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Croce e basilico: la festa delle radici arbëreshe di San Paolo Albanese

17/09/2024

Si è rinnova anche quest’anno, la Festa “Croce e Basilico”. Una tradizione arbëreshe per celebrare le radici di San Paolo Albanese. “La storia, la cultura e le tradizioni hanno un valore simbolico per tutta la Basilicata”. Questo e altro è stato messo in evidenza dal sindaco Mosè Antonio Troiano, dall’amministrazione comunale e dagli altri organizzatori. Il centro più piccolo della Regione, concentra in sé le difficoltà e le opportunità di un luogo dal quale l’emigrazione e l’accoglienza viaggiano lungo il tempo come due binari paralleli. L’emigrazione, e dunque lo spopolamento, negli anni ha lasciato qui il suo segno più che altrove, come l’accoglienza, perché ci troviamo in uno dei centri lucani, in un’area ricca di storia, che 500 anni fa accolse popoli che venivano da lontano, ed oggi ne fanno parte integrante, con la loro storia, costumi, tradizioni, cultura, con la loro identità da conservare e celebrare. Per questo San Paolo Albanese ricorda “l’anno delle radici degli italiani nel mondo”, una delle feste più sentite dell’anno: “Croce e Basilico”. Una festa che vuole abbracciare idealmente e non solo i tanti San paolesi emigrati e i loro discendenti. La giornata-evento è stata possibile grazie al sostegno di Italea, un progetto del Ministero degli Esteri e della Cooperazione Internazionale. Un bando capace di far mettere sul campo attività culturali in favore degli italo-discendenti nel mondo, dedicato ai comuni più piccoli. Un programma intenso, sin da mattino: raduno in Piazza Skanderbeg, prima della celebrazione della Divina Liturgia nella Chiesa Madre, “Esaltazione Santa Croce”; subito dopo, la visita guidata alla Chiesa Madre, al Museo della Cultura Arbëreshe e al centro storico Shën Paljit. Di pomeriggio, è arrivato il momento di “Ka sheshi”, il gioco della lippa, “Picullit”; alle 18, nella sala consiliare, una conversazione su “Il Sacro, la Comunità, le Radici, il Patrimonio”. Al tavolo, oltre al sindaco Mosè Antonio Troiano, che non si è limitato ai saluti, ma ha sottolineare alcuni aspetti che interessano i piccoli paesi, come l'autonomia differenziata, lo spopolando, il Pnrr, poche risorse arrivate – ha evidenziato - ma anche tante difficoltà nel gestirle. Attorno al tavolo, ricercatori, scienziati, antropologi, studiosi dei costumi, delle tradizioni, ma anche delle nuove dinamiche socio-culturali ed economiche che stanno interessando le piccole comunità. Annalisa Romeo, Gianni Lacorazza e Michele Cappiello, hanno parlato della loro impresa sociale, “Paesi e radici”, un nuovo soggetto che si prepara a sostenere, a cogestire ed organizzare il turismo delle radici in Basilicata, per viaggiatori motivati alla riscoperta dei luoghi delle proprie origini. Tanti i Laboratori di successo portati avanti – hanno voluto evidenziare- come quelli sulla ginestra e la zampogna. L'obiettivo – hanno spiegato ancora - è cercare di offrire una serie di prodotti agli italo-discendenti, ma allo stesso tempo, trovare una serie di motivazioni per i viaggi di ritorno, legati all'identità, al sangue, alla memoria. I professori Ferdinando Mirizzi, Domenico Copertino, e le professoresse Sandra Ferracuti e Marina Berardi dell’Università della Basilicata, si sono soffermati sull’importanza del progetto “PRIN, “Abitare i margini”. I quattro studiosi ne hanno delineato i caratteri peculiari, ma soprattutto hanno sottolineato i pregi e le difficoltà di comunità come quella di San Paolo Albanese. Per Mirizzi un vero paradigma, un osservatorio per cercare di capire i tanti temi che interessano i piccoli paesi, come lo spopolamento, un fenomeno che va affrontato come sistema Paese. I Paesi vanno visti come risorsa attuale e futura – questo hanno detto anche gli altri ricercatori - come mondi locali, dove esiste una dinamica attiva, dove si cerca di comprendere e tradurre l'ansia dell’abbandono, ma allo stesso tempo, si cerca di leggere in chiave contemporanea anche i nuovi processi che regolano il turismo, e le tante altre possibili nuove opportunità. Vivere i margini, far vivere i margini, dunque, è possibile, ma serve consapevolezza, lavoro, amore e passione. In tanti, in questi anni, cercano una vita più sana, tranquilla, sostenibile. Inserirsi in tessuti sociali non propri è possibile, basta entrare in sintonia con la storia, le persone, i riti di quel luogo. “ Il paese – come bene ha spiegato l’illustre professore Mirizzi - è soprattutto una struttura di sentimento. Parlare di paesi significa parlare di persone, del rapporto che legano gli individui tra di loro e con il luogo, sia sul piano delle emozioni, sul piano degli affetti e delle relazioni sociali. La comunità - ha continuato Mirizzi - non è fatta solo da chi condivide lo spazio in un determinato tempo, ma chi quello spazio lo condivide pure in tempi diversi, chi quello spazio lo ha condiviso in passato e chi addirittura verrà e lo condividerà in futuro. La comunità – ha concluso lo studioso -non è legata al luogo fisico, e legata al luogo che è, un luogo ideale, una struttura soprattutto di sentimento”.

Vincenzo Diego



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