La liberazione degli ebrei dalla schiavitù diventa per i cristiani la liberazione dal peccato attraverso il sacrificio di Gesù sulla croce. Storia, misteri, messaggi ricchi di rivoluzioni per “l’uomo”, per la vita di ogni giorno, segnata profondamente e per sempre da quell’atto di amore del figlio di Dio. Una festività, quella alle porte, legata per certi versi ai ritmi ancestrali. Una ricorrenza amara, segnata dalla morte, ma allo stesso tempo ricca di luce e di speranza. Proprio quest’ultima, nei nostri paesi prende anche la forma dei dolci tipici, simboli di bontà, di semplicità, come i nostri contadini, figli di Dio e della terra, legati da sempre e per sempre ai riti, alle tradizioni , ai ritmi eterni della natura: l’inverno, l’estate, l’autunno o la primavera con i raggi di sole, i colori vivi e magici. Le porte di casa, per vedere e assaggiare i dolci tipici di Cersosimo e di altri comuni del senisese, ce le ha aperte la professoressa Carmela D’alò, profonda conoscitrice della nostra terra, della gente, appassionata ricercatrice. I dolci pasquali- spiega- in un certo senso ricordano e rappresentano la vita quotidiana, segnata dalle stagioni, dalle credenze, dalla fede. Gli ingredienti – continua- sono poveri ed essenziali. Il latte, le bietole, l’uovo, la farina, diventano un tutt’uno, ricordano, in un certo senso, l’origine della vita, del nostro creato, l’importanza dell’incontro e dell’unione di più elementi, elementi che danno gusto, sfumature e sapore. Dalle antiche bocche di forno, dove prendono sostanza e colori, escono i pani-dolci della festa, come le “Chizzoha”, dalla forma intrecciata, con anicetto e uova sode, poi sulla pasta la tipica spennellata di tuorlo che tanto ricorda la luce del sole di mezzogiorno, quel sole che riempie e riscalda; un dolce dalle svariate forme, che si dona ai familiari più stretti e al capofamiglia. Non mancano i dolci antropomorfi come la “Pupa” (bambolina di pasta con uova sode, che augura forza,fertilità, benessere), per le bimbe, o forme zoomorfi, come i cavallucci, il pesce, per i maschietti o le “Trastanelle”, a forma di borsetta. Poi ancora le “Pittanchiuse”: una specie di calzoni farciti con verdure varie: porri o bietole, lessate e saltate in padella con olio e peperone in polvere, in molti ci preferiscono dentro anche una bella manciata di uva passa, che assicura quel retrogusto di agro-dolce che tanto ricorda la vita di tutti i giorni; per i più golosi ricotta con prezzemolo tritato. I dolci non si fermano qui, ne ricordiamo ancora uno: la frittata pasquale, una vera bomba di calorie con le sue uova, gli asparagi e per finire, si fa per dire, pancetta tritata. Dolci e piatti della tradizione legati a filo doppio ai giorni di passione, rispettosi del dolore del figlio di Dio, tanto che solo dopo mezzogiorno di sabato, in alcune comunità, al tocco delle campane, quando Cristo vince la morte, ci si può avvicinare all’uovo, alla carne e al vino.
Vincenzo Diego
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