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Espressioni dialettali dei santarcangiolesi. Un volume per cultori

28/08/2020

O SCIASCIUNE, fratelli in dialetto santarcangiolese, erano chiamati gli abitanti di S.ARCANGELO, paese della media valle dell’Agri dagli abitanti limitrofi, per il fatto che in dialetto u sciascione è il fratello, a sciasciona la sorella. Espressioni riportate nel volume pubblicato di G. N. Molfese(Espressioni dialettali, modi di dire ,detti santarcangiolesi)allo scopo di tramandare per iscritto voci dialettali scomparse o che tendono a scomparire. Scriveva anche: amo il mio paese, la mia casa, la mia masseria. Alcune parole che si riportano in forma molto sintetica sono un esempio del contenuto del volume di oltre 550 pagine.
La taglia, tagghie, era un manufatto in legno che permetteva di tenere i conti tra il proprietario di un azienda agricola ed il salariato analfabeta che si prendeva cura degli animali(pecore, capre, mucche, maiali, etc). Su di essa si incidevano con numeri romani gli animali in dotazione. Al termine della operazione una mezza taglia andava al proprietario e l’altra al salariato. Erano i computer del tempo. Serenate erano canzoni amorose che con chitarra e tamburello a sera inoltrata si dedicavano alla bella amata, che, se accettava il sentimento dichiarato, si affacciava alla finestra o al balcone, altrimenti restava chiusa in casa. Canzoni ad aria, Canzune a garie , erano canzoni amorose, anche un po' malinconiche, che il giovane, a sera inoltrata, presso l’abitazione dell’amata con un organetto improvvisava, per mitigare con il canto la malinconia forse di un amore incompreso ma anche per farle conoscere le sue intenzioni amorose.
Decotto di Papavero, Papagne, era un decotto con il frutto del papavero, compresi i semi, che si facevano bollire, ed era somministrato ai bambini piccoli per farli stare buoni ed anche dormire per permettere alla madre di poter sbrigare le numerose faccende domestiche. L’estratto di papavero era usato già dai medici antichi come sedativo del dolore per la morfina in esso contenuta. Banditore, BANNITORE, era un servizio di informazione tempestivo per la popolazione che il Comune esplicava per diramare in paese gli avvisi pubblici, l’arrivo del venditore di tessuti o del pescivendolo, notizie sulla vaccinazione nelle scuole, la sospensione della distribuzione di acqua potabile dalla fontane pubbliche, la leva dei cavalli e dei muli necessari per il servizio militare. Munito di tromba girava per il paese ed ai crocevia dopo il suono della tromba ad alta voce dava le notizie. Dondolo per Bambini, NACHE, era un manufatto con vello di agnello o montone, conciato con sale grosso appeso alle travi sopra il letto matrimoniale, dove la madre poneva il bambino per farlo dormire. Quando si svegliava bastava con la mano dondolare la naca ed il bambino riprendeva sonno. Sportone per bambini, U SPERTONE, era un manufatto di fasce di canne intrecciate in modo da realizzare un contenitore lungo e stretto, con il quale trasportare il bambino sulla testa quando ci si recava in campagna o in giro per il paese. Si poteva appendere u spertone anche ad un albero e dondolarlo per fare dormire il bambino. Venditore di tessuti, PANNACCIARE, era un venditore di tessuti anni 60, ma anche di vestiti, specie per donne, che girava per i vari paesi della Basilicata. Si approvvigionava a Napoli dei prodotti posti in vendita, tessuti e vestiti di ultima moda che le donne potevano anche provare in un angolo cieco che egli aveva creato appositamente. Dotato di mezzo proprio portava gioia a chi sognava indumenti alla moda che non si sarebbe potuto procurare.
E’ questa una breve nota sui contenuti del volume che passa in rassegna, nelle 550 pagine, migliaia di vocaboli dialettali santarcangiolesi, alcuni dei quali sono stati dotati di commenti ed illustrazione accessoria.
Antonio Molfese, medico giornalista



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