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Violenza domestica ai tempi del Covid. Intervista all’avvocata civilista Maria Lovito |
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20/02/2021 | Avvocata originaria di Policoro, Maria Lovito è una di quelle persone il cui senso etico della professione risponde in pieno all’indole della persona. L’Avvocata Maria Lovito si impegna infatti da anni a far conciliare le problematiche arzigogolate di un mestiere come quello dell’ avvocato, con azioni protese alla risoluzione di quelle stesse questioni. Supera i confini e i vincoli imposti dall’avvocatura Maria Lovito e il tecnicismo tipico del suo mestiere, supera se stesso sfociando in una sensibilità altrettanto fondamentale per la comprensione globale di un fenomeno complesso.
Molti aspetti resterebbero sospesi e meno comprensibili se non approfonditi, trovano una forma di rivendicazione nella scrittura. Ed è così che nasce “ La gabbia di Anna”, il primo libro dell’Avvocato Maria Lovito, edito dalla dinamica e intraprendete casa editrice lucana Edigrafema, diretta da d Antonella Santarcangelo, donna di alta sensibilità e talento.
Partendo dal caso di una sua assistita, “La gabbia di Anna “ racconta di una donna vittima di violenza domestica e con tanto e fermezza, la penna di Maria Lovito evidenzia le lesioni psicologiche di un dramma come questo.
Il romanzo dell’Avvocata Maria Lovito sensibilizza il lettore ad una maggiore presa di coscienza su un tema incettabile della violenza sulle donne, ponendolo in un ruolo critico e attivo.
Nell’intervista che segue, l’Avvocata Maria Lovito ci parla di violenza domestica in un momento storico reso ancora più difficile dalla dittatura del covid.
Quale nuova situazione ha prodotto il covid rispetto soprattutto alla violenza domestica?
Secondo i recenti dati ISTAT durante il lockdown sono state 5031 le telefonate al 1522, cioè il 73 % in più rispetto allo stesso periodo del 2019. Ha funzionato la massiccia campagna di sensibilizzazione messa in campo dalle numerose associazioni attive sul territorio e delle istituzioni preposte. Le donne sono rimaste chiuse in casa con i loro mariti/compagni maltrattanti e in questo modo si sono accentuate tutte le criticità legate al problema della violenza, il controllo, l’isolamento, la violenza fisica, che sono chiaramente accresciute a danno delle vittime. Nel 2012 sino al 7 febbraio le vittime sono già 8.
Lei è autrice di un romanzo sulla violenza di genere “La gabbia di Anna” pubblicato dalla dinamica e promettente casa editrice Edigrafema , diretta da Antonella Santarcangelo. Ci racconta come è nata l’idea del libro?
La gabbia di Anna è prossimo a compiere due anni dalla sua pubblicazione il 26 marzo 2019. Nasce grazie alla fiducia riposta in me da Antonella Santarcangelo, che ha voluto “impegnare” la casa editrice su un tema così attuale, doloroso e coinvolgente. Il libro nasce per dare voce alle donne vittime di violenza psicologica, che è l’anticamera di quella fisica, che si consuma silenziosamente tra le mura domestiche, ma anche nelle pieghe di una relazione “sentimentale” molto difficile da provare in giudizio.
La violenza psicologica annienta la vittima, ne mina nel profondo l’autostima, la colpevolizza.
Non è facile riconoscerne i segnali e altrettanto difficile è prendere consapevolezza di dovere uscire dalla relazione violenta.
Il libro vuole essere una sorta di riflessione per ogni donna che ritenga o sia veramente coinvolta in una simile esperienza.
Quali sono i consigli e i riferimenti anche legali da dare a chi si trova in questa spiacevole situazione?
Innanzitutto occorre un importante lavoro di introspezione che guidi la donna a riconoscersi vittima nel senso sopra detto. E’ fondamentale la presa di coscienza insieme al bisogno non prorogabile di mollare, per salvarsi in tempo. Esistono numeri utili come il 1522 a cui chiamare per avere assistenza e aiuto, applicazioni come YOUPOL che allertano direttamente le forze dell’ordine. E poi, un supporto combinato di psicologo e avvocato che prendano insieme il caso. Sul territorio ci sono tante associazioni attive. Ricordiamoci che le donne vittime di violenza, e ancor più quelle di violenza psicologica, hanno bisogno di arrivare “preparate” nelle aule giudiziarie, dove il percorso non è proprio una passeggiata.
Le recenti cronache ci parlano di numeri agghiaccianti anche rispetto agli assassini subiti da donne. Macabra e sottile, gli assassini sulle donne indicano una totale assenza di conoscenza e tatto dell’universo femminile nonché una notevole distanza di genere. Come sarà possibile una evoluzione concreta secondo lei che riduca, fino a far scomparire, questa oscena barbarie?
Più che di assenza di conoscenza e tatto nei confronti delle donne, io parlerei della grave mancanza da parte di alcuni uomini di accettare un no come risposta. La donna è ancora per molti oggetto del possesso maschile e perderla rappresenta per loro una sconfitta “sociale”, quasi un danno alla loro immagine di uomo potente e capace. Purtroppo il fenomeno è ancora sottovalutato dal punto di vista culturale e lo vediamo da come i giornali ci raccontano i fatti di cronaca, quasi colpevolizzando la vittima che aveva deciso di lasciare l’uomo violento, che poi la uccide.
Si lavora senza sosta verso la prevenzione con campagne nelle scuole che educhino alla gestione delle emozioni e alla parità di genere. Le associazioni impegnate si stanno muovendo sempre di più nella direzione del fare rete per condividere scopi e progetti.
Occorre modificare il linguaggio a partire dai testi scolastici e educare le nuove generazioni a liberarsi da stereotipi patriarcali oramai desueti.
Senza dimenticare che per chi subisce condanne per maltrattamenti, stalking o femminicidi serve la certezza della pena e l’accompagnamento terapeutico teso al recupero del soggetto maltrattante, per evitare la reiterazione dei reati.
Roberta La Guardia
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