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Don Camillo Perrone: Antichi agricoltori di Senise |
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13/11/2011 | Dalla ubertosa e popolosa patria del celebre poeta Nicola Sole, dalla Valle del Serrapotamo e Sinni alla Valle turistica del Frido ove è sita San Severino Lucano, nel cuore della notte partivano carovane di uomini e muli ansanti sotto il peso del carico dei prodotti della terra. Questi agricoltori, dopo un percorso difficile ed accidentato, giungevano a San Severino Lucano alle prime luci dell'alba.
Verso le ore 8 iniziava il commercio dei loro prodotti agricoli (un vasto assortimento). Tira e molla da parte degli acquirenti sanseverinesi, poveri e parsimoniosi e i rispettivi venditori a difendersi, ma poi generosi a dare a basso prezzo.
Col viso solcato e stanco, oppressi dal sonno tornavano a Senise, nel pomeriggio domenicale o festivo, dopo un magro spuntino. Che scene! Mi viene da piangere e dico col cuore in mano:”Grazie, cari agricoltori di Senise e perdonate la forzata avarizia”.
Andata e ritorno Senise-San Severino e viceversa (oltre 50 km) in condizioni meteorologiche spesso poco favorevoli. E oggi con i comodi e veloci messi di trasporto automobilistico addio ai disagi, addio ai muli e alle mulattiere! Ricordare ora tutto ciò giova moltissimo.
Gesù è “l'Amico degli agricoltori”. Infatti, non solo Egli prediligeva la vita campestre, tanto da scegliere appunto un luogo campestre (Luca, VI, 17) per promulgare le Beatitudini, che sono lo statuto del suo Regno; non solo amava prendere dall'agricoltura le sue stupende parabole; ma un giorno giunse perfino a dire:”Il Padre mio è agricoltore” (Giovanni, XV, 1)! Pensate, il Figlio di Dio, fatto Uomo, chiama agricoltore il suo Eterno Padre! Ma basterebbe questo solo fatto per costituire un vanto ed un titolo di nobiltà per gli agricoltori di tutti i luoghi e di tutti i tempi.
Un mondo che via via che lo riscopriamo manifesta ricchezza di contenuti umani, molteplicità di valori morali ed estetici, e drammatica rappresentazione della vicenda esistenziale di popolazioni povere, arroccate sulle creste dell'Appennino Lucano: chiara documentazione di una cultura e di una civiltà che furono della nostra gente cui noi vogliamo rivolgerci, non per nostalgia e per tornare indietro ma per saldare la promozione civile della società odierna, in una ideale continuità, alla cultura dei nostri padri; per soddisfare esigenze spirituali dell'uomo attraverso il processo interiore di riconoscimento.
Sulla base di questo indirizzo che tende a rilanciare una questione sopita: l'agricoltura, ed a recuperare le esperienze passate contadine della nostra regione, riteniamo che sia possibile istituzionalizzare, con il concorso del mondo accademico locale, usando tutta una serie di percorsi e di fonti nuove ed antiche: testimonianze orali e scritte, fotografie, attrezzature di lavoro, l'itinerario delle esperienze vissute nell'esercizio delle loro funzioni dai nostri antenati, prevalentemente a vocazione contadina, con l'intento di tutelare le radici di una civiltà in profonda crisi di valori.
Ricordare ora queste cose significa descrivere la storia del lavoro umano, con cui si richiamano alla nostra mente fatica, miserie, enormi sacrifici, marginalità sociale, subalternità economica e culturale; tuttavia ci sembra doveroso considerare, tra l'altro, la perdita di quello spirito di iniziativa e di sacrificio nonché di impegno che caratterizzava anche una piantagione o la semplice forgiatura di un ferro o di un pezzo di legno.
Ho appena accennato alla storia tribolata dei nostri nonni e bisnonni da narrare agli ignari e benestanti nipoti dei giorni nostri.
Don Camillo Perrone
Parroco emerito di San Severino Lucano
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