Qual è il senso dell’arte? In cosa consiste il valore della bellezza? Entrambe suscitano emozioni, mettono a nudo l’ anima, ridisegnano le nostre vite.
Non basta organizzare mostre, riempire spazi, allineare quadri di valore, l’ importante è farli diventare qualcosa di familiare, un’esigenza importante, essenziale, come il mangiare e il bere, tasselli preziosi di vita vissuta, immaginata, sofferta, capaci di completarci come esseri umani.
L’arte azzera le disuguaglianze, scavalca i confini del tempo, il quale non è altro che una limitazione ideologica, abbatte i muri dei pregiudizi, delle differenze sociali . La Letteratura, la poesia, l’ arte educano alle emozioni, ci allenano a riconoscerle e ad accoglierle, a porci in una condizione di ascolto, di apertura ,senza filtri, verso realtà distanti e, qualche volta, anche antitetiche alla nostra. La bellezza è un diritto di tutti, è un’ arma efficace contro la rassegnazione, l’omertà, la paura, è una fedele alleata della democrazia e della tolleranza.
I Greci con l’ espressione “Kalòs kai agathos “ sancirono l’ inseparabilità tra estetica ed etica: “buono è anche bello”, il bello porta al buono. La bellezza è catarsi , è capacità di riordinare il caos, ma diventa tale ,quando viene vissuta e condivisa. Vorrei che tutti i musei e le biblioteche del mondo diventassero un accogliente spazio di dialogo e rinascita emotiva, la memoria fisica delle città e di chi ha contribuito alla loro nascita, luoghi speciali, che curano relazioni e cuori rotti, cimiteri ufficiali dell’ignoranza, della superstizione, calda dimora, rifugio sicuro di una cultura libera, vera che sappia coniugare pathos e logos, percepire l’uomo come fine e non come mezzo, come risorsa e non come minaccia, cassa di risonanza delle nostre idee, perché un territorio senza cultura, intellettuali, idee è un territorio povero, spento, ferito, senza identità, senza futuro. La Basilicata è agonizzante, imprigionata in un umiliante immobilismo sia culturale che politico, destinata ad esistere e non a vivere. Necessita, come non mai, di una politica dialogante, che dia voce a chi non ce l’ha, che si faccia carico dei problemi dei cittadini, desiderosa di progettare e valorizzare tutti i giacimenti culturali con diversa valenza (storica, antropologica, religiosa)di cui è ricca la nostra terra, ma soprattutto di intellettuali veri, liberi, coraggiosi, uniti nel rompere atavici silenzi e resistenze di ogni sorta, pronti a dismettere i panni dei narcisisti, interessati solamente alla propria affermazione personale. La Basilicata ha conosciuto ,purtroppo, l’ aspetto più turpe del progresso, il suo fiabesco, arcaico, magico mondo, sfiorato appena dalla modernità, per molti è soltanto da redimere, correggere, penalizzando,snaturando, così scioccamente la sua autenticità e indicibile bellezza.
La civiltà contadina lucana, paradossalmente rappresenta un’ alternativa a quella industriale, la quale non ha fatto altro che provocare notevoli disastri alla regione, dovuti agli insediamenti petroliferi e anche alle scelte scellerate di politici inetti.
Gramsci parlava di intellettuali organici , i quali tentarono , romanticamente di affiancare i proletari, nel loro tentativo di riscatto, tanto agognato quanto temuto, a noi, invece, basterebbe che praticassero la strada della denuncia seria, della libera informazione, del coraggio , coraggio di cantare fuori dal coro. Ma quel che più conta, come scrisse Tabucchi è di non essere noi stessi, o meglio è esserlo essendo altri, vivere in modo plurale, come è plurale l’Universo.
Enza Berardone |