In questi giorni si celebra l’importanza del lavoro, ma anche la capacità di ogni essere umano di tessere, curare relazioni.
Viviamo in una società nella quale c’è troppo di tutto e niente che conti per davvero, che serva ad alimentare
passioni e idee per le quali valga la pena spendersi, lottare, progettare. Alla massima connessione informativa
corrisponde, paradossalmente, il massimo della sconnessione civile, difatti siamo tutti isolati, chiusi nel proprio guscio, nella propria monade, divenuta una sorta di fortezza inespugnabile, incapaci di rapportarci all’altro senza filtri e mistificazioni. Non esiste umanità che non sia dialogo, empatia, rapporto tra persone. Vivere è patire, sentire, provare, verificare. Tutti dovremmo ricreare situazioni che tendano all’unità, alla connessione, alla fisicità. Ciò che manca è il pathos, non nel senso romantico del termine, bensì nel senso della capacità di provare, scoprire in che modo stare nella vita e nel mondo. Siamo esiliati dalla nostra stessa vita, sempre in cerca di un altrove che sappia placare quello strano senso di vuoto, di inadeguatezza che attanaglia molti giovani, desiderosi di trovare un lavoro che li renda liberi e che non sia un mero strumento di sopravvivenza, legato alla necessità e al bisogno. L’uomo è molto di più del suo lavoro: è creatività, possibilità, capacità di cedere alle illusioni, è il suo tempo, tempo vissuto e speso per coltivare se stesso, per esercitare la virtù, per curare la propria anima. Il lavoro di cui tutti abbiamo bisogno non coincide con la fatica priva di senso, né tanto meno con l’occupazione che rende prigionieri e ostaggi di ciò che si fa, spesso per necessità e bisogno, con la smania di possedere cose ed accumulare ricchezza, un assillo che per la logica esasperante della produttività costringe a sacrificare passioni e la vitalità del tempo libero. La reclusione dell’io mortifica la vita, ci facciamo sommergere dalle cose e dai bisogni artificiali, dalla frenesia di possedere oggetti, ma occorre fermarsi, riflettere su noi stessi e i nostri veri desideri, assaporare la vita, dare spessore a ciò che viviamo e proviamo. La vita è relazione e la si promuove con costante e affettuosa cura, Siamo dialogo, pensiero, ragione che si interroga ed interroga, alchimia di significati, tempo, o meglio temporalità vivente; il tempo non è altro che una funzione dell’anima: senso vissuto di ciò che eravamo e non siamo più.
Riappropriamoci di noi, della nostra vita interiore, della nostra anima che nel discutere con gli altri dialoga con se stessa, del desiderio di abitare altre dimensioni ,e soprattutto impariamo ad apprezzare la bellezza della differenza, ad intrecciare percorsi emotivi non precostituiti. Il grande filosofo Aldo Masullo scrisse:”Ho l’impressione che stiamo vivendo ciò che io chiamo “razionalità idiota”. Idiota non tanto delle scarse capacità intellettive, ma come suggerivano i greci dell’attenzione dedicata al proprio particolare. Siamo come topi di una nave che affonda ,ciascuno cerca la sua via di salvezza, Ma non è così che ci si salva. Nessuno si salva da solo.
Enza Berardone
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