Caro Pier Paolo, mentre osservo le nude zolle della mia solitaria e silenziosa terra, ti immagino chino sulla tua, intento a cullare parole ubriache di musica e bellezza. Ci manca il tuo coraggio intellettuale e civile, la tua lucida consapevolezza delle miserie umane, il tuo scomodo anticonformismo, il tuo vivere senza risparmiarti mai, la tua onesta e ferma voce: stabile dimora di infinite verità, quelle che inchiodano al muro e fanno impallidire anche la notte. Sei stato dolorosamente presente in ogni aspetto del tuo tempo, della tua, nostra società, che hai spogliato di inutili e ridicoli orpelli, raccontata, amata e odiata con forza e tenerezza. Hai dato respiro e credito alla bellezza delle differenze, compreso, perdonato ossessioni, imperfezioni e disagi di anime romanticamente imperfette; hai alimentato dubbi, scardinato certezze fasulle, educato coscienze assopite, sbeffeggiato il moralismo borghese che giocava, sadicamente, a separare i buoni dai cattivi. Commuove e ferisce la tua poesia, la quale diventa un solido porto, uno sguardo accorto sul nulla, un disperato tentativo di toccare l’ineffabile, scaraventa con forza, interamente, il lettore in una scomoda e ignorata vita interiore. Il desiderio di scoprire nuovi linguaggi, nuove dimensioni, l’appellarti al passato affinché possa ovviare all’inconsistenza del presente, la solitudine, il tuo sentirti estraneo in un presente sempre più omologato diventano un prezioso viatico, per comprendere la parte più vera ed autentica del tuo essere, la tua infaticabile capacità di cogliere la totalità di ogni singola persona. Ci hai generosamente donato la passione malinconica per la vita, l’onestà intellettuale, la capacità di rendere poetico l’impegno civile, la pietas per chi non sa accettare le proprie cadute e non sa rialzarsi, la tua permanente politicità, la voglia di esserci sempre, di stare in mezzo agli ultimi, ai diseredati, la tua grande voglia di scavare nelle pieghe più nascoste della vita. Caro Pier Paolo, avremmo voluto che l’Italia smettesse di essere un paese circolare, in cui tutto cambia per restare com’è, ma noi non siamo stati coraggiosi, lungimiranti e sognatori come te, rispettosi del nostro passato e della nostra storia. Ci Siamo arresi a non essere umanamente indipendenti, per paura della solitudine, del silenzio di chi non sa ascoltare e capire. Le nuvole, scrivesti, sono metafore dell’infinito, e tu dolce e disincantato poeta sei stato un interminabile , meraviglioso abbraccio dell’immensità della terra.
Enza Berardone |