Riceviamo e pubblichiamo la recensione scritta da Claudia Fortunato della silloge Poësis Laus di Filippo Gazzaneo.
Poësis Laus, ciò è a dire, l'Elogio della poesia, si svela nel manifesto della poetica che l'Autore, Filippo Gazzaneo, stimato docente di filosofia e storia presso il Liceo Classico Isabella Morra di Senise, pone immediatamente prima delle liriche; apprendiamo come, nel dialogo dello Ione, Platone sostenga che i rapsodi riuscirono a conferire alle vicende narrate, di carattere storico e, pertanto, connotate ontologicamente da "singolarità", la veste universale. E ci riuscirono proprio con la parola poetica che, fondandosi sul linguaggio alogico, trasforma la percezione degli uomini sino a far loro "vedere", in luogo dei singoli episodi storici narrati, in sè e per sè, veri e propri archetipi umani. Ciò che ci porta, inevitabile corollario, a scoprire la poesia come visione, che ci permette di "vedere pensando" e che, così facendo, fa, è anche facitrice perenne dell'umano, costituendoci come uomini.
La silloge presenta le centoquindici brevi liriche, tutte composte tra il 2019 e il 2020, suddivise in tre gruppi, poesie del tempo, del corpo, della bellezza e dell'amore, e della parola. Tra le poesie del tempo, desidero soffermarmi sulla poesia dal titolo "Piegata, morsicata dal caldo, masticata dall'aria bianca" che permette di cogliere - io credo - taluni tratti distintivi della poetica dell'Autore. La poesia non è consolatoria ma, al contrario, punge, è scomoda, parla non al cuore ma allo stomaco, apre nuovi scenari nella mente dei lettori; prendiamo coscienza che la nostra terra è bagnata da lacrime salmastre, pronta a sgretolarsi sotto rumori sordi, esiste nelle "lamiere dei volti rigati di tempo". In altre liriche, i desideri sono incollati, le labbra arse, il sole accecante, il blu del cielo terso e amaro, le sensazioni amplificate. Nella poesia dal titolo "E' scomparsa la morte", composta in occasione della terribile pandemia che ci ha flagellato, paradossalmente, la morte scompare, perchè, sebbene - apparentemente - domini e imperversi tra giornali, notiziari, dibattiti televisivi, in realtà, sparisce, perchè siamo stati forzatamente privati, stanti i rigidi protocolli sanitari vigenti, dei "riti" che abitualmente sono sottesi ad essa ("ciglia ispessite dall'insonnia, sguardi bugiardi di speranza, preghiere ruminate..."), che, in qualche modo, ci aiutano a lenire la sofferenza della perdita della persona cara. Non è stato possibile tenere la mano di chi ci lasciava, nè compiere gli altri pietosi uffici. Ma le poesie parlano anche di vita e desiderio, scandite da verbi che si susseguono incalzanti; tra le poesie del corpo, della bellezza e dell'amore, mi piace ricordare la dolcezza di "Occhi", di questi "tuoi occhi che graffiano i sensi" e che, con la loro "dittatura" insolente, che ci soggioga, "rendono gli attimi un eterno". O, ancora, di "Vedere colle dita i lembi di pelle attorno alle palpebre chiuse ascoltare il calore delle ciglia col palmo della mano". In queste liriche la pelle si orna di arabeschi, i desideri sono muti e la bellezza violenta, tanto da essere scandalosa. Tra le poesie della parola risplendono i versi che danno il titolo all'opera, Poësis Laus, che ci ricordano che la poesia non è consolazione, "è camminare scalzi nel proprio sterco di vita", "non conserva, imputridisce", "non ammalia, deturpa", "non pulisce, macchia". Completano la silloge due poesie composte in dialetto, tra le quali spicca, a mio giudizio, " E scrijamë", cioè "E scompariamo"; le semplici cassette, in cui abitualmente vengono sistemate frutta e verdura, diventano metafora della nostra esistenza. Come le modeste cassette "sembra che reggiamo il mondo", "anche se siamo profondamente segnati, anche se ci infracidiamo", resistiamo, a denti serrati. Finché qualcuno non ci "appoggia ad un muro, e ci dimentica lì". Poi qualcun altro che passa dappresso, ci prende, ci spezza per accenderci il fuoco. "E scrijamë".
Il volume è stato presentato, con gran successo di pubblico, a Valsinni, Sant'Arcangelo, Pistoia, Policoro, Roma, Rivello, San Paolo Albanese, Latronico, Trecchina, Senise, ed altri incontri con l'Autore seguiranno ancora, ed è stato insignito del Premio "Bella ciao contest", nella sezione poesia, conferito dall'A.N.P.I. sezione di Pomezia.
Il mio invito ed auspicio, cari amici, è a leggere questi versi, ritroverete, io credo, tanto di voi stessi, come è accaduto a me, concedetevi questo regalo e rinnovatevi ed eternatevi nella poesia. Un'eccellenza tutta lucana di cui andar fieri.
Claudia Fortunato |