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Senise, presentato il libro "Sia fatta ingiustizia"

17/03/2013

Un’esperienza “scioccante”, si potrebbe dire, per tutti quelli che hanno partecipato alla presentazione del libro “ Sia fatta ingiustizia” avvenuta ieri a Senise nel cine-teatro parrocchiale Agorà. Scioccante perché il libro racconta una storia che definirei “ai confini della realtà”. Ma è una storia vera, come si legge già dalla copertina. Davanti ad un’assemblea attenta ed incredula, sono intervenuti gli autori Giusi Cavallo e Michele Finizio rispettivamente direttore responsabile ed editoriale di Basilicata24, giornalisti d’inchiesta - ha precisato la Cavallo - che hanno accompagnato il protagonista della vicenda Giuseppe Satta, giovane ingegnere. I due autori, nel prendere la parola, hanno subito precisato che il libro è tratto da una vicenda reale nella quale solo i nomi dei protagonisti sono trasformati. Quelli veri sono comunque inseriti in copie del libro depositate presso le Procure di Salerno, Catanzaro, Roma e Siena.“Dal titolo potrebbe sembrare – precisa Giusi Cavallo – solo ed esclusivamente una storia di mala giustizia; in realtà è molto di più perchè sono altri elementi che s’incrociano con una cattiva amministrazione della giustizia ma soprattutto con la vita di una famiglia, quella di Giuseppe Satta”. Una vita familiare felice, senza problemi particolari; una vita naturalmente in corso nella normalità della provincia lucana. “Il lavoro, la casa, la pizza, le vacanze, il pranzo dai suoceri e dai genitori, le feste, la passeggiata in via Pretoria”. Giuseppe è un uomo, come traspare dalle parole del suo intervento, che vorrebbe sognare una vita coronata di giorni straordinariamente semplici e normali. Ma lui non ci riesce, non può sognare. Eppure spera, respira gli ultimi aliti di speranza che soffiano tra le crepe della sua vita. Sul retro copertina una nota degli autori: “ Hanno distrutto una famiglia, hanno rovinato due bambini, forse irrimediabilmente. Hanno tenuto al palo un uomo, costringendolo a difendersi da accuse infamanti, incarcerato nel paradosso dei processi giudiziari, sgretolato dall’angoscia di perdere il suo bambino per sempre. Intanto la sua famiglia l’hanno fatta a brandelli”. Giuseppe riesce a salvarsi dal carcere grazie ad un medico del S. Carlo che gli consiglia di registrare tutti i colloqui con la moglie e il figlio. Alla fine, il pubblico ha rivolto le domande agli autori e al protagonista. In chiusura di serata ho avvicinato uno dei due autori, la giornalista Giusi Cavallo che ha spiegato le motivazioni del suo coinvolgimento e quello del collega Finizio nella stesura del libro : “ci siamo trovati davanti ad una tragica realtà che in alcuni momenti ti fa credere che sei proprio nel campo dell’immaginazione perché appare così irreale che ti chiedi se sia possibile che tutto questo sta succedendo veramente”. “ Purtroppo è successo realmente e Giuseppe e il figlio, sono le vittime sacrificali”. “ Il bambino dall’età di due anni e mezzo sta subendo questa ingiustizia che descriviamo nel libro. Un bambino indifeso che si porterà negli anni tutto l’orrore della vicenda”. “ Naturalmente noi ci auguriamo che qualcuno intervenga per mettere fine a questo scempio. Hanno devastato una famiglia e non se ne sono resi conto. Perché chi doveva comporre questo conflitto ha fatto sì che lo stesso si aggrovigliasse sempre di più in questi sette anni”. “ La stessa moglie di Giuseppe- continua l’autrice- è una vittima di un sistema malato che non ha funzionato”. Su di una mia precisa domanda su come sia scattata la molla che ha indotto gli autori a scrivere il libro la giornalista ha sottolineato : “io sono una giornalista e anche il coautore Michele Finizio lo è, ed è anche un sociologo. Ci siamo detti che la vicenda andava raccontata affinché non accadesse a nessun altro e la conoscessero più persone per cercare di fare qualcosa. Raccontare questa storia è stato un dovere per noi, prima da giornalisti che devono raccontare quello che vediamo e poi da cittadini. La nostra speranza è quella di vedere qualche magistrato mettere fine a questo teatrino, sperando che il bambino possa salvarsi”.
In questo articolo non si fa cenno ai particolari della storia. Voglio che siano i lettori a scoprirla piano piano, leggendo il libro. Una storia incredibile che parte dal piccolo territorio lucano. E, sono sicuro, di volta in volta, chi legge sentirà il bisogno di ritornare sulla copertina per avere la certezza che si tratti davvero di una storia vera.

Vincenzo Terracina



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