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Presenza lucana e i percorsi della transumanza nella terra delle gravine

27/02/2014

Ritorna per “I Venerdì Culturali di Presenza Lucana”, dopo “La Basilicata tra XIX e XX secolo”, la cartella Diaforum con uno studio svolto da Antonio Greco sul fenomeno della transumanza nella terra delle Gravine e non solo.
L’appuntamento si svolgerà nella sede di Presenza Lucana, in Via Veneto 106/A, Venerdì 28 Febbraio, con inizio alle ore 18.30 e con ingresso libero. Introdurrà l’argomento Michele Santoro.
La transumanza è la migrazione stagionale delle greggi, dalle zone collinari e montane verso i litorali pianeggianti e viceversa.
Questo trasferimento si svolge all'inizio della stagione calda, per andare in cerca di zone fresche dove poter trovare dei pascoli verdi per il bestiame, prendendo il nome di “alpeggio”. All'inizio della stagione fredda, si transuma nuovamente verso la pianura più calda, prendendo il nome di “monticazione”.
L'antica pratica della transumanza rivive, ogni anno, ormai solo in pochi posti, con lo spostamento delle greggi, delle mandrie e dei pastori. Il legame tra uomo, animali e natura è espresso in tutta la sua antica forza e costituisce un esempio interessante di risposta adattativa dell'uomo alle sfide lanciategli dalla natura. Essa si connota fisicamente soprattutto nella persistenza di percorsi prefissati seguiti dalle greggi, noti come tratturi, funzionalmente integrati sia nell’organizzazione della viabilità generale sia nella distribuzione degli insediamenti. Le vie di lunga percorrenza, longitudinali e parallele alla costa, che consentivano il collegamento con la dorsale appenninica: i più importanti erano quelli che in seguito avrebbero assunto le denominazioni di Tratturo Tarantino (coincidente con il percorso dell’antica Via Appia) e di Tratturo Martinese. Il viaggio di trasferimento dura giorni e si fanno soste in luoghi prestabiliti, noti come “Stazioni di posta”

I primi a percorrere i tratturi, e quindi a definirli, furono, probabilmente, i grossi animali selvatici, che nel corso delle glaciazioni compivano le loro migrazioni stagionali fra l’Appennino e la costa. Nel corso dell’Età del Bronzo (secondo millennio a. C.), con la fioritura della Civiltà Appenninica e la presenza di gruppi di pastori seminomadi stabilmente dediti alla transumanza, si assistette alla creazione di sistematici collegamenti fra i territori litoranei e l’entroterra italico. Fu in tale frangente che i tratturi assunsero il ruolo d’importante via di comunicazione.
In età romana la transumanza divenne una funzione economica strategica che indusse le autorità a prevedere, per la prima volta, una vera e propria struttura organizzativa che, decaduta nel corso del Medio Evo, tornò in auge con gli Angioini.
Nelle aree murgiane la zootecnia specializzata rimase elemento guida nel panorama economico per cui il bestiame grosso (bovini e equini) continuò nei suoi rituali spostamenti fra la Murgia e la Montagna, termine che genericamente indicava sia l'Appennino, sia la più vicina Alta Murgia sino alla metà del Novecento.
In Basilicata la vacca Podolica è tra le popolazioni bovine che maggiormente mantiene caratteristiche originali, ed è considerata la più rustica tra le razze italiane.
Da secoli la Podolica rappresenta uno degli elementi caratteristici del paesaggio collinare e montano della regione Basilicata e la sua figura è da sempre legata alla storia delle genti lucane e della transumanza.
Lo spostamento della mandria, con pastori e cavalieri rende la migrazione, un evento imperdibile e davvero emozionante.
Nel tempo si è formato, intorno alla transumanza, un patrimonio comune, di grande valenza culturale, di riti-religiosi, di linguaggi, di tradizioni, di costumi, che va esplorato, approfondito e valorizzato creando una ricostruzione originale e innovativa d’itinerari storici, religiosi, culturali, enogastronomici e turistici.
I tratturi sono candidati a far parte del “Patrimonio Unesco”: un grande impegno per proteggere, valorizzare, trasmettere alle nuove generazioni, i tesori più preziosi della natura, arte e cultura dell’uomo.



Michele Santoro



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