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San Sago: Ulderico Pesce scrive a Bardi e inizia lo sciopero della fame

16/12/2021

Gentile presidente Bardi,

a pochi metri dal fiume Noce e dal mare di Maratea, per circa 15 anni, è stato attivo un impianto di rifiuti pericolosi, dove sono arrivati anche i rifiuti industriali dell’ILVA di Taranto, delle raffinerie di petrolio dell’ENI, delle acciaierie di Brescia ecc.. Assieme ad altri cittadini, dal 2011 e fino al 27 novembre 2013, quando l’impianto medesimo fu sequestrato dalla Procura di Paola, lottammo contro la presenza di un simile impianto, che raccoglieva i peggiori rifiuti industriali, per portarli in un’area protetta dall’Unione europea, (ZSC Valle del Noce, caratterizzata dalla presenza dell’aquila reale, della lontra, del nibbio, e di alberi in estinzione), un’area a forte vocazione turistica, ambientale e culturale. Raccogliemmo le prove video di sversamenti illeciti nel fiume Noce e in prossimità del mare. E vincemmo la battaglia. A distanza di circa dieci anni, la ditta Go.Gi.Fe. di Milano, chiede la riapertura dell’impianto alle regioni Basilicata e Calabria. Con una solerzia degna di Speedy Gonzales, il topo più veloce del Messico, il Dipartimento Ambiente della regione Basilicata, il 26 aprile 2021 ha rilasciato l’autorizzazione (VINCA), “fase di screening”, che consente la riapertura dell’impianto. Gentile presidente, le chiedo di annullare l’Atto pubblico e di difendere la bellezza dell’area. E le sottolineo una “bizzarria legislativa” a cui deve rimediare. L’atto autorizzativo dice: “Si propone di non ritenere necessaria l’assoggettabilità alla procedura di Valutazione di Incidenza Appropriata (livello II della procedura sancita dall’articolo 6 della Direttiva Habitat 92/43/CEE)” e si affida, prevalentemente, “alle condizioni di obbligo che il proponente si impegna a rispettare”. Ma come presidente, lei è stato un generale della Guardia di Finanza, non può accettare un Atto pubblico, della sua amministrazione, che si rimette a quanto dichiarato dal “proponente”. Una Determina che pensa di fare a meno dell’articolo 6 della Direttiva Habitat, che è quanto di più moderno, da un punto di vista legislativo, pensato dall’Europa a tutela dei territori, è una decisione non accettabile. Detto articolo 6, paragrafi 3 e 4, prevede, che prima del rilascio dell’autorizzazione all’apertura di qualsiasi tipo di impianto di trattamento di rifiuti pericolosi in prossimità di aree di pregio ambientale, come la ZSC Valle del Noce, si debbano “sentire” i gestori delle aree protette, e si debbano attuare serie e dettagliate indagini sull’impatto che un impianto di trattamento di rifiuti pericolosi può avere sull’area protetta e, addirittura, si deve “sentire l’opinione pubblica”. Presidente, il Dipartimento Ambiente “propone”, incredibilmente, di saltare quanto previsto dall’articolo 6 rifacendosi addirittura al Decreto n.357 dell’8/9/1997, un Decreto che è stato oggetto di una procedura di infrazione da parte della Commissione Europea che ha portato alla sua modifica ed integrazione da parte del DPR 120/2003 che la regione Basilicata non ha minimamente preso in considerazione come attesta la Determina autorizzativa. La comunità della Valle del Noce e della costa Tirrenica, chiede a gran voce, alla luce degli scempi ambientali avvenuti sul fiume Noce, di annullare l’Atto autorizzativo e, di usare, prima di rilasciare autorizzazioni ad aprire impianti di trattamento di rifiuti pericolosi in prossimità di un’area protetta e del mare che dà da vivere a migliaia di persone, tutti gli strumenti di indagine forniti dalla Direttiva Habitat 92/437CEE. Infine, mi deve permettere una critica, rispetto al grave ritardo con il quale la Giunta regionale ha “recepito le linee guida nazionali per la Valutazione di Incidenza, direttiva Habitat”, dove vengono specificate le indagini da porre in essere secondo l’articolo 6 sopracitato, avvenuta solo l’11 giugno del 2021, con due anni di ritardo rispetto all’accordo Stato Regioni e Province autonome, del 28 novembre 2019. Presidente Bardi, scrivo dal mio paese, Rivello, la mia casa è a picco sul fiume Noce, sento costantemente l’urlo del fiume che non ho mai voluto lasciare. Come me, tante persone sono radicate nell’area sud della Basilicata, la amano, ci vivono felici, a pochi chilometri dal meraviglioso mare di Maratea e dal Golfo di Policastro, che un tempo era area dell’antica Lucania. Dal mio paese, e a nome di tutta la comunità residente e dei tanti turisti che frequentano l’area, le chiedo di annullare l’Atto e, se necessario, rilasciare la VINCA secondo la modalità procedurale stabilita dalla Direttiva Habitat. Nel frattempo ho intrapreso uno sciopero della fame per “difendere” l’area geografica in cui vivo. Sono sicuro di ricevere presto notizia dell’annullamento dell’Atto che mi permetterebbe di tornare ad alimentarmi e a festeggiare il Natale con la famiglia come tutti gli altri lucani.



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