Approfondendo gli studi e la ricerca sulla famiglia Pignone del Carretto, marchesi di Oriolo, in provincia di Cosenza, Vincenzo Diego, appassionato di storia e già vicesindaco della cittadina dell’Alto Jonio e autore del saggio “I gigli recisi – Giuseppe Pignone del Carretto e la fine del regno borbonico”, edito da Valentina Porfidio, porta all’attenzione del pubblico, dei suoi concittadini, di storici e di studiosi, una lettera autografa del 2 gennaio del 1618 del marchese Lelio Pignone del Carretto al grande Galileo Galilei, padre della scienza moderna e del metodo scientifico sperimentale.
Si tratta di una scoperta incredibile e, come spesso accade nella ricerca, ci si ritrova davanti documenti inattesi, ma che alla fine lasciano un segno nel ricercatore e nella storia di una comunità.
Questa scoperta è stata presentata nel corso di una conferenza nella Sala delle Bandiere del Castello di Oriolo.
Alla conferenza stampa il sindaco di Oriolo, Simona Colotta, ha speso parole di apprezzamento per Diego e la ricerca, definendo la scoperta “una notizia importante per la Comunità, per i ricercatori, per il territorio”, un fatto di rilievo che apre nuovi scenari e arricchisce la nostra storia. Il vicesindaco Agostino Diego, ha sottolineato la passione dell’autore, l’impegno amministrativo, i progetti, le opere, i recuperi di beni culturali, storici ed architettonici, un impegno che continua e che lo lega profondamente alla sua gente. Il professore Giorgio Delia si è soffermato sull’importanza dell’epistolario , per una piena conoscenza dell’esperienza di vita e della ricerca scientifica del Pisano, mettendo poi a fuoco la lettera del Pignone e le relazioni che questa lettera implica. Delia, traccia il profilo del grande ricercatore toscano, uomo non solo di scienza, ma anche fine letterato che preferisce l’italiano al latino, un uomo tenace ma allo stesso tempo avveduto, che preferisce l’abiura alla mortificazione della scienza. Il professore Vincenzo Toscani, storico e direttore dell’osservatorio sismico, ha parlato della famiglia Pignone, degli avi di Lelio e dei discendenti; mentre il professore Vincenzo Carbone, direttore del Dipartimento di fisica dell’Unical, ha sottolineato l’importanza della ricerca, una nuova tessera quella del Pignone, allo stesso tempo la necessità di approfondire i rapporti del marchese di Oriolo con Galileo, capire se si ha di fronte un mecenate o anche un uomo di scienza. Serve un progetto organico, servono risposte, su Pignone d’Oriolo, certamente, ma anche su tante altre figure calabresi, si può partire da qui, per scrivere assieme pagine importanti, per ricercare con più vigore il nostro passato, la nostra storia.
Lelio d’Oriolo, nacque a Napoli, figlio di Marcello Pignone, intorno al 1560 e “godette di grandissimo favore presso i re di Spagna”, frequentatore dei salotti che all’epoca contavano. Nipote di Giovan Francesco di Sangro, marito di Ippolita del Carretto, dei marchesi del Finale, genitori di donna Costanza di Sangro del Carretto, futura sposa di Lelio. Una personalità vivace, curiosa, aperta al mondo e alla scienza, ospite più volte nella residenza di Bellosguardo, presso Firenze, del grande fisico, astronomo, filosofo, matematico, dove ci si confrontava sul firmamento, le stelle, i pianeti, sulle teorie eliocentriche che tanti problemi procurarono al fisico toscano, soprattutto con la Chiesa e il Santo Uffizio. Una persona illuminata, il Pignone, molto amico di Galileo, “come si legge da una trascrizione di una lettera di Galileo ad Orso D’Elci del 1717, “molto mio amico”, un’amicizia profonda, sincera. Il marchese d’Oriolo, non si risparmia, tanto da procurare a Galileo un “vetro” per il telescopio, “atto dar satisfatione a V.S.”, pregandolo di avvisarlo per lettere dell’osservazione celeste. Ma poi anche le intercessioni che Galileo chiede a Lelio Pignone, “discorrere del negotio con il Cardinale Borgia”. Chiedeva di portare all’attenzione del re di Spagna una sua scoperta, quella della Longitudine, in grado di stabilire un punto sulla Terra, un punto nave per i naviganti. Alla conferenza stampa Il sindaco di Oriolo, Simona Colotta, ha speso parole di apprezzamento per Diego e la ricerca, definendo la scoperta “una notizia importante per Oriolo, per i ricercatori, per il territorio”, un fatto di rilievo che apre nuovi scenari e arricchisce la nostra storia”. Il professore Giorgio Delia, linguista di fama, ha spiegato l’importanza della lettera di Lelio Pignone e delle lettere di Galileo dove più volte fa riferimento al Marchese d’Oriolo, suo amico e mecenate, Cavaliere romano illuminato, per i tempi. Il professore Vincenzo Toscani, storico, ha parlato della famiglia Pignone, degli avi di Lelio e dei discendenti, mentre il professore Vincenzo , Carbone, direttore del dipartimento di fisica dell’Unical, ha sottolineato l’importanza della ricerca di Vincenzo Diego, la necessità di approfondire i rapporti del marchese di Oriolo, ma anche di matematici, filosofi calabresi, contemporanei a Galileo che tanto hanno dato al progresso e alla storia dell’umanità.
IL TESTO INTEGRALE DELLA LETTERA:
Lelio Pignone, Marchese d'ORIOLO a GALILEO in Firenze.
Roma, 2 gennaio 1618.–
Ill.e Sig.or Non prima di pochi giorni sono ho havuto occasione di discorrere del negotio (775) di V. S. col Sig.or Cardinale Borgia(776); et havendolo inteso con gusto, mi disse che gli rincresceva non poterne scrivere, perchè il negotio non era incaminato dal principio per mezzo suo, e che, come a ministro, gli era necessario andar molto circonspetto in scrivere de' negotii che non erano incaminati al principio per sua mano. Ho voluto scriverlo a V. S., acciò gli sia per aviso. Mi è stato molto caro che il vetro sia atto a dar satisfatione a V. S., del quale, senza nessun protesto di restitutione, mi farà favore servirsene come cosa sua, stimando haverlo molto bene impiegato nelle sue mani. Desidero sì bene che mi faccia favore avisarmi per lettera l'osservatione celeste che per la sua mi significa, non potendo fra breve tempo intenderla a bocca, essendo costretto, per lo stesso negotio che venni qui a Roma, giongere anco sino a Napoli, dove potrà V. S., piacendoli, scrivermi a dirittura, assicurandola che gli restarò con obligo grandissimo di servirla in ogni occasione. E bacio a V. S. le mani, pregando il Signore la conservi felice come disia. Da Roma, adì 2 di Gennaio 1618. Di V. S. Ill.e S.re Il Marchese d'Oriolo.
Fuori: Al Ill.e Sig.or Il Sig.or Galileo Galilei, a Fiorenza
GALILEO a [FEDERIGO BORROMEO in Milano]. Bellosguardo, 23 dicembre 1617.
Ill.mo e Rev.mo Sig.re P.ron Col.mo Il benigno affetto di V. S. Ill.ma e Rev.ma verso la persona mia, del quale per molti segni vengo assicurato, mi obbliga ad accrescer molto a quel desiderio di servirla al quale son tenuti tutti gl'huomini, et in particolare gli studiosi di qualsiasi scienza; onde tanto maggiore si fa il mio dispiacere, quanto più per varie cagioni vengo disturbato dall'effettuare tal mio desiderio e debito: tra le quali potentissima è la poca sanità nella quale continuamente mi ritrovo, come forse harà V. S. Ill. ma e Rev.ma inteso dal S. Giggi(766), il quale, cortesemente visitandomi d'ordine di V. S. Ill.ma e Rev.ma, mi trovò in letto con febre; et in poco migliore stato mi ha trovato anco pochi giorni sono il S. Marchese d'Oriolo(767) , che pure mi ha honorato e favorito di visita due volte et attestatomi la cortese inclinazione di V. S. Ill.ma e Rev.ma verso di me, col quale discorsi a lungo sopra il telescopio e suoi effetti: e sì da sua Signoria come dal S. Giggi ho intesi alcuni dubbi che restano a V. S. Ill.ma e Rev.ma, tanto circa l'istesso strumento, quanto circa le(768) cose osservate col mezo di quello nel cielo; le quali difficoltà io non diffiderei di poter rimuovere, quando a lungo potessi discorrer seco e vicendevolmente udire e rispondere, cosa che per lettera a lei sarebbe troppo laboriosa e di tedio, et a me, nello stato in che mi trovo, quasi impossibile. Tuttavia non riguarderei a nessuna fatica per servirla anco in questa maniera, se non fusse una assai ferma speranza di poterla, e forse in breve, servir di presenza, o per passaggio di costà per più lungo viaggio, o a posta per visitar S. Carlo e V. S. Ill.ma stessa. Intanto la supplico a prestarmi tanto di credenza, che non metta dubbio alcuno circa le cose osservate da me ne' corpi celesti, le quali, piacendo al Signore Dio, vederemo una volta insieme; et intanto, pregandole da Sua Divina Maestà le buone feste del Suo Natale e felice Capo d'anno con molti altri appresso, et il compimento d'ogni suo desiderio, humilmente me li inchino, e reverentemente gli bacio la veste. Dalla Villa di Bellosguardo, li 23 di Dicembre 1617. Di V. S. Ill.ma e Rev.ma Dev.mo et Obblig.mo Servitore (766) ANTONIO GIGGI. (767) LELIO D'ORIOLO.
Lasiritide.it
|