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Al Musma, la sacra rappresentazione della via crucis |
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23/03/2013 | Martedì 26 marzo 2013, dalle ore 17.00, al MUSMA, Museo della Scultura Contemporanea. Matera, si svolgerà la Via Crucis presieduta da Don Vincenzo Di Lecce, Parroco della Cattedrale di Matera, seguendo, negli ipogei del Museo, un percorso segnato dai 14 bassorilievi in terracotta dipinta che compongono la Via Crucis dello scultore Graziano Pompili (Fiume, HR 1943).
L'insolita ambientazione della celebrazione di una funzione sacra, in un Museo di Scultura Contemporanea, è proposta nell’intento di dare all’arte e alla cultura un ampio respiro, evidenziando, in questo caso, come la profonda intensità dei riti della Settimana Santa riguardi strettamente l’uomo in una delle sue più alte e precipue realizzazioni, quella artistica, considerando anche che i Sassi di Matera e gli ipogei di Palazzo Pomarici, sede del MUSMA, sono una scenografia privilegiata per la suggestiva potenza drammatica dei riti quaresimali.
I quattordici bassorilievi di Graziano Pompili hanno per protagoniste figure stilizzate senza testa, simili a manichini rotti, mossi da una forza misteriosa e chiamati a incarnare una tragedia dove il rosso del sangue rivela la terribile sofferenza della Passione di Cristo. In quasi tutte le formelle, infatti, la porpora spicca sul bianco dei corpi e sul nero delle ombre e della croce. Una testa compare solo nella stazione VI e occupa tutta la superficie della formella: è il contorno della testa di Cristo allusione alla Sindone, il telo di lino con cui la Veronica asciugò il volto insanguinato di Gesù, come se la compassione della donna restituisse una dignità e quindi un volto all’Uomo offeso. Nella drammatica sequenza, quasi si trattasse di fotogrammi di un film muto, si assiste ad un pathos crescente che si conclude in una sorta di compostezza, di equilibrio sintattico; solo nell'ultimo fotogramma, infatti, la figura del corpo di Cristo acefalo, disteso nel sepolcro, appare completamente bianca, come se avesse ritrovato la pace dopo il cruento martirio.
«Nel concepirla - dice l’artista parlando della sua opera - mi sono basato sull’arte sacra antica ma anche del ’900, con particolare riferimento alle deposizioni medioevali lignee. Si possono notare figure secche e rigide con colori forti e decisi dove il gioco del rosso si staglia a volte con violenza facendo anche pensare ad un’inquietante atmosfera metropolitana. La mia idea di base è quella di una sacra rappresentazione con una decisa componente teatrale. Mentre procedevo nel lavoro ho riflettuto su questa parte di Vangelo già scritto dai profeti, per cui Gesù non può esimersi dal procedere fino in fondo. È questo il motivo per cui sembrano figure recitanti, anzi corpi recitanti perché sono senza testa». È forte, dunque, il carattere teatrale di queste formelle, un omaggio ad un genere che il poliedrico scultore, nato a Fiume ma residente da molti anni in Emilia, ama molto. Nel corso della sua carriera si è infatti occupato della scenografia de Il milione e Stazioni di transito di e con Marco Paolini, ha lavorato con Egisto Marcucci all’Orlando Furioso e inoltre a Per colui che è con il Teatro Gioco Vita.
Pompili ha realizzato la sua Via Crucis nel 2003, in occasione della mostra Nove artisti sulla via del Sole, e l’ha inoltre esposta tre anni fa, dopo Reggio Emilia (Palazzo Magnani, 2007) e Lubecca (Cattedrale di St. Peter, 2008), nella bellissima Cappella dell’Università del Sacro Cuore di Milano eretta dall’architetto G. Muzio nel 1931-1932.
Le 14 stazioni aderiscono allo schema tradizionale ma, pur seguendo la pagina evangelica, interpretano ciò che Luciano Manicardi, Monaco della Comunità di Bose, ha chiamato mutezza della violenza nelle varie fasi del cammino di Gesù verso il Calvario, violenza presente “nei corpi di Gesù e di chi lo incontra, in chi la esercita, in chi la subisce, in chi vi assiste”. Accanto alle 14 formelle verranno esposti 14 disegni del 2005 che testimoniano quanto l’artista-pellegrino continui a “camminare”, a meditare su questo tema, e rivolga ai credenti l’invito a “prendere la propria croce e seguire Gesù”.
Dopo le celebrazioni del 26 marzo, la Via Crucis di Graziano Pompili, resterà esposta al MUSMA fino al 19 aprile 2013.
In occasione delle festività pasquali, infine, il MUSMA anticipa l’orario di apertura pomeridiano, dalle ore 16 alle 20, che entrerà in vigore sabato 30 marzo 2013. I MUSMA sarà, dunque, aperto il giorno di Pasqua e il Lunedì dell’Angelo nei seguenti orari: ore 10-14 / 16-20.
Per informazioni chiamare il numero 366 9357768 oppure scrivere a info@musma.it.
Cenni biografici:
Graziano Pompili, nato a Fiume nel 1943, si trasferisce con la famiglia, all’età di tre anni, a Faenza, dove ha origine la sua passione per la creazione e l’archeologia. Diplomatosi all’Istituto d’Arte di Faenza, si trasferisce nel 1963 a Reggio Emilia per insegnare ceramica e in seguito decorazione plastica all’Istituto d’Arte G. Chierici. A partire dal 1970 soggiorna per lunghi periodi a Carrara e a Pietrasanta dedicandosi alla lavorazione del marmo e alla fusione in bronzo.
Gli anni ´60 e ´70 sono per il giovane artista anni di ricerca e di studio; l´amore per la scultura astratta, insieme classica e moderna, di Brancusi, Arp e Moore, confluisce nelle sue opere in marmo, antropomorfe e naturalistiche.
Nei primi anni ottanta approda ad una fase citazionista e intimista e riscopre la passione per l’archeologia. Le opere di questo periodo sono infatti chiamate da lui stesso Riarcheologie. Pompili ricrea, modella, frantuma e ricuce torsi, fregi e bassorilievi prendendo spunto dall'arte classica e antica, in particolare quella rinascimentale, con la cura e l'accanimento dell'archeologo e la manualità del ceramista.
Nel 1978 diventa docente di scultura in marmo all’Accademia di Bologna e successivamente di Scultura riferita all´arte sacra all´Accademia di Brera a Milano.
Negli anni novanta si dedica a lavori caratterizzati dal tema comune della casa e dei paesaggi urbani. I "paesaggi" rappresentano la casa come un´architettura nitida, primitiva, con due spioventi e quattro pareti. Casa che diventa sia un emblema di solitudine e fuga dal mondo sia una metafora del rifugio a cui sempre si può fare ritorno come difesa dagli attacchi esterni. Sono blocchi di ferro, di terracotta e soprattutto di marmo, in forma di palafitte, case isolate su prati o su monoliti. Nel 2002 presenta un ciclo di lavori, sempre incentrato sul tema della casa, che prende il nome da un verso di Höderlin Poeticamente abita l'uomo.
Negli ultimi trenta anni la sua attività espositiva è stata molto intensa, in Italia e all’estero. Di rilievo la sua vicenda critica. Per quanto riguarda il suo impegno nel sacro, rimandiamo al volume Graziano Pompili. La memoria del sacro, pubblicato da Skira nel 2006, in occasione della mostra, curata da Sandro Parmiggiani, in Palazzo Magnani a Reggio Emilia.
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