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Dialogo al Centro Nitti di Melfi tra Marisa Ombra e Stefano Rolando |
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22/04/2013 | A margine della mostra documentaria “Nitti antifascista” presentata al centro culturale Nitti di Melfi per iniziativa dell’ente di formazione Philoikos, che ha lavorato sui dossier degli archivi di polizia in cui, durante il ventennio fascista, furono accumulate informazioni sul ruolo di Francesco Saverio Nitti, Presidente del Consiglio dal 1919 al 1920 e poi in esilio in Francia, di tessitore dell’antifascismo italiano (una mostra realizzata con la collaborazione dei partecipanti ad un riuscito corso di formazione in materia archivistica che si è svolta tra il 2012 ed il 2013 proprio nel centro culturale intitolato allo statista) si è tenuto un bel dialogo promosso dall’Associazione “Francesco Saverio Nitti” sui temi della libertà e della democrazia nel programma di eventi organizzati per celebrare il 25 Aprile.
Hanno dialogato, davanti ad un numeroso ed attento pubblico, attorno alla metafora del passaggio dall’inverno alla primavera Marisa Ombra, partigiana nelle Langhe ed oggi Vice Presidente nazionale dell’Anpi, e Stefano Rolando, docente universitario a Milano, già direttore generale alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e oggi presidente della Fondazione Nitti.
Marisa Ombra ha, tra l’altro, scritto di recente un libro che s’intitola “La bella politica” dedicato ad un ripensamento sul ruolo delle donne nella Resistenza italiana. Stefano Rolando ha scritto di recente un libro dal titolo “La buona politica” dedicato al tema cruciale di come salvare dopo la deriva della “Seconda Repubblica” la democrazia costituzionale italiana, quella nata proprio nel solco della liberazione del Paese.
Nella prima parte il colloquio ha evocato quella generazione che, per amore di Patria, scelse il rischio dell’organizzazione militare per fare i conti con la storia e restituire, dopo la fine delle libertà politiche e il disastro della guerra, dignità al popolo italiano. Marisa Ombra ha anche parlato di suo padre, Celestino Ombra operaio piemontese che durante la Resistenza fu commissario della brigata partigiana “Garibaldi” e Stefano Rolando ha parlato di suo padre Emilio Rolando sottufficiale volontario nella guerra di Grecia che portò sulle montagne di Samo la sua compagnia ottenendo la medaglia d’argento al valor militare per azioni eroiche di Resistenza contro i tedeschi.
Per migliaia di giovani (“in una storia che andrebbe largamente riscritta al femminile” dice Marisa Ombra) la guerra partigiana non fu avventura ma, in un crogiolo di diverse idealità, fu coraggio di radicale organizzazione del cambiamento. Cambiamento delle regole costituzionali, cambiamento della qualità della politica, cambiamento delle classi dirigenti.
“Oggi –osserva Stefano Rolando- senza le armi in pugno e senza i carri armati dell’invasore si impongono le stesse urgenze:nuove regole, profondo cambiamento nella far politica, nuova classe dirigente”.
Esiste, dunque, dopo settant’anni una affinità ideale per progettare discontinuità con le condizioni attuali del Paese?
“Comune – dice Marisa Ombra- è l’istanza di dare risposte fondate sulla responsabilità personale. Ma lo spirito di allora oggi mi sembra più incerto quello di concepire quella responsabilità come un’esigenza da condividere”.
La sequenza politica dell’Italia repubblicana ha fatto tornare più volte sul senso di autorità della Resistenza. Per esempio in occasione del ’68.
“Ma i ragazzi del ’68, che gridavano la ‘Resistenza tradita’ - dice ancora Marisa Ombra- forse non compresero il nostro contesto, l’esigenza dell’unità di tutti, dai monarchici ai comunisti. Non stavamo facendo la rivoluzione bolscevica. Restituivamo le condizioni di libertà a tutto il Paese”.
“Gli anni del terrorismo hanno generato equivoci sui caratteri insurrezionali – ha affermato Stefano Rolando- che hanno permesso di dare un alibi alla distruzione non al consolidamento dei principi costituzionali. Ma li si doveva fare la riforma dello Stato e della pubblica amministrazione. Cose che in verità non fatte”.
E oggi? Entrambi pensano che cultura, scuola e informazione debbano essere i luoghi su cui non abbassare la guardia. “Senza storia non c’è memoria e senza memoria non c’è giudizio sul futuro”.
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