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La testimonianza di un giovane lucano che sogna di poter tornare presto in Cina |
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22/03/2020 | Salvatore Cardinale è un lucano di 31 anni, originario di Viggiano ma attualmente si trova nel paese della madre, Roccanova, bloccato dall’emergenza e impossibilitato a ripartire. Salvatore vive e lavora da ormai 5 anni in Cina, dove è anche residente.
In questo momento è un marketing manager della Otis, società americana leader nel mondo nella produzione di ascensori e scale mobili.
Salvatore lavora ad Hangzhou (dove visse Marco Polo), metropoli di 7 milioni di abitanti nella provincia dello Zhejiang, ed era proprio lì quando è scoppiata la pandemia.
“Prima di tornare – ci dice – tra gennaio e febbraio sono stato 20 giorni in quarantena”. Ma ad Hangzhou si sono organizzati su più step: “Innanzitutto limitando le uscite; poi individuando gli ospedali dove ci si potesse recare per il Coronavirus. Quindi, quando sono comparsi i primi casi in città, hanno iniziato a chiudere i primi quartieri e mezzi pubblici. Fino a quando si è arrivati ad una sorta di coprifuoco: durante il quale ai cittadini era permesso di uscire per un’ora ogni due giorni, per andare al massimo solo nelle zone limitrofe per provvedere ai beni di prima necessità”.
In Cina trasgredire è pressoché impossibile: “ogni complesso residenziale è sorvegliato dai Baoan, cui dovevi consegnare un pass in uscita e un altro in entrata”.
Ogni città della Cina dispone di questi Baoan, solitamente utilizzati a guardia di centri commerciali, parchi, zone residenziali, scuole, università, aziende, pub, discoteche eccetera.
Sono milioni e ricoprono ruoli tra i più disparati ma, in particolar modo, quelli di pubblico soccorso e pubblica sicurezza.
La politica adottata ha permesso di limitare i contagi a Hangzhou “a soli 169 casi, di cui 5 ricoverati in terapia intensiva e 85 negli ospedali e nessun morto”.
Ma a sentire Salvatore, il segreto per sconfiggere il famigerato Covid-19 non risiede solo nella quarantena.
“Lì hanno iniziato a vincere quando hanno esteso l’obbligo delle mascherine ed i tamponi a tutta la popolazione di Hangzhou e non solo a chi lo richiedesse. Questo ha permesso la mappatura dei portatori sani, che una volta individuati venivano subito messi in quarantena rigida e per mangiare ricorrevano ad un’applicazione”.
Arrivare ad estendere i tamponi a tutti non è stato facile, in quanto è stato necessario bloccare l’acquisto delle medicine per curare l’influenza in modo da costringere almeno l’80% degli abitanti a recarsi in ospedale, “dove i cinesi per cultura sono piuttosto restii ad andare”.
“Dopo la prima settimana in cui non si trovavano, le mascherine buone sono state prodotte in grande quantità in due o tre settimane e ce ne venivano fornite 3 chirurgiche ogni 7 giorni”.
Ma per chi violava la quarantena nessuna pena di morte. “La notizia che si è diffusa fa riferimento ad un uomo che, dopo aver violato l’isolamento, aveva accoltellato due poliziotti. Da noi era prevista una semplice ammenda da parte della polizia, a meno che tu non fossi in giro da contagiato: in quel caso la sanzione era ovviamente pesante, ma non la pena di morte. Inoltre, eccetto Wuhan, nessuna città della Cina è stata militarizzata ed io non ho mai visto nessun soldato”.
Da un post pubblicato via social dal manager lucano (la traduzione di un messaggio inviato da un collega di Chengdu) ci si rende contro quanto i cinesi stimino e ammirino gli italiani per le tante volte che li abbiamo aiutati nella loro storia.
"Scopro che L' Italia ha supportato molto la Cina nel corso della storia, negli anni '80, quando la Cina soffriva di qualche problema relativo ad un virus, solo gli italiani in questo mondo hanno cercato di aiutare la Cina. Hanno costruito un ospedale a Chongqin e hanno donato le attrezzature mediche più avanzate alla Cina per salvare la vita della mia gente.
Nel 2008, durante il terremoto del Sichuan, la squadra di soccorso italiana è arrivata nella provincia del Sichuan per recuperare più di 900 persone dalle macerie.
Quindi, se ti mancano mascherine o qualcos'altro per favore, dimmelo. Proverò a consegnare le cose necessarie per te e la tua famiglia. Apprezzo molto quello che la tua gente ha fatto per noi, grazie mille per il passato. Anche quando ero a Milano, solo i neri cercavano di rubarmi i soldi, le altre persone erano tanto gentili, ricordo soprattutto un soldato che mi ha aiutato a trovare la metropolitana quando mi sono perso! Quindi se hai bisogno di qualcosa, non esitare a chiedermelo!" Personalmente il cuore che ho trovato in questa gente nei miei 5 anni nella terra del dragone non l'ho trovata da nessun'altra parte.
“Non me la sento di attaccare l’Italia, dove si sta cercando di accontentare tutti. Ma dico che la soluzione non è la sola quarantena, per quanto sia importante, ma fare il tampone a tutti ed evitare la diffusione del virus da parte dei portatori sani. Ecco perché stiamo pagando questo altissimo prezzo in termini di vite umane”.
Salvatore, rientrato in Basilicata da Torino, si era dovuto mettere in quarantena e, adesso, per effetto del decreto Conte è già al suo terzo isolamento forzato.
“Non vedo l’ora di tornare in Cina perché lì sono tornati alla normalità e so che hanno bisogno di me, anche se subito dopo che sarò atterrato mi toccherà farmi la quarta quarantena. Ma devo dire che qui in Italia non è che mi senta tanto sicuro”.
Gianfranco Aurilio
lasiritide.it
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