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Silvio Truzzi “ Un paese ci vuole - Sedici grandi italiani si raccontano” |
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8/08/2015 | Il libro di Silvio Truzzi “ Un paese ci vuole - Sedici grandi italiani si raccontano” edito dalla Longanesi mette in rilievo che se i quarantenni si sono presi il potere - come è normale che sia - brandendo la brutta parola "rottamazione" come una clava nei confronti delle generazioni precedenti, non potranno mai vivere in quel Paese colto, curioso, libero e pieno di fermento che hanno vissuto loro.. Un fastidio contro la nuova classe dirigente che percepiscono grossolana e senza un'idea di Paese. Mentre loro hanno toccato con mano la ricostruzione dell'Italia alla fine del fascismo prima e la crescita della Repubblica dopo.
I grandi vecchi - e il vecchio in questo caso è un valore per la memoria lucida che conservano di una certa Italia - sono Andrea Camilleri, Luciana Castellina, Guido Ceronetti, Pietro Citati, Gherardo Colombo, Massimo Fini, Vittorio Gregotti, Claudio Magris, Dacia Maraini, Piergaetano Marchetti, Piero Ottone, Giampaolo Pansa, Stefano Rodotà, Giovanni Sartori, Emanuele Severino, Gustavo Zagrebelsky.
Tale smarrimento culturale ha colpito inevitabilmente anche la classe politica. Dice il presidente emerito della Corte Costituzionale, Gustavo Zagrebelsky: "La classe dirigente - intendo coloro che stanno nelle istituzioni, a tutti i livelli - è decaduta a un livello culturale imbarazzante". La ragione secondo il giurista è semplice: "Di cultura politica la gestione del potere per il potere non ha bisogno. Sarebbe non solo superflua, ma addirittura incompatibile, contraddittoria". E poi arriva il paragone, lapidario, con i politici che hanno guidato la ricostruzione dell'Italia: "Parri, Nenni, De Gasperi, Einaudi, Togliatti, per esempio - afferma Zagrebelsky -. Se li mettiamo insieme non è perché avessero le stesse idee, ma perché ne avevano, e le idee davano un senso politico alla loro azione".
Dalla mancanza di cultura e di senso civico il passo verso il menefreghismo e la maleducazione è breve. A ricordarcelo è il giornalista Massimo Fini, senza giri di parole, come sua abitudine: "Siamo un paese maleducato - afferma -. Le persone si fanno continuamente sgarbi senza neanche rendersene conto, non esiste il rispetto dell'altro". Secondo lo scrittore Andrea Camilleri - che l'autrice ci ricorda va a trovare una volta all'anno - "la febbre è alta. Siamo in un momento di decadenza - dice il creatore di Montalbano -: la crisi della politica rappresenta la crisi della società".
Da tutto questo emerge che il nostro paese vada riformato in toto dal problema occupazionale che continua a languire ed a fare vittime in particolare giovani in cerca di prima occupazione, e meno giovani che hanno perso il lavoro, alla riforma della burocrazia e della giustizia molto lente e macchinose.
Per non parlare al problema della micro e macrocrimianalità e soprattutto quello degli immigrati che vanno ad ingrossare la schiera dei disoccupati e cioè di quello che Karl Marx definiva “L’esercito industriale di riserva” ed i politici italiani dovrebbero collaborare per cercare una soluzione a tutti questi problemi.
Biagio Gugliotta
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