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Recensione di “Storia della Magistratura italiana” |
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13/05/2013 | Il libro dal titolo “Storia della Magistratura italiana” di Antonella Meniconi edito dalla Casa Editrice il Mulino nel 2012, ripercorre il lungo cammino della
magistratura dagli esordi in età liberale in cui si statuì un certo modo di reclutamento dei magistrati che dovevano essere in possesso di una laurea in legge dove il giudice sebbene fosse soggetto alla legge aveva un certo margine di libertà nell’esercizio del loro lavoro.
Questo fino all’avvento del fascismo quanto il regime di matrice totalitaria oltre a sopprimere le libertà fondamentali, compresse anche la libertà del giudice e questa restrizione della loro libertà è durata fino al secondo dopoguerra quando i padri fondatori della Costituzione riorganizzarono nei minimi dettagli la Magistratura statuendo il modo di reclutamento ma concedendo ai magistrati più libertà nell’esercizio delle loro funzioni.
Le tensioni degli anni sessanta e settanta contribuirono ad avviare un ulteriore processo di democratizzazione dell’ordine giudiziario e l’adeguamento della giurisprudenza ai principi costituzionali.
Un cammino complesso che porterà alla nascita di un nuovo modello di giudice, in grado di fronteggiare le tre grandi emergenze del terrorismo, delle Mafie e della corruzione in particolare negli anni tra il 92 ed il 94 con lo scandalo delle tangenti.
In particolare in questo periodo abbiamo assistito ad una eccessiva politicizzazione di quest’organo che dovrebbe essere apolitico ed imparziale.
Lo si vede ancora oggi dove alcuni giudici fanno politica venendo meno al principio di imparzialità e terzietà.
Leggendo il libro, si nota che in tutti questi anni di vita della Magistratura, sono state emanate dai governi che si sono succeduti, varie leggi.
Una di queste è quella del 1975 che ha introdotto all’interno del Csm il nuovo sistema elettorale a base proporzionale, e segnò il vero punto di svolta.
Le correnti rappresentative dei settori più giovani e meno giovani, hanno conquistato una posizione di leadership ponendo in minoranza la vecchia generazione ed il potere della Corte di Cassazione.
Con le nuove regole sull’avanzamento in carriera è invalso tra il 1966 ed il 1973, anche la tradizionale separazione tra “alta” e “bassa” magistratura è entrata definitivamente in crisi.
Si è aperta una stagione profondamente diversa, segnata dal progetto del giudice interprete e custode dei valori costituzionali.
Come ha scritto nei primi anni Settanta uno dei magistrati più impegnati nel rinnovamento, Luigi Ferrajoli, il richiamo insistito e convinto alla Costituzione avrebbe dovuto tradursi”in concreto impegno per un incisivo esercizio della funzione giurisdizionale in difesa delle libertà”.
Biagio Gugliotta
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