Il compito di valorizzazione, formazione e trasmissione della storia della grafica che il nostro Museo svolge ogni giorno a livello nazionale, non si ferma. Perciò, venerdì 19 novembre 2021, alle ore 18.00, si inaugura la mostra antologica di Renato Bruscaglia, omaggio ad un artista che proprio attraverso l’incisione ha mostrato il suo carattere di sperimentatore pieno di risorse, costantemente rivolte verso la contemporaneità ma senza mai dimenticare Urbino e il suo paesaggio.
La mostra, a cura di Giuseppe Appella, realizzata con la collaborazione dell’“Archivio Renato Bruscaglia” di Urbino, continua il lavoro di informazione iniziato il 20 agosto 2011 con “Per una storia della grafica europea del Novecento” e proseguito con le personali di Daumier, Degas, Renoir, Bonnard, Matisse, Bernard, Mirò, Dufy, Picasso, Calder, Ben Shann, Secessione di Berlino, Pechstein, Zadkine, Marcoussis, Assadour, Henri Goetz, Gentilini, Strazza, Accardi, Ciarrocchi, Consagra, Melotti, Maccari, Anselmo Bucci, Perilli, Raphaël, Del Pezzo, Mascherini, Bartolini, Marino, Azuma, Guarienti, Richter, Viviani, Arp, Viani, Breton e il Surrealismo, Fazzini, Max Bill, Sol LeWitt, Bram Van Velde, Gruppo CoBrA, Martin Bradley, Jean Messagier, Lucio Venna, De Chirico/Apollinaire:“I Calligrammes”, Vedova, Fontana, Della Torre, Castellani, Clavé.
Nell’elenco dei nomi analizzati nel corso degli anni non è casuale la presenza di altri incisori illustri, tutti appassionati disegnatori en plein air: Bartolini, Castellani e Ciarrocchi che, insieme a Bruscaglia, tracciano una sorta di “linea marchigiana” della grafica del Novecento.
L’antologica di Bruscaglia, predisposta per il centenario della sua nascita, ripercorre cronologicamente, attraverso 60 incisioni e 7 acquarelli datati 1951-1999, la storia di una vita vissuta nello spazio della città-palazzo (Urbino) e del suo territorio, alla ricerca di un’armonia che coniughi compiutamente stagioni, frammenti di realtà, cronaca di ogni giorno, affetti, ore, luci, pensieri, fissandoli su fogli dove la tecnica si fa procedimento e linguaggio di un segno inciso sulla lastra di zinco fatto specchio di se stesso, dei silenzi della propria solitudine.
Vedute, ritratti, nudi (Donne nello studio, 1951; La riva boscosa, 1958-1963; Bigietta, 1963; Nodo d’orizzonte, 1969; Appennino minore, 1978; La casa del filosofo, 1988; Bordo di falesia, 1999) rileggono la storia dell’incisione (da Rembrandt a Morandi) per consegnarci una capacità tecnica continuamente rinnovata dall’esercizio quotidiano, tale da permettergli inedite modulazioni di segni indirizzati verso l’evocazione di immagini tornate a una nuova esistenza che la parola, fermata nei taccuini, amplifica, come un’eco, tra le ampie colline del Montefeltro. In quel paese-paesaggio, di cui scrive Eugenio De Signoribus nella bella poesia dedicata a Bruscaglia, che “tramanda la sua eternità in un segno inciso” dal quale riemerge “l’universo spazio della nostra vita”.
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