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Al Musma disegni, bozzetti e acquetinte di Nino Ricci

20/07/2013

Mercoledì 24 luglio 2013, alle ore 18.00, al MUSMA. Museo della Scultura Contemporanea. Matera, nella Saletta della Grafica, si inaugura la mostra di disegni, bozzetti e acquetinte di Nino Ricci (Macerata,1930) realizzate per l’Acqua Domestica, una raccolta di poesie di Eugenio de Signoribus edita da Cento Amici del Libro, Milano 2007. Degno contorno delle opere grafiche, la scultura donata da Ricci al MUSMA dal titolo Dal ciclo di Tlön, realizzata nel 1996 in cartapesta.
La mostra parte in contemporanea con l’inaugurazione a Macerata, nei Musei Civici di Palazzo Buonaccorsi, alle ore 18.00, della mostra Nino Ricci. Le metamorfosi della geometria. Opere dal 1957 al 2013, promossa dal Comune di Macerata in occasione del Macerata Opera Festival. L’antologica dedicata all’artista marchigiano, curata da Giuseppe Appella, comprende cento dipinti, due sculture, trenta tra acquarelli, disegni e collages, quattordici libri d’artista che raccontano più di mezzo secolo di lavoro, compiuto sempre a Macerata, senza mai subirne le conseguenze e le fratture, proprie della provincia, eliminate mediante ripetuti contatti con le maggiori capitali europee e con personaggi quali Ivo Pannaggi, Osvaldo Licini, Carlo Belli, Fausto Melotti, Vanni Scheiwiller e un selezionato gruppo di poeti, storici e critici d’arte non solo italiani.
Un lavoro che muove dall’Istituto di Belle Arti di Urbino (tra i suoi insegnanti Carnevali, Castellani, Bruscaglia, Ceci e Battistoni), prosegue all’Accademia di Belle Arti di Roma (allievo di Scialoja e Rivosecchi) e al Centro Sperimentale di Cinematografia, sezione di Costume (con maestri quali Manetti, Marchi, Verdone, Fiorini e Ventimiglia), si concretizza nell’insegnamento presso l’Istituto d’Arte di Macerata, nelle esposizioni presso la Brigata Amici dell’Arte (1951), negli incontri con artisti quali Francesco Trombadori, Carlo Levi, Corrado Cagli, Pericle Fazzini, Arnoldo Ciarrocchi, nell’attenzione alle linee del paesaggio marchigiano riletto nei precisi limiti della scuola romana prima, della pittura di segno e di gesto poi, l’una e l’altra attenta alla modulazione del colore, a una sorta di palpito della realtà, a un ordine da contrapporre al caos, a una determinazione della forma da costruire senza cedere all’impulso energetico.
Le pause e le accelerazioni, proprio delle varianti, diventeranno, di decennio in decennio (mentre espone a Firenze, Roma, Graz, Bologna, Milano, Madrid, Dusseldorf, Cracovia, ecc.), una delle costanti di Ricci che, sottraendosi a ogni possibile riferimento (Piero della Francesca, Friedrick, Klee, Fautrier, Morandi), collocherà la forma non al centro ma nell’intero spazio della tela, senza perdere quel tono di sospensione temporale che accompagna l’angoscia della ripetizione, l’insistenza del motivo caro a quanti tessono i giorni sovrapponendo la materia, strato su strato, installando un campo di forze aperto e dinamico, che prepara la futura dialettica di un campo visivo ora dischiuso al geometrismo razionale, ora cadenzato dalla forma sillabata in sequenze di posizioni, per depositarsi, acquietato, nell’attrazione di un solido proteso a ricomporsi come un cristallo dalle infinite sfaccettature.
Un modo, originale, di purificarsi attraverso la geometria, ampliandone il campo d’azione ma senza assoggettarsi ad essa. Non è, quindi, un esprit de géometrie e neppure la sua degradazione. È lo spirito della tecnica, che non dispiace a Ricci, in quanto gli concede l’opportunità di concretizzare, inseguendo le metamorfosi della geometria, i lunghi intervalli dedicati al disegno e all’incisione, di estenderne, in ogni senso, le capacità espressive.
La dimensione dell’opera è legata a questo movimento che determina il gioco di incidenze e di corrispondenze, la crescita in senso trasversale o longitudinale, i cambiamenti di direzione e la stessa plasticità, tanto da sollecitare il passaggio dalla superficie della tela allo spazio reale, con immediato vaglio di materiali consoni quali la plastica, l’alluminio, l’acciaio, la cartapesta. La scultura che ne deriva, concretizzazione delle immagini mentali della pittura, conserva, tuttavia, l’ossatura interna, lo schema strutturale originato dalla linea nella progressione dal disegno all’incisione e da questa al dipinto, con susseguenti dilatazioni e ispessimenti ora del mezzo chiaroscurale ora della linea di confine delle zone interne e di quelle esterne, come ben evidenzia la scultura in cartapesta Dal ciclo di Tlön donata dall’artista al MUSMA.
Nelle illustrazioni per L’Acqua domestica il segno diventa architettura delle parole, si staglia sulla pagina con colori pieni di luce, e le immagini si fanno sottili come la carta adattandosi perfettamente alla levità della poesia.
Le opere rimarranno esposte nella Saletta della Grafica del MUSMA fino al 22 settembre 2013.



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