La comunità di Procida, città della cultura 2022, ha invitato la comunità di San Paolo Albanese, assieme all’Associazione Donata Doni di Lagonegro, a marciare per la pace. Una importante iniziativa che ha voluto dimostrare la vicinanza alla martoriata Ucraina, ai suoi cittadini, un abbraccio forte, un abbraccio sincero e concreto, anche grazie agli aiuti che in tanti stanno garantendo a un Popolo fiero che da più di un mese sta resistendo per difendere la propria storia, la libertà e la democrazia. In corteo la coperta della Pace, portata per le vie della città dalle donne e dagli uomini con i loro magnifici costumi arbëreshe, stoffe e colori di un’altra antica e fiera comunità. Una coperta lunga e vivace, accompagnata dal suono ancestrale della zampogna, un suono che ricorda i verdi pascoli, lo scorrere delle acque, le vette dei nostri monti, gli alberi, il vento, i campanacci, le greggi, il silenzio e la pace delle nostra terra. Suono che contrasta con quello dei missili, del cingolio dei carri armati, delle pallottole, delle bombe. “Tutta San Paolo Albanese ha avvertito sin da subito il peso della guerra con il suo corredo di dramma, di distruzione e di morti. Una guerra nel cuore dell’Europa, una guerra che mette di fronte fratelli e sorelle, una guerra che mette in discussione valori che sembravano acquisiti, invece, a quanto pare, gli errori e gli orrori che i nostri padri hanno conosciuto, ora scorrono ancora una volta sotto i nostri occhi”. Parole forti, quelle del sindaco del centro arbëreshe, Mosè Antonio Troiano. “Una furia distruttiva – continua- che non risparmia nessuno: madri incinte, bambini, donne, uomini. Bombe che aprono profondi crateri e profonde ferite. In tanti cercano la salvezza lontano e in tanti stanno aprendo i cuori, le case per accogliere chi fugge dalla terra in fiamme, dalle proprie case, dagli affetti di sempre. Troiano, fa una pausa, quasi non trova le parole, troppo il dolore. Poi prende fiato e continua. “Lì, nella loro terra, ci sono le radici, lì resterà il loro cuore, noi oggi possiamo e dobbiamo aiutarli, dare loro accoglienza, riparo e speranza. I Profughi, ucraini, ricordano tanto la nostra storia, profughi in fuga dalla città di Morea nel Peloponneso, a seguito dell’invasione ottomana. Anche i nostri avi trovarono allora una mano amica, una terra dove mettere radici e ricominciare, senza dimenticare la terra dei padri, dove tutto ebbe inizio.
Vincenzo Diego
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