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''Il diritto al lavoro, la chiave che apre le catene che non consentono ai nostri figli di volare'' |
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1/05/2024 | “Io amo soltanto il paese dei miei figli, non ancora scoperto, sul lontano mare: a cercarlo, a cercarlo spingo le mie vele.” I figli sono la più importante declinazione del futuro, un futuro che stenta a farsi strada, e che non può essere, spesso, vissuto, immaginato nella propria terra, accanto ai propri cari. Quando non si ha un lavoro e non si intravede una possibilità di crescita sia culturale che professionale, i nostri giovani fuggono dal Sud e dall’Italia, non per fare solamente esperienze nuove, diverse, ma perché costretti dalla disperazione e dalla necessità. La nostra terra è oggettivamente arretrata, chiusa nel suo atavico sonno, indifferente ad ogni forma di cambiamento; figlia di un millennio di asservimento e sovranità straniere, incapace di lottare per la propria emancipazione, rinascita, intrappolata nei subdoli, divisivi e deleteri particolarismi. Il Sud pur avendo generato brillanti risorse intellettuali non è ancora in grado di assorbirle e valorizzarle. È di fondamentale importanza che il territorio da cui si emigra si attivi per superare l’immobilismo di cui è prigioniero, e la scellerata logica del clientelismo che considera i giovani una semplice massa di manovra. Il lavoro se garantito, tutelato e ben retribuito è l’unico strumento capace di assicurare libertà e dignità a tutti, anche se per molti è soltanto un miraggio e se c’è è precario, sottopagato, umiliante e mortale (crimini di pace). L’attuale governo non fa altro che accentuare il gap tra mondo politico e società: la voce del governato non conta, anzi, il più delle volte, viene tacitata con violenza e tracotanza. L’assenza di laicità, della cultura del rispetto e dell’ascolto determinano la mancanza di comunicazione vera ed aperta tra chi detiene un potere e chi lo subisce; il concetto stesso di laicità rimanda al termine “laos” che in greco significa popolo dal quale il governo è separato. Il cittadino fa sempre più fatica a vivere prospetticamente, cioè a guardare con fiducia davanti a sé. Quando non si ha un lavoro si diventa schiavi. È libero chi con la fantasia, cultura, idee riesce a ritagliarsi uno spazio nel mondo e a diventare quello che è. Il lavoro fa parte della vita, ma non la contiene completamente, l’uomo è molto di più del suo lavoro, Aristotele sosteneva che “lo scopo del lavoro è quello di guadagnarsi del tempo libero”. Siamo tutti concentrati sulla dimensione temporale del nostro agire, forse è arrivato il momento di orientarci più sul come e non sul quando, così come facevano i greci, e diventare padroni del proprio tempo, anziché schiavi. Oggi c’è ben poco da festeggiare, è un giorno di lutto, per la perdita di importanti diritti, come il diritto al lavoro, inteso non più come un mero strumento per la sopravvivenza, ma come opportunità, capace di offrire a tutti la possibilità di esprimere la propria aretè, per le evidenti limitazioni del diritto di parola e di stampa, sancito nell’articolo 21 della nostra Costituzione, e del diritto di pensiero.” Il nostro destino è il presente, lo sono i problemi che incombono e le forze morali che sappiamo mettere in campo per affrontarli, il nostro destino è la verità della nostra decisione, la capacità di essere uniti nella lucida critica di un nuovo progetto, la consapevole perseveranza nello sforzo per realizzarlo. La verità non è questa o quella decisione, questo o quel progetto, questo o quell’impegno, ma il pensiero, l’infaticabile pensiero che nella disinteressata necessità del suo orizzonte, ogni volta esamina e valuta il contingente interesse del nostro vivere. Il pensiero è il solo potere che se non siamo noi stessi a rinunciarvi, nessuno ci può togliere” (Aldo Masullo).
Enza Berardone |
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