Chi si occupa di educazione e formazione non può non avere cura della memoria storica. Credo sia un dovere morale e civile ricordare alle nuove generazioni, tutti coloro che hanno sacrificato la propria vita e libertà per la giustizia e la legalità. Si tende, spesso, a commemorare, in modo asettico e distaccato stragi, eventi luttuosi gravi, che hanno destabilizzato, ferito, offeso, segnato la nostra società, senza far sentire la gravità di ciò che è accaduto. La memoria è quel filo che lega il passato al presente e condiziona pesantemente il futuro. Il 23 maggio non è soltanto il giorno della morte di Falcone, ma un giorno in cui i vivi dovrebbero riflettere sulle conseguenze del modus operandi di tutti i mafiosi del mondo, dell’omertà di chi sa, tace e si gira dall’altra parte, del compromesso morale, della solitudine dei servitori dello Stato, abbandonati al proprio destino, perseguitati e continuamente ostacolati. Giovanni Falcone non è stato soltanto un grande giudice, coraggioso, coerente, testardo, un uomo probo, ligio all’etica della professione, che ha combattuto la mafia, senza mai arretrare di un passo dinanzi alle minacce, e alla possibilità di perdere il bene più prezioso: la vita, ma un ostinato e concreto utopista, sognatore, che ha tentato di consegnare ai giovani un diverso modo di stare al mondo, di insegnare loro, con l’esempio, di cercare e tutelare sempre e comunque la verità. Il suo Altrove è un Altrove possibile, solido, vivo, autentico, senza orpelli e infingimenti, che respira con l’anima e rivive attraverso le nostre idee, i nostri buoni propositi; un mondo che si ciba ancora di legalità, di rettitudine morale, di giustizia, senso di responsabilità e senso del dovere, di un tempo e di uno spazio perduti, smarriti e ritrovati. È polline, seme che darà frutti e nuova vita. Falcone ci ha insegnato che la vera utopia la si costruisce giorno dopo giorno, che la legalità è un sentimento, uno stato d’animo, un mezzo potentissimo e non il fine, che non può e non deve essere slegata dalla giustizia sociale, che non bisogna arrendersi al peggio, che si è liberi quando si è giusti, empatici, capaci di attraversare il vento del cambiamento, senza barattare la propria dignità e il proprio futuro per paura, comodità e per pochi spiccioli, disposti a cambiare il mondo malato, morto dei morti vivi che tentano di anestetizzare le coscienze. Tutto comincia dalla volontà di ogni singolo individuo, dal rifiuto di un mondo che ci disgusta, ci mortifica e non ci rappresenta, dalla capacità di vivere all’insegna di principi quali il rispetto, il senso civico, la coerenza verso i propri ideali e le proprie idee. Egli non si è mai fermato alle apparenze, è andato sempre oltre, il suo lascito morale credo consista proprio in questo suo spendersi sempre in prima persona, per difendere ciò in cui credeva fermamente, nonostante le umane, legittime paure e fragilità. Affermò con forza che gli esseri umani passano, ma i nobili valori di cui sono portatori continuano a vivere incorrotti. Oggi, come non mai, sento il bisogno di dire a tutti giovani che oltre alla corruzione, al guadagno facile, al malaffare, alle imprese losche, alla violenza becera esercitata a danno dei più fragili ed indifesi, alla sopraffazione, alla volgarità della rinuncia esiste un altro Paese, desideroso di raggiungere altre mete, che si nutre di speranze, di bellezza, di dignità, di luce, di sogni, di emozioni, di libertà. “La libertà non è una corsa alla cieca, ma la capacità di discernere la meta e di seguire le vie migliori di comportamento e di vita”.
23 maggio 2023 Enza Berardone
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