Il saggio di Giovanni Percoco su Francesco Marino (Marino di Teana), “Il Viaggio di una stella vagabonda nel Micro- Macrocosmo senza principio né fine”, a cura di Valentino Vitale, per i tipi Zaccara Editore, ti prende per mano e ti accompagna in un mondo fantastico che diventa racconto sensibile, tra i misteri della vita del grande maestro. Un viaggio ricco di passione ed energia, quell’energia che non conosce né spazio né confini. Un percorso tra le pieghe senza origine e senza fine dell’esistenza, caratterizzata però dalla ricerca continua, che ha come compagni di viaggio, tra i gironi del cosmo, l’arte, la filosofia e quella poesia, senza tempo, “che fa sognare, che tramuta il razionale in immagini che portano lontano in mondi di cui l’uomo non calca i sentieri”.
“Più che la biografia di Marino, scrive Percoco, ho inteso proporre la sua filosofia”, un pensiero complesso, profondo che ha come culla la terra natia, la cultura occidentale ma che sa guardare oltre, immergendosi in mondi paralleli, un continuum spazio-temporale-culturale che lo ha portato con chiara nitidezza e consapevolezza ad abbeverarsi nelle coppe dei pensatori orientali che tanto amava. Un vagabondare senza spazio, senza tempo, senza limiti, rapito dalla curiosità prima, e dal desiderio della conoscenza più tardi: “plus tard, quand le soleil décline pense à l’ètoile vagabonde”. Il viaggio verso la conoscenza ebbe inizio l’8 agosto del 1920, un’energia misteriosa ed eterna si trasformò in sangue vivo, in carne ed ossa, prendendo le sembianze di un uomo mite, esile, forte, determinato a percorrere le molteplici realtà del creato che per l’uomo, il filoso e l’artista “sono un unicum, una totalità infinita, mobile, multiforme”.
L’incontro con l’uomo di Teana, per Giovanni Percoco, fine intellettuale, studioso scrupoloso, è una fulminazione umana, ancor prima che scientifica; cerca di capirlo il più possibile, utili i silenzi, gli sguardi, le parole, i racconti della fanciullezza; i primi maestri di vita: la natura e il nonno; poco per volta, ne diventa amico e confidente. Tanti i viaggi in Francia a Périgny, dove il grande artista abitava. Marino, l’uomo, prende confidenza con lo spazio che lo circonda, cerca di indagarlo, di capirlo, maturo cerca di parlare con gli uomini del mondo che non ha confini, ma solo sensibilità diverse, dettagli come il colore e il taglio degli occhi, che diventano “energia significativa, spazio vitale”, quello stesso spazio che vede nella scultura, nell’urbanistica, nella pittura; tante le opere apprezzate e recensite dalla critica e dagli “uomini”, sparsi per il mondo.
Un animo sensibile, quanto indagatore, e come lo spazio che non ha confini, Marino disegna per sé percorsi che lo porteranno lontano dalla sua Teana. Un viaggio con il corpo e con la mente, come compagne le domande infinite che portano a guardarti dentro, rincorrendo quel tempo che sa benissimo essere infinito, mobile, energia oscura, del vuoto, che “muore e rinasce di continuo”. Domande, pensieri sulle leggi, la natura, la religione, il cosmo, il mondo gli procurano turbamento, insoddisfazione, appuntati su pezzi di carta che l’autore recupera nel cestino, dove ogni cosa si confonde e finisce nelle discariche anonime dell’esistenza. Marino ha voglia di conoscere, bere da mille e mille fonti, lascia Buenos Aires, dove aveva imparato e insegnato, per trasferirsi in Europa, la smania di toccare, profumare i monumenti, i templi, i castelli, le antiche città lo attiravano molto, ossigeno che mancava.
Un desiderio che gli rubava il sonno, gli procurava tensione nervosa ed emotiva. Voleva, doveva congiungersi fisicamente con “l’arte” che ha trovato poi, in mille e mille strade, in mille e mille piazze. Un’attrazione fatale, fisica e mentale, che lo portava necessariamente tra le braccia della sua amata. Bisogno di fisicità ma anche di spazio, di realtà eterna, e lo zero “O00” ne diviene metafora espansiva, infinita, un simbolo affascinante che rappresenta il vuoto creatore, carico di pensieri, che lo porta a girovagare una sera tra l’arcata della Tour Eiffel, dove scopre lo spazio vitale immaginario e immaginato da sempre, energetico, liberato dalla massa spaccata, come la maquette del cavallo di Foch disintegrato. Caos che diventa riorganizzazione, che a sua volta diventa caos, un’equazione 1+1= 3 che richiama non solo lo spazio fisico, come scrive Percoco, ma anche quello mentale e psichico.
Il tempo e la morte, per il grande Maestro di Teana, non esistono, l’universo è trasformazione energetica costante, cosciente o meno, una domanda che lo affligge, che lo accompagnerà per il resto dei suoi giorni, difficile una risposta anche per il grande pensatore, anche se privilegiato, in questa ricerca, dirà, è l’uomo indagatore e indagato. Un tessere e ritessere la tela, in attesa di risposte, mentre l’Ulisse che è in ognuno, continua a viaggiare, cercando nel mondo risposte a domande antiche, in molti casi si resta “muti, commossi”, come davanti alla morte di un caro amico.
Vincenzo Diego |