4/11/2010 | In questo nuovo clima letterario molto influenzato dalla politica, il movimento di maggior consistenza e diffusione appare il “ dolce stil novo “, che annuncia già nella denominazione la sua peculiarità ; alla sua base c’è infatti persino l’elaborazione compiuta di una sua propria “ poetica “ , la cui nota caratterizzante è la “dolcezza” dei toni , del ritmo, dello stesso sentimento amoroso : si mescolano in esso la ricerca della perfezione stilistica (semantica e lessicale) ed una intensa spinta emotiva, sentimentale, che cederà poi il passo ad una forte esigenza di raziocinio. Le forme espressive caratteristiche di questo periodo erano la canzone, il sonetto e la ballata.
Ho volutamente lasciato per ultimo un genere letterario che , pure appartenente a pieno titolo alla tradizione letteraria illustre della latinità, non sembra assurgere, in questi due secoli del medioevo, ad alti livelli di produzione e di fattura culturale : alludo alla satira, inclusa dagli storici di questa fase nel genere della poesia popolare e giullaresca, da antichissima data riconosciuta congeniale alla nostra stirpe ( l’italicum acetum di oraziana memoria ) ora frammista ad altri generi, ma pur sempre viva e pungente.
Su tutti ed in ogni genere della nostra storia letteraria però s’impone e sopravanza Dante Alighieri, la cui data di nascita presenta ancora oggi molta incertezza. Si ipotizza sia nato a Firenze tra il 21i di maggio ed il 20 di giugno del 1265. Dante inaugura il suo dolce stil novo dopo aver condotto moltissimi esperimenti su vari modelli o canoni di stili letterari. Qui per noi è interessante rilevare, en passant, come tutti e tre gli esponenti più autorevoli della poesia duecentesca siano stati esiliati per motivi politici. Nell’immaginario comune più diffuso la figura del poeta viene spesso vissuta e rappresentata come quella di un molle ed effeminato intellettuale, dai modi ostentatamente elaborati , pavido, tendente a porsi al riparo da ogni forma di pericolo. E invece la storia ci smentisce clamorosamente e ripetutamente : ci tramanda, ad esempio e per rimanere in tema, un Dante che prendeva parte con impegno persino fisicamente alle battaglie nel corpo scelto dei feritori a cavallo, mostrandosi accanito antipapale e irriducibile politico. Sarebbe molto lungo l’elenco delle testimonianze di tal genere : ossia di letterati che, con composizioni di diverso genere, dalla narrativa alla poesia, ma in particolare con la satira , alimentano l’insorgenza e lo sviluppo di movimenti di opposizione e di rivolta anche cruenti -. Ancora oggi ben pochi intellettuali si astengono dal prendere parte, ciascuno a proprio modo e per propria convinzione, alla vita politica, ritenendo la lotta politica , oltre che ineguagliabile terreno per definire ed esprimere i sentimenti e le idealità che agitano il loro animo, anche strumento efficace per combattere importanti battaglie di civiltà .
Jean-Marc Nattier : La musaTalia(1739)
( Wikipedia )
A questo proposito ( ed eccomi giunto al dunque ), penso sia calzante evidenziare come nella lotta politica nostrana sembra essersi affermato un fenomeno letterario curioso e nuovo : almeno da un paio di decenni, è dato a tutti di poter constatare : nelle composizioni e rappresentazioni satiriche tutte nostrane, nume ispiratore della satira non è più la mitica musa Talia, il cui culto si era gradatamente spento, L’altare ( o la scena ) è ora saldamente occupata da un politico di pari potenza ispiratrice che, nonostante la sua vantata origine celtica ( un lombardo verace, d’origine controllata ) , sembra aver convinto i cuori padani ( potrebbero testimoniarlo sia Bossi che Calderoli, suoi affezionati mallevadori ) che ben si coniuga questa sua attività di capo del governo con l’istrionismo faceto, di cui si dichiara dotato e del quale peraltro fa largo uso, ponendo alla sua produttività un solo limite: che vi sia spazio per la cura – vera e molto seria, questa volta - dei suoi privati quanto vasti interessi : beninteso: non certo letterari !
E’ inutile negarlo : Berlusconi, col suo comportamento, é fonte inesauribile di stimoli creativi ai cultori della satira tanto da rendere del tutto superflua , almeno in questo momento storico della vita politica nazionale, ( certo, da tale angolazione si guarda con preoccupazione al futuro ) l’invocazione a Talia da parte degli artisti e dei poeti satirici. Certo, vi sono accaniti “ oppositori “, impudenti denigratori delle sue qualità e delle sue rappresentazioni : soggetti che, a detta dei suoi estasiati fans, sono del tutto privi di humor , dotati di così scarso gusto artistico che proprio non hanno capacità di apprezzare il connubio così spettacolare di facezie ed affari, ossia la “ poikilia “ o, più semplicemente, la contaminatio, intesa come commistione creativa di diversi generi rappresentativi, che in lui raggiunge l’ineguagliabile ! A ben vedere, però, forse nemmeno loro hanno colpa se mancano di questa attitudine ! E del resto, il loro contrasto alla creazione circense è poco più che un vagito, che vale loro appena la menzione giornaliera dei media. D’altronde, di più non sembrano desiderare. L’importante è figurare nella lista di coloro che si sono visti per televisione : prima o poi qualcosa accadrà, dovrà accadere ( Oh troppo ardito ! Il tuo valor ti perderà ….premonisce Omero - Iliade VI, trad, Vincenzo Monti) basta lasciarlo recitare a soggetto . Silvio non ha bisogno d’altro o di altri. Fa tutto da solo: persino il Parlamento è per lui soltanto un ingombro, una perdita di tempo, una spesa ingiustificata. Meglio sarebbe sostituirlo con un’agenzia di sondaggi : si saprebbe cosa fare o non fare, sempre ed in tempo reale !
La sua creatività in fatto di escamotages per sottrarsi ad esempio alla grinfie giustizia, è ormai leggendaria, non ha eguali i . O meglio: per trovare un degno emulo bisogna andare molto lontano nel tempo ( certo sorprende che già allora ….c’era tanta fantasia della trasgressione ! ), dobbiamo giungere a personaggi che appartengono ormai al mito, come ad esempio ( perché ci giunge a proposito ) la divina regina Semiramide, che nel nostro caso ( ma per questo solo aspetto, per fortuna! ) può essere da noi assunta ad emblema della sconfinata capacità creativa nella legiferazione. A ricordarcela in questa veste in modo lapidario è, fra gli altri, il nostro grande vate Dante che, purtroppo, è obbligato ad assegnarle un posto nell’Inferno, troppo poco apprezzando, pur facendone menzione, la sua originale inventiva giuridica : perché stare lì a cercare e condannare chi commette reati soprattutto di condotta morale, di per sé notoriamente molto appetibili, come appunto accadeva nella vita alla regina ?: Con intuizione geniale ella pensò che sarebbe bastata una riforma , una vera riforma, ovviamente, dei costumi : bastava, molto semplicemente, abolire il reato ! Ecco il vero scoop legislativo ! Rimosso il reato, rimossa la colpa e quindi la pena ! Ecco fatto ! Il piagnisteo degli onesti ? Peggio per loro ! I pavidi non hanno mai ragione !
A distanza di millenni, si è del tutto dimenticato o volutamente cancellato dalla coscienza quanto é stato rappresentato sia pure in pochi ma significativi versi dal nostro grande cantore, quando con pochi tratti ( o colpi di scalpello ) ci riesuma e raffigura a tutto tondo la regina Semiramide “ A vizio di lussuria ...sì rotta che libito fè licito in sua legge, per torre il biasmo in che era condotta.” : Una evocazione che torna attualissima, dopo tanti secoli di sopore ( ritenuta ormai non adeguata, addirittura risibile qualche analoga performance del famigerato regime: ) come non riconoscere ancora oggi nelle cosiddette leggi ad personam lo spirito vero di quell’intuizione? Rendere legale l’illegale, legittimare ciò che per sua natura o per statuizione collettiva è ritenuto immorale, o comunque inaccettabile, assumere in breve a base del nostro diritto - che non è difficile prevedere avrà grande e rapida espansione, data la forte carica propulsiva di quella innovazione così promettente ! - quanto costituisce l’esatto contrario della millenaria concezione della giustizia : il privilegio, eretto a sistema. Fare assurgere quindi al rango di legge, quel principio di esclusione - una sorta di “ valvola di sicurezza giuridica prim’ancorab che politica ” - che consente di condonare ex ante alla divinità politica di turno tutto il male che persegue nel mentre si costruisce e tutela il proprio tornaconto : le famigerate leggi, emanate a proprio personale vantaggio, o per dirla ancora una volta con Dante, per rendere licito con propria legge ciò che consente di togliere il biasmo ( ossia la pena, ossia il carcere ) alla propria condotta criminosa . In questo modo - dicono taluni con candore da galeotti inveterati o, ancor peggio, da lestofanti prezzolati ( ovviamente, stiamo solo ipotizzando !) – il nostro non più fedifrago legislatore, chiunque esso sia, distoglierebbe la sua preziosa attenzione dai propri interessi e magari penserebbe finalmente anche agli altri, ai suoi sudditi fedeli, ad esempio, ai quali elargire tutto ciò che può soddisfarli ( anche se taluni “ di tutte brame sembra(no) carch(i) per cui dopo (i)l pasto ha(nno )più fame che pria “ Perché dunque una così semplice geniale soluzione viene osteggiata ? Perché forse ognuno vorrebbe esservi compreso ? Tutta colpa di quel deplorevole principio di uguaglianza, come se davvero tutti gli uomini – per giunta, senza eccezione alcuna - possano mai essere veramente uguali !
Antonio Salerno |
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