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Giustizia e libertà nel ricordo di Nicola Panevino |
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6/04/2025 | Il 30 marzo scorso la comunità di Carbone ha ricordato, tramite una sentita manifestazione, Nicola Panevino, magistrato e partigiano, in occasione degli 80 anni dal suo sacrificio. Codesta è stata una commemorazione fortemente voluta dall’Amministrazione Comunale e che ha visto la competente partecipazione di Maria Paola Vergallito.
È l’alba del 23 marzo 1945 e per Nicola questa sarà l’ultima che vedrà.
Panevino nasce proprio a Carbone il 13 luglio 1910, ma giovanissimo si trasferisce a Napoli per studiare Giurisprudenza presso l’Università Federico II.
È qui che comincia la sua carriera all’interno del Tribunale dei Minori. A 32 anni, si trasferisce a Savona in qualità di giudice e decide di dare una svolta alla propria esistenza e di combattere per la libertà di chi sarebbe giunto dopo di lui. Decide di combattere per un mondo migliore.
Col nome di copertura di "Silva" diviene partigiano.
In questo stesso periodo sposa la donna della sua vita, Elena, dalla quale ha una bambina, Gabriella, che non conoscerà mai suo padre.
La sera del 14 dicembre 1944, Panevino sta rientrando a casa. Elena lascia un panno alla finestra, concordato segnale di pericolo, perché qualcosa sta per accadere: Nicola è stato infatti tradito da una delegazione. Egli è stravolto dalla stanchezza e non si accorge del segnale. Quella distrazione gli sarà fatale poiché, arrivato in prossimità della sua abitazione, viene arrestato. Qui comincia il suo calvario, che durerà mesi e mesi durante il quale sarà torturato e picchiato senza pietà. Fino a quel terribile giorno in cui verrà brutalmente ucciso dai nazisti.
Oggi, Nicola riposa nella cappella di famiglia del cimitero di Aliano, luogo di nascita di suo padre.
Sarebbe stato facile per lui e credo per chiunque avesse un’esistenza tranquilla e una brillante carriera davanti a sé, andare avanti e chiudere gli occhi dinnanzi alle ingiustizie, piegare la testa o voltarsi nientemeno dall’altra parte. Come sottolineato da Maria Paola Vergallito, le scelte da fare in queste circostanze non sono due, bensì tre: cedere ai regimi, andare con le resistenze e poi c’è una terza scelta, la peggiore…l’indifferenza. Perché l’indifferenza uccide…e fa più male delle coltellate.
Panevino decise di non essere indifferente e di schierarsi. Chi se non lui, che lavorava nel mondo della giustizia, poteva comprendere e vedere il vero volto della dittatura?
Come detto dal presidente dell’ANPI Provinciale di Potenza, Antonio Consentino, contrariamente a quello che si è raccontato fino ad oggi, la Resistenza è stata anche meridionale e anche lucana. Basti dire che la Basilicata ha dato oltre 600 partigiani che combatterono nella Resistenza. Dunque, credo che non bisogna andare troppo lontano per conoscere degli eroi. Noi un eroe ce l’abbiamo a pochi passi di distanza: è nato ed è cresciuto nella nostra regione. E il suo corpo giace qui.
Il suo nome era Nicola Panevino.
Mi piace pensare a lui, inanzitutto, come a un uomo. Un uomo con dei sogni, con degli ideali. Un uomo, come detto dal Sindaco Mariano Mastropietro, con la volontà di sporcarsi le mani. Un uomo pienamente consapevole del rischio che stava correndo e che gli è costato la vita. Un uomo il cui sangue, le cui sfrustate ricevute, le cui lacrime versate sono state le fondamenta del nostro futuro. Nicola è stato un uomo fino all’ultimo respiro.
Perché lui non ha solo combattuto una guerra, ha lottato per un futuro di cui non avrebbe fatto parte, un futuro che non avrebbe mai potuto vivere, ma che ha lasciato alla sua bambina, che non ha mai potuto veder crescere.
È morto senza sapere che quella libertà, che sognava, sarebbe arrivata.
Ha scelto di rischiare, perché credeva che la speranza non sarebbe stata vana.
Lui credeva in tutto questo, ci ha creduto FINO alla FINE.
E io credo fermamente che quella che chiamiamo democrazia sia nata grazie al sacrificio di esseri umani, che hanno fatto una scelta di vita e di fede.
Giacché, se vogliamo andare in pellegrinaggio nel luogo dov’è nata la nostra Costituzione, bisogna recarsi nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati.
Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà, la dignità, andiamo lì anche solo col pensiero perché lì è nata davvero la nostra Costituzione.
A me è stata data l’opportunità di guardare cogli occhi pieni di lacrime la casa dov’egli ha imparato a muovere i primi passi. Lì vi è un’epigrafe in suo onore, scritta da Benedetto Croce:
“IN QUESTA CASA NACQUE NICOLA PANEVINO CHE DALLA TOMBA DI CREVASCO, OVE CADDE FUCILATO DAI TEDESCHI, SI ELEVA IMMORTALE NELLA LUCE DELLA STORIA D’ITALIA E ATTESTA CHE SU OGNI FORMA DI OPPRESSIONE TRIONFANO ETERNAMENTE GIUSTIZIA E LIBERTA’”.
Durante la commovente manifestazione, sono intervenuti alcuni ragazzi e alcune ragazze, che hanno narrato la sua triste storia e letto le struggenti lettere che egli ha indirizzato alla moglie e alla piccola Gabriella durante la sua detenzione. Queste sono le parole che l’eroe Nicola Panevino, nelle ore più angoscianti della sua prigionia, inviò alla figlioletta in occasione del suo primo onomastico.
“È ben triste che tu debba passare il tuo primo onomastico con il papà gettato in galera; ma ciò non deve rappresentare un cattivo auspicio sia perché questa galera lungi dall’infamarci ci onora davanti agli uomini e ci purifica davanti a Dio. Ringrazio Iddio che tu non abbia i lumi della ragione per sentire i dolori che la tua povera mamma ed io stiamo sopportando.
Quando un giorno quella ragione tu avrai acquistato, Iddio ci avrà concesso la grazia che oggi impetriamo, lo ringrazieremo insieme. Allora io sarò ad accarezzare la tua testina bionda e quella bruna di mamma tua, con animo lieto racconterò i particolari di questi tristissimi giorni. È proprio questo il primo voto augurale che io formulo per il tuo onomastico, e penso che non mi si possa accusare di egoismo perché sono certo che la mia liberazione non può rappresentare che tuo bene, non ultimo fattore per la tua felicità in un prossimo futuro.
Altro augurio che tu cresca bella, sana come eri quando ti ho lasciato, oggi tre mesi– e godi di quella benedizione che Dio non nega ai suoi angeli terreni; tu sei fra essi– Abbi, angioletto mio, anche la mia benedizione assai povera di fronte all’altra, ma pure essa sublime, perché resa tale da una amara e scottante lacrima che affiora in questo momento il mio ciglio.
Ti bacio con la mamma tuo papà.”
(13 marzo 1945)
E queste invece furono le ultime parole che Nicola poté scrivere:
“Se un giorno io potrò tornare, la mia fronte potrò portarla alta, perché non arrossirò davanti a nessuno. Gli amici non si vergogneranno di me e nemmeno la mia Gabriella si vergognerà di papà suo”.
(13 marzo 1945)
Né i cittadini di Carbone e di Aliano, né noi giovani, né l’ormai adulta Gabriella potremmo mai vergognarci di te, Nicola. E continueremo a parlare di te. E mi piace chiudere questo articolo immaginando di farti una carezza sul viso, come ha fatto la tua Gabriella quel giorno ad Aliano, come segno di riconoscenza per il tuo contributo alla mia libertà e al mio vivere nel rispetto dei diritti umani e della giustizia. Nessuno potrà mai più dimenticarti.
Per Nicola
Antonella Anna Martinese |
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