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I mangiatori di loto

18/02/2013

Per secoli Omero ed Esiodo hanno rappresentato un punto di riferimento non solo letterario ma anche filosofico per la loro capacità interpretativa della realtà. Si trattava di una forma di pensiero antico che cercava per la prima volta di fornire delle spiegazioni all’esistenza dell’uomo e dell’universo. Sono passati oramai ventisette secoli da quando quei poeti impressero nei loro scritti quelle visioni del mondo che tanti aspetti delle umane vicende han fatto risuonare negli infiniti spazi della storia ma ancora oggi alcune immagini ci appaiono di straordinaria attualità se non addirittura profetiche nei loro contenuti. Ci sono infatti elementi della natura umana che sembrano rimanere immutati nel corso del tempo come quella necessità di trovare riferimenti comuni intorno ai quali costituire l’ordine sociale. Tali riferimenti si sono di volta in volta costruiti sia sulla base di esigenze materiali quanto di quelle spirituali ed in modo caratteristicamente antagonista tra loro. Per gli uomini si sono così alternati cicli temporali caratterizzati da un certo grado di equilibrio culturale e sociale a cicli di estrema turbolenza, nel corso dei quali i vecchi equilibri andavano disgregandosi a favore di nuovi più consoni alle esigenze culturali e spirituali del tempo. Questo alternarsi di differenti concezioni non si è mai discostato tanto dal simbolo del Taiji quasi si trattasse di una eterna lotta tra due entità contrarie ed inconciliabili. Già nell’antichità alla superstizione che affidava le sorti dell’umanità nelle mani degli Dei si contrappose la cosmologia. L’umanità da sempre pare rifugiarsi temporaneamente nell’oasi dell’estasi e del divino per poi uscirne cedendo all’impulso di raccogliere nella dimensione umana tutti i propri valori e i propri riferimenti. Così alla perfezione dell’iperuranio platonico e alla trascendenza aristotelica seguono i fremiti rivoluzionari di cinici, scettici, sofisti, stoici ed epicurei. Sant’Agostino si contrappone ad Abelardo, Spinoza a Cartesio. Kant, Newton e così via finiscono col rappresentare con la loro stessa vita e con il loro pensiero questa eterna lotta mescendo nelle loro coscienze elementi apparentemente inconciliabili di mistica e di immanenza nell’eterno tentativo di giungere ad una sintesi che le comprendesse entrambe. Col nichilismo però questo equilibrio si rompe a favore dell’uomo che finisce per essere considerato fine unico ed ultimo della propria esistenza. La spaccatura torna a dividere non più la coscienza del singolo pensatore ma le società intere con gli spirituali che si rinchiudono in una sorta di “sionismo cattolico”con al centro la chiesa e gli altri che dilagano sotto la bandiera socialista, con al centro la piazza. Oggi questa marea che per millenni si è dilatata e retratta pare essersi appiattita su nuovi elementi che hanno determinato una rottura con il passato e che vedono da una parte la spiritualità ridotta ad una esperienza mistica personale, svincolata da qualunque tipo di dottrina e dall’altra un nichilismo moderno schiavo del capitalismo e ammantato di valori inusuali quali l’ecologia, la ricerca del piacere, la qualità della vita. Se da una parte l’uomo moderno non cerca più di vivere bene o più a lungo bensì ambisce sempre più palesemente all’immortalità e comunque non è più disposto ad accettare l’idea di un’esistenza di passaggio a vantaggio di una eternità spirituale, con tutto quello che ne consegue rispetto al modo in cui esso si pone nei confronti del mondo, dall’altra vi è una profondissima crisi delle coscienze in grado di disorientare il nocciolo stesso della vita spirituale della nostra società. È forse proprio questa la verità che dobbiamo accettare, cioè quella che la nostra specie abbia ormai esaurito la propria spinta interiore e ora risulta interamente protesa verso la soddisfazione dei piaceri e delle pulsioni attraverso la fagocitosi di tutto ciò che può condurre a tale scopo. La componente spirituale dell’uomo ha forse perso definitivamente la propria battaglia nei confronti dell’animale pensante. Le dimissioni del Santo Padre testimoniano forse la resa della fede rispetto al nichilismo imperante, impossessatosi anche dell’ultima roccaforte dell’anima: la Chiesa. La scelta di Benedetto XVI di seguire l’esempio di quel profeta che disse ” mi ritiro in preghiera nel deserto! In questo modo, se anche io non riuscirò a cambiare loro, sarò sicuro che loro non riusciranno mai a cambiare me” può essere letta come il trionfo di una parte sull’altra. Ma anche dall’altra parte le cose non vanno meglio. Una classe dirigente vecchia corrotta ed incapace, così simile a quell’aristocrazia incipriata che venne spazzata via dalla rivoluzione francese prima e da Napoleone poi, anticipa l’essenza del proprio popolo: l’aspirazione a divenire dei mangiatori di loto. Cosa vuol dire tutto questo? Semplicemente che ci troviamo in una fase in cui i valori e le aspirazioni di un’intera società stanno ripiegando sempre più sulla componente egoistica e bestiale dell’essere. Ma fintanto che il grande evento siderale non toglierà l’ultimo respiro al pianeta pensante l’ultima parola non sarà detta e forse dopo la notte dei mangiatori di loto sorgerà la luce della penitenza e della speranza per qualcosa che costringa l’uomo a levare di nuovo lo sguardo verso il cielo.

Antonio Salerno



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